Il Castelmagno dop è uno dei formaggi più antichi del Piemonte. Prende il nome dal comune in cui è prodotto, è molto pregiato e prodotto in quantità limitata. Si ottiene prevalentemente da latte di mucca, anche se non sono rare aggiunte di latte di pecora o di capra. Oggi i produttori sono poco più di una dozzina e producono 6-7 mila forme all’anno, appena sufficienti a soddisfare gli amanti di questo raro e pregiato formaggio, apprezzato anche nei ristoranti più esclusivi del mondo.
Castelmagno: caratteristiche di un formaggio unico
Il Castelmagno fa parte del gruppo di formaggi “erborinati” o a pasta blu come il Gorgonzola, il Roquefort e altri formaggi francesi. Il termine erborinato non indica la presenza di erbe ma solo di venature verdi causate da una muffa che nella pasta può sembrare “erborin“, ovvero “prezzemolo” in dialetto lombardo. L’appartenenza a questo gruppo, però, non deve trarre in inganno. Le forme che hanno le muffe sono assai rare, poiché lo sviluppo spontaneo è legato ad una serie di elementi variabili. Gran parte del lavoro è in mano agli acari che mangiano la crosta e fanno entrare l’aria ma non è detto che ciò avvenga. Inoltre, perché questi minuscoli animaletti entrino in azione, occorre che il formaggio sia lasciato a stagionare per almeno 10-12 mesi ma oggi questo non si fa quasi più. Un tempo il Castelmagno maturava nelle stalle tiepide, lentamente, finché la crosta diventava color rosso-ruggine e la pasta acquistava sapore. Ora, anche se le forme non possono essere vendute prima che siano passati 60 giorni, la gran parte dei clienti lo preferiscono appena fatto, bianco e friabile. Tra l’altro bisogna stare attenti perché in alcuni casi, le muffe possono venire fuori in seguito a difetti della lavorazione e dare origine a un formaggio non buono.
Castelmagno, bontà a 2000 metri
Il Castelmagno è sopravvissuto nei secoli grazie alla passione che, da sempre, lega i contadini e i produttori di formaggio alla Valle Grana, in provincia di Cuneo. Terra compresa tra la Valle Maira, la Valle Stura, la Valle Pesio e la Valle Varaita che dalle Alpi Marittime scendono verso Cuneo. Ovunque si vedono boschi di castagni, faggi e conifere. L’aria fresca e frizzante attraversa la valle, incrociando ogni tanto un paese, un borgo antico, una piccola chiesa affrescata. I pochi comuni in cui è prodotto, Castelmagno Pradleves e Monterosso Grana, vantano un’antica tradizione che rispetta le tecniche di lavorazione di un tempo. E’ un piccolo territorio che si estende fino a 2000 metri di altitudine. Il Castelmagno è il frutto di un insieme di equilibri tra diversi elementi seguiti con cura, pazienza e fatica da allevatori e produttori. E’ il formaggio che esprime al meglio le qualità della produzione in alpeggio, nelle malghe in alta montagna: la lavorazione manuale e le tecniche che si tramandano da secoli. Le mucche sono di razza piemontese, bruna alpina e valdostana e si nutrono di foraggio fresco, fieno e cereali. Speciale è anche il rapporto con i propri allevatori: infatti ogni mucca viene battezzata con un nome, spesso poetico e particolare. Non solo mucche però, partecipano alla produzione del Castelmagno. Alcuni produttori, infatti, aggiungono anche latte di capra e di pecora, secondo un’antica tradizione riportata anche nel Disciplinare di produzione.
Il Castelmagno nella storia
Questo eccezionale formaggio, che prende il nome dal comune in cui è prodotto, è legato anche a due leggende. La prima vuole che il nome derivi dal Santuario di San Magno, costruito in memoria di un soldato romano morto martire sulle montagne circostanti. La seconda leggenda rimanda all’imperatore Carlo Magno, grande ammiratore di questo formaggio, che, inizialmente attento a scartare le muffe verdi, alla fine se ne innamorò a tal punto da non farlo mai mancare a tavola.
La produzione del Castelmagno ebbe inizio probabilmente a partire dal 1100. La sua bontà era apprezzata già dai papi di Avignone. Altre testimonianze risalgono 1277, e raccontano di una sentenza nei confronti del comune di Castelmagno, nel quale venne condannato a pagare al Marchese di Saluzzo un canone annuo, non in denaro, ma in forme di formaggio. A quel tempo, infatti, era considerato merce di scambio, del valore di 12 denari alla forma.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale la produzione diminuì. In parte perché si modificarono i gusti dei consumatori, in parte per l’abbandono degli alpeggi.
Negli anni Ottanta , alcuni appassionati, primi fra tutti lo scrittore e regista Mario Soldati e il giornalista enogastronomo Luigi Veronelli, salvarono il Castelmagno dalla scomparsa e lo fecero conoscere al grande pubblico. Con gli anni Novanta i produttori diminuirono di numero ma migliorarono le tecniche, nell’ottica di una precisa tutela del marchio contro i numerosi tentativi di imitazione.
Castelmagno e vini del territorio
Il Castelmagno è prodotto in Piemonte e possiamo abbinarlo con vini locali. Per assaporare al meglio il gusto intenso di questo formaggio, il consiglio è quello di consumarlo da solo, magari a fine pranzo. Il grado di stagionatura influenza la tipologia del vino, poiché è proprio il diverso tempo di maturazione che influisce sulle caratteristiche del prodotto. Indipendentemente dal grado di maturazione occorrono vini rossi per bilanciare la ricchezza di sapori e la lieve sensazione di grassezza che lascia in bocca.
- Per il Castelmagno giovane, di 2 o 3 mesi di stagionatura, i vini dovranno essere freschi, profumati di fiori. Ottimo l’abbinamento con un Nebbiolo d’Alba (al supermercato Nebbiolo “Tenuta Rocca” euro 11,00), dal colore rosso rubino, profumi che ricordano la viola e la liquirizia e sapore fresco e asciutto.
- Per il Castelmagno di media stagionatura, 4 o 6 mesi fino a 12 mesi, i vini dovranno essere corposi, dai profumi intensi e dal gusto persistente. Perfetto l’abbinamento con un Barolo (al supermercato Barolo “Marchesi di Barolo” euro 19,90), il cui colore granato, i profumi intensi di viola e vaniglia e il sapore caldo che permane in bocca a lungo, ne fanno il connubio perfetto.
Il Castelmagno con altri vini italiani
Ovviamente non è obbligatorio abbinare il Castelmagno con vini piemontesi. Vediamo insieme qualche abbinamento fuori dalla regione natale.
Il Castelmagno fresco si abbina bene con un Sangiovese di Romagna, magari in versione Superiore, vino dell’Emilia Romagna, dal colore rosso rubino, profumo intenso di viola, sapore asciutto e leggermente amarognolo. Perfetto anche un Chianti Classico, vino toscano rosso rubino, dal profumo di viola e mandorla. Per il tipo più stagionato vanno molto bene vini invecchiati più di 2 o 3 anni, dai profumi speziati e di frutta rossa matura.
Abbinamento ideale è anche con L’Amarone della Valpolicella (al supermercato a partire da 18 euro), vino del Veneto, dal profumo di mandorla e spezie e dal sapore intenso dato dal lungo invecchiamento. Ottimo anche uno Sforzato della Valtellina (al supermercato Sforzato “Negri” a, vino lombardo che matura in botti di rovere per una anno. Ha un colore rosso granato, profumo di resina e frutti di bosco.
Un abbinamento “dolce” al Castelmagno
Il Castelmagno stagionato 4 o 5 mesi e quello erborinato sono ottimi degustati con un Passito di Pantelleria ( al supermercato Passito di Pantelleria “Pellegrino, bottiglia da 0,375 l a 10 euro circa), vino siciliano che nasce dall’uva matura lasciata appassire a lungo al sole. L’unione è perfetta poiché il formaggio, appena uscito dai luoghi bui dove è rimasto a stagionare a lungo, si lega volentieri al gusto intenso di questo vino passito dal profumo intenso di uva passa, agrumi e vaniglia e dal sapore vellutato e liquoroso. Possiamo dire che si fonde perfettamente con il gusto forte e piccante del Castelmagno stagionato.
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