Gli aspetti psicologici in una dieta – III parte

 

Terza parte degli articoli pubblicati dalla dott.ssa Marcella Agnone , psicologa psicoterapeuta sul sito Mamma Papera. Questi articoli trattano gli aspetti psicologici che sottendono una cura dimagrante. Li riporto integralmente perchè ricchi di spunti di riflessione. Per gli articoli precedenti clicca qui e qui

Quei bisogni che “remano contro”: dieta, pazienza e disagio fisico

Ci sono bisogni profondi che agiscono contro la nostra volontà, e che rappresentano preoccupazioni autentiche anche se spesso non consapevoli. Talvolta questi bisogni sembrano “remare contro” la nostra dieta.

Molte diete puntano su un programma lento e graduale che ci fornisce la possibilità di seguire delle regole concrete e di raggiungere un determinato obiettivo.
Questo sistema si basa sulla convinzione che una persona possa rimanere concentrata in modo costante e senza interruzioni. Purtroppo nella vita quotidiana non sempre va così.

La nostra vita è piena di compiti chiari e ben definiti (in famiglia, al lavoro…). E anche quando decidiamo di dimagrire, soprattutto se a seguirci è un esperto di nutrizione, le regole sono altrettanto esplicite. Sembrerebbe che sia sufficiente seguirle per arrivare dritto alla meta.

Ma dietro le quinte della nostra consapevolezza, talvolta, operano motivazioni intime e personali come il bisogno di evitare il disagio fisico, di sottrarci alle emozioni spiacevoli, di godere di sicurezza e tranquillità.
Queste motivazioni non sono distruttive, ma a volte sono controproducenti rispetto ai nostri obiettivi.

Sono sensazioni che ci influenzano da tanto tempo, e che attivano reazioni ormai diventate automatiche. Talvolta non ne siamo consapevoli perché non abbiamo mai discusso queste sensazioni apertamente, o perché siamo abituati a considerare gli altri più che noi stessi.

Quando le persone agiscono in modo da ostacolare il loro programma di dimagrimento o di allenamento fisico, in genere sono queste motivazioni inconsapevoli che ostacolano il cambiamento. Scoprite quali sono le vostre, e il programma sarà più semplice da seguire.

Evitare il disagio fisico.

Seguire una dieta, almeno nel primo periodo, significa fare i conti con la sensazione di fame: il corpo, che deve riabituarsi ad un nuovo stile alimentare, reagisce al cambiamento in questo modo, tentando di conservare le vecchie abitudini.

Anche l’allenamento fisico comporta un disagio: l’affaticamento muscolare, la stanchezza, qualche dolore iniziale finché il corpo non è allenato a sufficienza.

Esistono programmi dietetici studiati per rimediare al senso della fame, ed esiste anche un senso di euforia che si prova durante un allenamento nonostante la fatica. Molti di noi, però, non sono in grado di perseverare abbastanza per giungere al punto di stare in contatto con l’euforia, e di superare la soglia del disagio.

Siete persone che cedono facilmente alla sensazione di fame?
Questo elimina il vostro disagio, ma vi distoglie dall’obiettivo a lungo termine, che è quello di tornare in forma.

Viviamo in un’era in cui non siamo più disposti ad aspettare in nessuna situazione. Non c’è da meravigliarsi se anche nelle abitudini alimentare siamo tendenzialmente impazienti. La gratificazione immediata è per tutti un’abitudine frequente, ma spesso questa non si accorda con interessi più generali.

L’esercizio della pazienza è il modo in cui imparare ad individuare quei momenti in cui pensiamo di dover avere quello che vogliamo e trasformarli in opportunità per agire nel nostro interesse. Sono piccole azioni che col tempo si trasformano in grandi risultati.

L’esercizio della pazienza ci aiuta a agire secondo i nostri bisogni più autentici, aggirando la sensazione superficiale quando non è davvero quel che vogliamo.
Mangiare tanto gelato ci appagherà sicuramente, ma sarà più piacevole questa sensazione, o il senso di colpa per aver ecceduto nella quantità o nella scelta di cosa mangiare?

A volte la tendenza alla gratificazione immediata viene dalla nostra esperienza passata.  Quando volete una soddisfazione subito, chiedetevi se questo è quello che avete imparato, e se oggi potrebbe ancora funzionare.

Per essere più pazienti, cambiate i vostri pensieri.

Cominciate col bandire le regole troppo ferree, perché la rigidità col tempo stimola la trasgressione. Imponetevi una disciplina ragionevoleNon esistono cibi cattivi: potete mangiare qualsiasi cosa, ma naturalmente dovrete accettare gli effetti delle vostre scelte. Esiste un controllo nella qualità e nella quantità di cibo che mangiate che è indispensabile per il vostro dimagrimento.

Abbandonatevi al piacere.
A volte siamo abituati a considerare piacere quel che è proibito, quando invece la vera sfida è trovare il piacere in quello che fa bene alla nostra salute. La dieta è spesso un’esperienza sensoriale che coinvolge tutto il nostro corpo, e agisce come una caccia al tesoro che richiede molto impegno, ma che può diventare davvero divertente.

Potete soddisfare le vostre voglie e raggiungere persino gli obiettivi prefissati, se ci metterete creatività e impegno.
Fate un elenco dei vostri successi più importanti, e cercate di comprendere come siete riusciti a raggiungerli: fate tesoro delle strategie che avete già utilizzato (chiedere il sostegno degli amici, visualizzarvi a risultato raggiunto), e pensate a come sfruttarle ancora nella situazione attuale. Sforzandovi anche di trovarne di nuove.

Regolate il ritmo.

Se c’è una cosa che ho imparato dall’allenamento fisico è che, se si vuole percorrere un lungo tragitto, è bene dosare le proprie forze.
A volte crediamo che tirare la corda, spingere sull’acceleratore, serva a farci arrivare prima: è vero il contrario. Quando abbiamo davanti un percorso lungo, dobbiamo sapere godere anche delle pause e di un’andatura più lenta ma più ritmata, che ci consenta di arrivare lontano.

La dieta e la gestione delle emozioni negative

Oltre al disagio provato dalla stanchezza e dalla fame, di cui parlavamo nel precedente capitolo, quando siamo a dieta dobbiamo fare i conti con le nostre emozioni.

Alcuni pensano che la dieta sia una questione di “metodo“: anche, ma non solo. Anzi, a dirla tutta, il metodo è forse la parte più piccola del vostro programma: un pò come se fosse la cornice, la prima marcia da ingranare per iniziare il viaggio, ma poi il carburante fosse costituito dalla nostra volontà e da come si integra con il nostro “sentire”.

Che dieta segui?“, è la domanda più frequente quando si vede qualcuno che ha perso molti chili. Domanda, a mio parere, del tutto futile, perché a guidare un progetto di dimagrimento importante non è certo una formula “matematica”, ma un impegno che ci guida a 360 gradi.

Senza la giusta motivazione, senza un lavoro che si immerge al di sotto della nostra “superficie”, non riusciremmo mai a portare avanti un progetto che ci vede impegnati a rivoluzionare la nostra immagine corporea, le percezioni che abbiamo di noi stessi, e le nostre abitudini quotidiane.

Dieta è tutto questo, e tutto questo si associa a delle emozioni.
Ci sono diversi vissuti a cui molte persone desiderano sottrarsi. Il modo di affrontarli influisce sul dimagrimento o sull’esercizio fisico, ed è per questo che “il cuore” di una dieta è la gestione delle nostre emozioni.

Ansia, solitudine, frustrazione, noia, tristezza, hanno in comune il fatto di essere spiacevoli, e di attivare tentativi (consapevoli o meno) per evitarle.
Tutto il cibo che portiamo alla bocca d’impulso” ha lo scopo di liberarci temporaneamente e in fretta da emozioni negative, o da eccitazioni troppo intense.

Le sensazioni di benessere legate alla sazietà hanno radici molto arcaiche per ciascuno di noi: risalgono alla nostra primissima infanzia, a quando venivamo allattati: odore, sapore, pienezza, erano gli indicatori della nostra percezione corporea, e facevano da organizzatore fisico ed emotivo per le nostre sensazioni.

Un neonato, si sa, è “tutto corpo”, è estremamente concentrato sulle sue sensazioni fisiche. Per questa ragione, il modo in cui ci hanno insegnato a modulare la nostra ansia o le frustrazioni placandole col cibo ci accompagna per tutta la vita.

Quante volte avete visto  genitori inesperti interpretare il pianto di un neonato pensando sia fame, e nutrirlo anche quando non sarebbe stato strettamente necessario? L’allattamento placa anche altro tipo di disagio, ed è per questo che offrire nutrimento è un rimedio spesso efficace.

Quando accade raramente non è un problema, ma con la crescita può diventare qualcosa che sta al posto di “altro“. E’ per questo che diventa importante imparare a decodificare il linguaggio dei bambini e comprendere i suoi reali bisogni.

Se questo con noi non è avvenuto in maniera precisa, è possibile che abbiamo imparato che le esperienze negative sono intollerabili, che vanno scacciate in fretta, che non devono essere affrontate correttamente. Questa convinzione, purtroppo, ci toglie la possibilità di identificarlecircoscriverle e gestirle con efficacia.

Dopo poco tempo infatti, anche se abbiamo placato l’ansia con il cibo, essa si ripresenterà integra e più intensa di prima, perché accompagnata dal senso di colpa di non aver assecondato un bisogno autentico e di aver attentato alla nostra linea.

Se usate il cibo per calmarvi o consolarvi quando non vi sentite bene, se affrontate le emozioni spiacevoli cercando di liberarvene troppo in fretta, se pensate che la dieta dipenda dal vostro umore e dal vostro stato emotivo, vi invito a seguirci nei prossimi articoli.

Descriveremo come l’abilità di affrontare le emozioni negative possa determinare il successo o il fallimento, e come usare la consapevolezza per superare i momenti difficili in modo da operare scelte migliori per noi stessi.

Dieta ed emozioni: far pace col passato, disegnare il nostro futuro

A volte il bisogno di mangiare compulsivamente, o di non saper resistere alle golosità , viene dalle nostre esperienze passate.
E’ un abitudine, e come tale è possibile modificarla, attraverso un lavoro che ci permetta di conoscere le nostre emozioni, soprattutto quelle legate al cibo.

Nel precedente capitolo abbiamo visto come le sensazioni di benessere legate alla sazietà possano agire in noi portandoci a placare immediatamente la tensione emotiva. In questo modo il cibo diventa la panacea di tutti i mali, portandoci inevitabilmente al senso di colpa e a numerosi svantaggi per la linea, talvolta anche per la salute.

E’ possibile che da bambini venivate ricompensati col cibo (errore frequente nella nostra cultura), o che abbiate imparato ad autogratificarvi in questo modo per controllare le emozioni, e per questa ragione abbiate imparato a mangiare in modo compulsivo.

Talvolta siamo spettatori di abbuffate altrui, che giustifichiamo pensando che quello sia il solo modo che quella persona ha di trarre soddisfazione, minimizzando le conseguenze, e convalidando una certa compiacenza per l’atteggiamento occidentale verso il cibo.

Se siete degli abituè della dieta, sapete bene che la prima settimana è la più difficile: quando si cambia regime alimentare, il primo a ribellarsi è proprio il nostro corpo, con la sua chimica. Una sovraesposizione agli zuccheri, infatti, provocherà un’immediato senso di disagio nel momento in cui cercheremo di riportare il loro valore nella norma.

La diminuzione drastica degli zuccheri dà dei sintomi che somigliano ad una vera e proprio crisi d’astinenza: ricerca spasmodica, senso di spossatezza, malumore, agitazione, sono tutti segnali riscontrabili nei primi giorni di dieta. Questo perché il corpo, abituato a grassi e zuccheri, reagisce come se fosse in pericolo di vita, ignorando le sue riserve e spingendoci ad immagazzinare sostanze nutritive come se vivessimo ancora nelle caverne e la fine della specie fosse imminente.

Questo meccanismo biologicamente determinato che ci ha garantito la sopravvivenza, oggi ci porta all’obesità.

Per superare il difficile gap dei primi giorni di dieta sono necessari

  • un cambiamento nel modo di pensare
  • un impegno costante

Alcune persone mollano subito, convinte che quel malessere iniziale sia un segnale di pericolo.
In realtà si tratta solo di superare la prima settimana, per qualcuno qualche giorno in più, e solo allora misurare le conseguenze del nuovo stile alimentare (ecco perché è utile farsi seguire da un professionista che sappia monitorare il nostro disagio fisico).

Dal punto di vista psicologico, nei momenti in cui vi sentite portati ad agire come se doveste soddisfare subito la vostra inquietudine, chiedetevi se in quel momento state agendo come in passato avete appreso.

messaggi sulla gratificazione immediata, che sabòtano il vostro progetto dietetico, sono ancora validi per voi, qui ed ora, o danneggiano la vostra salute?

Provate a pensare a chi vi ha insegnato questo atteggiamento. Concretizzate persone, volti, messaggi. Ringraziate metaforicamente per le loro buone intenzioni, e lasciate andare questi insegnamenti, pensando che adesso non ne avete più bisogno. Da ora in poi sarete voi a decidere del vostro futuro, e sarete i protagonisti del vostro cambiamento.

Cambiare il modo di pensare significa

  • abbandonarsi al piacere
  • coccolarsi

Sì, avete capito bene. Addio ai sensi di colpa, ma trasformando il nostro modo di comportarci.

Considerare piacere ciò che non è proibito è la strada per nuovi apprendimenti e enormi gratificazioni. La salute sarà il centro dei nostri pensieri, e così saremo in grado di pensare ad un piacere alimentare che sia anche un piacere per la nostra vita. Ognuno troverà il suo.

Coccolarsi significa andare alla ricerca di altre soddisfazioni, e ritenersi meritevoli di concedersele. Il primo pensiero positivo è proprio quello di soffermarsi sull’idea che possiamo farcela, e che arriveremo alla fine del nostro percorso tagliando il traguardo da vincenti.

Cominciate a cercare cibi e attività che vi piacciono particolarmente: man mano che vi eserciterete nelle nuove abitudini, vedrete la pazienza e l’impegno aumentare esponenzialmente.

Il “rischio” di stare meglio: dieta e Ambiente

Dimagrire ed essere in salute può essere un rischio? Perché migliorarsi può essere un problema? Talvolta sembra che nonostante i buoni propositi siano vantaggiosi e ragionevoli, cerchiamo di fare di tutto per sabotarli.

Ci possono essere dei rischi nel diventare più magri o più sani a seconda di come la persona vede le implicazioni di questo cambiamento.

Un cambiamento comincia nel presente, ma si irradia nella nostra vita come un sasso che cade in uno stagno: sembra che ci siano solo dei chili da buttare giù, ed invece modifichiamo molti aspetti della nostra vita, compresa quella di relazione.

In genere, ciò che non consideriamo è che cambiare un aspetto della nostra vita ci richiede di affrontare il cambiamento anche in altri ambiti. Ed allora potrebbe accadere che, se diventiamo più magri, siamo “costretti” a rivedere le nostre posizioni lavorative, potrebbe venirci voglia di ambire a ruoli più importanti, o potremmo affrontare relazioni (di coppia e non) che fino ad ora non ci hanno soddisfatto.

Il nuovo stile di vita potrebbe avere un impatto su rapporti importanti. Accade sempre. Ci si augura che questo impatto sia positivo (come dovrebbe essere), ma capita spesso che perturbare equilibri consolidati faccia vacillare qualche relazione familiare o amicale.

Quello che spesso richiede una fatica a chi ci vive accanto è modificare l’immagine che hanno di noi, non solo quella corporea, ma anche il modo in cui vedono il nostro ruolo nella loro vita.

Dimagrire ci impegna ad occuparci di noi stessi, e questo può significare una ridistribuzione dei compiti familiari, o riappropriarci di una parte di attenzioni che prima dedicavamo solo agli altri sottraendoli a noi stessi.

Una persona che cambia ha nuovi bisogni: orari e abitudini si modificheranno di conseguenza, e questa cosa avrà un impatto anche sugli altri.

Un ulteriore aspetto, invece, riguarda il nostro bisogno di prevedibilità, quello che ci dà sicurezza, l’attaccamento alle vecchie abitudini. Molti desiderano davvero vivere una vita sedentaria e prevedibile, considerando la dinamicità troppo rischiosa, ma questo finisce col rivelarsi parecchio autolimitante.

Se razionalmente può sembrare privo di senso che dimagrire ed essere in forma possa costituire un problema, e che possa apportare solo vantaggi, ci sono dei comportamenti che possono proteggerci dal cambiamento, da una vita attiva e piena.

Se abbiamo difficoltà ad intraprendere un cambiamento, o se incontriamo la resistenza degli altri in itinere, controlliamo se la nostra probabilità di fallimento è in crescita. Se ricordate, nel capitolo sui pro e contro del cambiamento avevamo accennato alla questione.

Talvolta capita che alcune persone abbandonino la dieta sul più bello, anche se stavano dimagrendo bene, perché non hanno il giusto sostegno e perché il cambiamento minaccia alcuni aspetti della loro vita.

Potrebbe essere utile, come strategia per non fallire in corso d’opera, rifare la lista dei pro e contro della nostra dieta, riacquisire consapevolezza, riesaminare le conseguenze del ritorno alla vecchia vita.
Solitamente tornare a ricordarsi dei validi motivi dai quali farci condurre costituisce una presa di consapevolezza importante.

Se siamo giunti alla necessità di migliorare noi stessi, allora, potremmo chiederci: “chi mi sostiene?”
Fino a questo punto, nel nostro percorso di articoli, abbiamo considerato la dieta come una “questione personale”.
In realtà non è soltanto così.

Un ambiente che offre sostegno promuove azioni e modelli di pensiero che ci permettono di raggiungere i nostri obiettivi più sani. L’ambiente gioca un ruolo fondamentale nella nostra trasformazione: è ciò che fa la differenza tra un cambiamento permanente ed uno duraturo.

Nel prossimo articolo parleremo proprio dell’Ambiente in cui viviamo, e di come possa influenzare la nostra riuscita.

Dieta: chi ti sostiene?

Ci sono condizioni che sono indispensabili al successo. Queste condizioni sono ciò che tutti cercano quando devono intraprendere un percorso di dimagrimento.
Creare un Ambiente favorevole è uno dei segreti della nostra riuscita: il mancato sostegno da parte degli altri può essere una delle ragioni che ci portano ad abbandonare una dieta.

Chi si è imbattuto in vari tentativi di dimagrimento senza successo sa quanto può essere mortificante esserne la testimonianza vivente. Generalmente si attribuisce alla volontà personale tutta la responsabilità della forma fisica.
Purtroppo non è del tutto vero.

Siamo esseri che vivono in relazione, e dalla relazione che abbiamo con gli altri dipendono molte cose. Vero è che siamo noi a scegliere cosa portare alla bocca o meno, ma è anche vero che il cibo non è solo questione di fame e nutrimento, ma riguarda anche il nostro vivere sociale e il nostro rapporto con le emozioni.

Per “Ambiente” intendiamo sia tutte le relazioni che fanno parte della nostra vita che lo spazio fisico in cui viviamo.
ll nostro Ambiente condiziona il nostro stato di benessere così come le nostre emozioni, dunque le nostre scelte.

Un Ambiente supportivo è in grado di fornire sostegno alle nostre scelte, lodi per la nostra capacità di portarle avanti, e incoraggiamento nei momenti difficili o di “deragliamento”.
Questo Ambiente, dunque, è fatto di persone che influiscono positivamente sui nostri comportamenti alimentari e di allenamento fisico.

Un Ambiente del genere ci aiuterà a modificare il nostro comportamento, a mantenere costante il nostro impegno, ma, soprattutto, ci renderà più gradevole lo sforzo.

A questo punto vi starete chiedendo che tipo di Ambiente vi circonda: ottimo. L’analisi onesta e precisa del vostro Ambiente attuale sarà fondamentale per comprendere cosa funziona già e cosa ha bisogno di essere modificato.

La prima valutazione riguarda il vostro Ambiente intimo e mentale, l’atteggiamento che avete nei confronti di voi stessi:

  • vi criticate facilmente?
  • credete che frustrazione e rabbia sia un incentivo a fare di più?
  • ritenete che le lodi siano inutili?
  • gli incoraggiamenti vi imbarazzano?
  • siete capaci di offrire sostegno agli altri ma non a voi stessi?

Se vi riconoscete in queste affermazioni, avete bisogno di riconsiderare il valore di essere sostenuti: è difficile mantenere la motivazione costante nel lungo periodo, se ciò che la spinge è la critica da parte degli altri.

Pensate ora all’atteggiamento che gli altri hanno nei vostri confronti:

  • si accorgono dei progetti in cui vi state impegnando?
  • solitamente condividete il vostro progetto di cambiamento e dieta?
  • chiedete agli altri di essere sostenuti?
  • vi sembra di dover fare tutto da soli?
  • pensate che i familiari più stretti preferirebbero che non cambiaste?
  • tendete a screditare l’incoraggiamento che gli altri vi danno?

E’ facile riconoscere che ricevere sostegno sia un’opportunità. Tuttavia, avere le abilità necessarie al lasciarsi sostenere non è così scontato.
Il modo in cui permettiamo agli altri di trattarci ha radici nella nostra infanzia: se siamo cresciuti in un Ambiente carico di incoraggiamento, sapremo incoraggiare noi stessi e gli altri, ma se siamo una delle tante persone che non ha avuto questa fortuna, allora dovremo apprendere questa capacità da adulti.

Vediamo come.

Come reagite quando iniziate una dieta, rispettate le consegne alimentari, vi allenate anche quando non avete voglia?
Il primo passo è quello di non svalutare le nostre capacità quando ci comportiamo correttamente e resistiamo alla tentazione di mollare.
Sentiamoci orgogliosi di quello che facciamo, e usiamo i successi come prova della nostra possibilità/capacità di farcela.

Se non siete abituati agli incoraggiamenti, forse riterrete sciocco pensare di farvene per apprezzare il vostro impegno: ebbene, fatelo lo stesso. Gli incoraggiamenti costruiscono e rinforzano le buone abitudini, e se ne siete convinti convincerete anche chi vi sta intorno.

E nei momenti di debolezza? Come reagite quando trasgredite alle regole?
Ciascuno di noi può essere il peggior nemico di se stesso. Molti si arenano proprio davanti ai piccoli fallimenti, all’aver ceduto alle tentazioni, ed usano questi episodi per mandare tutto all’aria.

Mai arrendersi al primo errore (e neanche all’ultimo!): non c’è sbaglio più grande di pensare che un errore manda tutto all’aria. Uno sbaglio è solo la priva che siamo umani, che per questo commettiamo errori, ma che rabbia e critiche non servono a riportarci in carreggiata.

Molti chiedono “ieri sera non ce l’ho fatta, ho mangiato ciò che non dovevo, che faccio?” Niente, andiamo avanti come se nulla fosse. Continuiamo la nostra dieta dal giorno successivo.
Ok, abbiamo sbagliato, ma possiamo tenere duro ed andare avanti fino alla fine. Uno “sgarro” non è la fine della dieta, ma solo una possibilità di imparare qualcosa su noi stessi: diamoci ancora più sostegno proprio quando sbagliamo!

Darsi sostegno da soli è un ottimo punto di partenza, ma non chiederlo ad altri è compiere l’impresa a metà.
Ottenere sostegno è un’abilità nella quale non tutti sono maestri: si comincia con la profonda consapevolezza di ciò di cui si ha bisogno, e si finisce col sapere a chi chiederlo.

Può sostenerci soltanto qualcuno disposto a mettere temporaneamente da parte i propri bisogni per aiutarci riguardo ai nostri.
Quando intraprenderemo una dieta ci accorgeremo che non tutte le persone che reputavamo capaci di farlo, possono farlo effettivamente.

A volte gli amici cui abbiamo fatto un favore sono pronti a restituircelo, altre volte potremo rimanere delusi: quando ciò accade, inutile sprecare le nostre energie cercando di ottenere sostegno da familiari o amici che non sono in grado di darcelo.
Piuttosto facciamo scelte intelligenti e rivolgiamoci a chi è in grado di aiutarci.

Come fanno le persone che ci circondano a sapere ciò di cui abbiamo bisogno?
A volte crediamo che debbano saperlo, ma non è così.
Quando siamo a dieta potremmo aver bisogno di aver detto “bravo”, o di essere aiutati a resistere alle tentazioni, o di essere spronati a muoverci di più.

Sappiate cosa vi occorre, e formulatelo in modo chiaro a voi stessi e agli altri.
A volte sarà un po’ imbarazzante, altre volte potrà anche generare dei conflitti.
Ma di questo parleremo nel prossimo articolo.