San Fratello e le sue particolarità

San Fratello e le sue particolarità, Festa dei Giudei, Cavallo, Coltelli, Vocabolario, San Benedetto il Moro

San Fratello
San Fratello

In occasione della Pasqua L’A.I.F.B., ha pensato di far conoscere le Tradizioni di Pasquali delle varie regioni Italiane. qui potete leggere il pezzo di presentazione, Io ho pensato di far conoscere una tradizione della mia Sicilia e in particolare la Festa dei Giudei a San Fratello, in provincia di Messina.
intanto geolocazziamo in rosso il territorio del comune di San Fratello, in verde il territorio del mio comune di nascita e in bianco il comune capoluogo di provincia Messina

Provincia Messina
Provincia Messina

qui potete vedere la piazza di San Fratello in tempo reale

la piazza di San Fratello in tempo reale
la piazza di San Fratello in tempo reale

Mentre studiavo la tradizione per creare la ricetta, sono arrivato alla conclusione che non si può parlare della Festa dei Giudei a San Fratello, senza prima parlare del paese di San Fratello, e in particolare:

  • Un po’ di storia
  • La lingua e il Vocabolario, Sanfratellano-Italiano
  • il Coltello Sanfratellano
  • il Cavallo Sanfratellano
  • San Benedetto il Moro il Patrono di Sanfratello e Palermo

Iniziamo con un po’ di Storia

Foto di San Fratello del 1890
Foto di San Fratello del 1890

«Vi è il castello de San Filadelfo, habitato da Longobardi, ch’ancora così favellano.» in questo modo viene descritto da Giuseppe Carnevale, Storia e descrizione del regno di Sicilia, Napoli, nel 1591.
San Fratello, San Frareau o San Frareu nella lingua locale gallo-italico, San Frateddu in siciliano, è un comune in provincia di Messina, ci vivono circa 3500 abitanti.
Già noto in età medievale come San Filadelfo, fu ripopolato durante il dominio normanno della Sicilia da soldati e coloni lombardi provenienti da un’area dell’Italia nord-occidentale e dal sud della Francia.
Il territorio di San Fratello è racchiuso tra i torrenti Inganno e Furiano; il territorio, di 83 km², si estende in verticale fino quasi a Monte Soro 1.847 m s.l.m., la cima più alta dei monti Nebrodi.
Dalle quote più basse (300 m s.l.m.) a quelle più alte (1.800 m s.l.m.) si osserva un graduale cambiamento della vegetazione, dovuto alla presenza di diverse specie arboree e arbustive. Le aree non ricoperte da boschi sono destinate al pascolo di bovini, ovini, caprini e dei cavalli sanfratellani che vivono allo stato brado.
Tommaso Fazello, nel 1560 nel libro De Rebus Siculis, così parlava di San Fratello

«Huic ad pas ferme 500 superius prominet San Philadelphi novi nominis, et Longobardorum, ut ex incolarum idiomate colligitur, oppidum; qui an cum Rogerio Sicilia comite in Siciliam venerint, an vero alio post tempore incompertum habeo.»
«Sopra questa, quasi a un mezzo miglio di distanza, c’è il castello di San Filadelfio, che è nome nuovo, datogli dai Longobardi, come si deduce dalla lingua della popolazione. I quali non so se vennero in Sicilia con Ruggero conte normanno dell’isola, o in qualsiasi altro tempo, su questo non ho certezza.»
Alle pendici del Monte San Fratello, a 140 metri sul livello del mare, nel 1859 fu scoperta la Grotta di San Teodoro, dove furono ritrovati numerosi reperti dell’età della pietra, ossa fossili e strumenti.
Oggi la grotta di San Teodoro si trova nel territorio comunale della confinante Acquedolci che fu frazione di San Fratello fino al 1969.

La lingua e il Vocabolario, Sanfratellano-Italiano

A San Fratello si parla il Sanfratellano, ma non è un dialetto, è una vera e propria lingua e come tutte le lingue ha il vocabolario per la traduzione dal Sanfratellano-Italiano e viceversa.
Il dominio Normanno ha lasciato la lingua che da 800 anni la popolazione di San Fratello ha adottato come lingua madre.
Gli studiosi che hanno esaminato questa lingua l’hanno definita una lingua gallo-italica, riprendendo il termine latino che identificava i territori compresi fra Veneto, Lombardia, Piemonte e la parte francese abitata dai Normanni, che costituiva la Gallia vera e propria, abitata dalle popolazioni Celtiche.

Essa si è mantenuta “pura” sino ai nostri giorni senza subire le grandi contaminazioni, che in altre parti dell’isola si sono avute ad opera del tradizionale e predominante dialetto siciliano. Alle orecchie dei non residenti è una vera e propria lingua straniera.

Non ci credete? Un piccolo assaggio con un po’ di saggezza popolare:
Chi hiéa tamp n’aspièta tamp – Chi ha tempo non aspetti tempo
N’ fer u päss cchiù dàungh d-la ièma – Non fare il passo più lungo della gamba
N’ s pà fer d tutta d’èrba ‘n fesc –Non si può fare di tutta l’erba un fascio.
D’èua d’Auòst mott uoli, mièu e muòst – La pioggia d’agosto porta olio, miele e mosto.

Dizionario
Dizionario

Il Coltello Sanfratellano

San Fratello è nota anche per il coltello tipico che porta il suo nome, appunto il coltello “Sanfratellano”, era il coltello posseduto dalla totalità della popolazione dello stesso paese ed utilizzato per qualsiasi tipo di uso. Ma per lo più era il coltello adoperato dai pastori, non solo del paese stesso, ma di un po’ tutta la zona, che a volte erano disposti a percorrere anche moltissimi chilometri pur di avere in tasca uno di questi rinomati coltelli. Infatti, con esso il pastore poteva macellare le sue bestie, curarle, nutrirsi, difendersi, offendere e, nelle lunghe giornate di solitudine con il proprio gregge, si prestava a strumento per intarsiare dei pezzi di legno che nelle mani abili del pastore assumevano la forma di vere e proprie opere d’arte.
Come in altri coltelli proveniente dallo stesso ceppo “contadino”, anche quello “Sanfratellano” ha una lama a forma di foglia di ulivo e il manico in corno. Non mancano esemplari con l’impugnatura in rame o in qualche caso in alluminio.
Le parti metalliche che compongono il coltello vengono forgiate a mano ed in particolare la lama e la molla in acciaio al carbonio.

Coltello Sanfratellano
Coltello Sanfratellano
Coltello Sanfratellano
Coltello Sanfratellano

Le parti metalliche del manico sono invece realizzate in ferro, le due parti del manico vengono forgiate in un singolo pezzo, una parte verrà lucidata, mentre nell’altra sarà montato il corno.
La forma del manico è lineare, eccezion fatta per uno sfaso verso l’esterno in prossimità del calcagno, l’ampiezza e la forma di questo svaso non ha connotati precisi ed è lasciata al gusto estetico dell’artigiano stesso.

Il Cavallo Sanfratellano

U’ caveu sanfrardiean

Cavallo Sanfratellano
Cavallo Sanfratellano

Bello, imponente e fiero, un animale bellissimo, utilizzato dai Sanfratellani per il lavoro e dal Regio Esercito Italiano.

Cavallo Sanfratellano
Cavallo Sanfratellano

Veniva reclutato come i soldati del Regio Esercito. Tutti gli anni, giumenti e giumente venivano chiamati alla visita di leva militare. Ciò può apparire un paradosso, ma tale non è se si ragiona della vita militare della cavalleria in seno al R.E.
Fin dagli antichi tempi, anche le cavalle femmine, ossia le giumente, venivano reclutare per adempiere il servizio militare.
Le mandrie giungevano ad Acquedolci la mattina di buon’ora. Una cavalla madre con un campanaccio al collo faceva da battistrada e le innumerevoli giumente la seguivano, da ambo i lati guardiani ponevano attenzione al fluire del branco.
Entrambi gli equini di sesso diverso venivano sottoposti ad apposita visita di idoneità da ufficiali medici veterinari e poi inquadrati per essere inviati alle scuole di addestramento dei Reggimenti di cavalleria.
Le reclute idonee venivano trasferite provvisoriamente dentro le stalle bovine, vuote per stagionalità e poi avviate alla stazione ferroviaria lì vicina per essere trasportate a destinazione.
Tutti gli anni giungevano a San Fratello gli stalloni del R.E. selezionati per migliorarne la razza.
Cinque o sei stalloni ogni anno venivano trasportati in carri adeguatamente approntati, uno stallone per ogni carro e due cavalleggeri per ogni cavallo da monta. A loro era demandato il compito, oltre che di custodia, anche quello del foraggiamento tra cui anche fave e zuccherini.
L’acqua gli veniva porta in un secchio di canapa che il militare addetto non metteva al collo dell’animale, ma lo tratteneva tra le sue braccia fino al soddisfacimento della sete del cavallo.
Ancora oggi i cavalli vengono usati dall’esercito per parate ed eventi particolari.
Un grande esperto del Cavallo Sanfratellano è Carmelo Lo Cicero qui lo potete vedere in un’esibizione del 2018.
Titolare di un’azienda “L’Arte Equestre”, Carmelo Lo Cicero a San Fratello gestisce un maneggio e addestramento cavalli in alta scuola.

Cavallo Sanfratellano
Cavallo Sanfratellano

San Benedetto il Moro il Patrono di Sanfratello e Palermo

San Benedetto Manasseri, detto anche Benedetto da San Fratello, Benedetto il Moro e San Benito Nato a San Fratello, nel 1524 circa, morto a Palermo, il 4 aprile 1589.
Benedetto Manasseri nacque in un giorno imprecisato del 1524 in una famiglia di schiavi, Cristoforo e Diana, deportati dall’Etiopia “acquistati” e condotti a San Fratello. I genitori di Benedetto non volevano avere figli per non creare altri schiavi, il “padrone” promise di dare la libertà al primo nato.
Benedetto ebbe un fratello di nome Marco e due sorelle, Baldassara e Fradella, tutti minori di lui.
Sin da piccolo si mise in mostra per la sua volontà di solitudine e penitenza che gli fecero guadagnare il soprannome di Santo, nonostante venisse maltrattato dai coetanei per il suo atteggiamento.
A diciotto anni lasciò la casa di famiglia lavorando per conto suo e cominciò anche ad aiutare i poveri.
All’età di ventuno anni entrò nell’eremo di Santa Domenica, a Caronia, nei pressi del suo paese natale, ma presto dovette lasciarlo insieme al confratello Girolamo Lanza di San Marco a causa del continuo viavai di gente che veniva per chiedere miracoli al frate. Quindi Benedetto e Girolamo si recarono prima alla Platanella e poi alla Mancusa, tra Partinico, Giardinello e Carini, ma anche in questi luoghi accorrevano numerosi fedeli, e pertanto i due cercarono di nascondersi sul monte Pellegrino, presso Palermo.
Alla morte del fondatore dell’eremo di Santa Domenica, Girolamo Lanza, Benedetto venne eletto superiore dai confratelli, nonostante il suo analfabetismo.
Nel 1562 Papa Pio IV cancellò la comunità, e i confratelli dovettero cercare ospitalità in altri conventi.
Benedetto scelse l’ordine dei Frati minori riformati, e fu inviato dapprima al convento di S. Anna di Giuliana, dove rimase quattro anni, poi al convento di Santa Maria di Gesù di Palermo, dove rimase fino alla morte.

San Benedetto Il Moro
San Benedetto Il Moro

Inizialmente lavorò come cuoco, poi divenne superiore del convento nel 1578, successivamente lavorò coi novizi e infine tornò a fare il cuoco.
Nel 1652 fu eletto dal Senato di Palermo tra i santi patroni della città siciliana e nel 1807 fu canonizzato dopo un lunghissimo processo.
San Benedetto il Moro è il protettore della gente di colore e dei cuochi sudamericani.
La leggenda racconta che intorno al 1575 il viceré Carlo Luigi d’Aragona Tagliavia, principe di Castelvetrano, andò in visita al convento di Santa Maria di Gesù di Palermo, portando tanto cibo in dono, la mattina dopo quando il viceré doveva fare colazione non era pronto nulla perché Benedetto aveva pregato tutta la notte. Allora due angeli scesero dal cielo e in un attimo prepararono la colazione per tutti, un miracolo.
Questo evento fu raccontato in tutte le colonie Spagnole d’oltre oceano.
Ora in tutte le cucine Brasiliane, ma non solo, c’è un’immagine di San benedetto il Moro con due angeli ai lati.

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Pubblicato da peperonciniedintorni

Calogero Rifici nato a Mirto (ME) nel lontano 13 aprile 1958, sono Perito Meccanico e studio cucina, fotografia, elettronica, informatica, ec, ec. Nel 1982 mi sono trasferito a Firenze, per lavorare nel primo impianto di smistamento d’Italia, nel 1984 mi sono sposato con Marina e ci siamo trasferiti a Livorno, sul mare, perché ci nasce sul mare difficilmente ci rinuncia. Per circa 6 anni ho insegnato Office automation in una scuola superiore, ho tenuto diversi corsi di informatica in diverse aziende. Per tanti Anni ho lavorato come specialista infrastrutture per una grande azienda di servizi, mi occupo di sicurezza. Dal gennaio 2019 sono libero professionista, nel campo enogastronomico Dal 2002 sono membro dell’accademia del peperoncino, dal 2008 sono Sommelier Fisar delegazione Livorno. Da 2013 ho un blog, www.peperonciniedintorni.it dove pubblico notizie enogastronomiche e ricette. Quando nelle ricette uso ingredienti particolari, prima spiego gli ingredienti che uso e poi illustro le ricette. Le mie ricette sono o tradizionali o di mia creazione, cerco di valorizzare i prodotti che uso. Faccio parte della delegazione Slow Food di Livorno, e cerchiamo di far conoscere la natura, specialmente ai bambini.

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