Ho acquistato la roveja secca ad un mercatino a Fermo (insieme ai fagioli diavoli di cui vi ho già parlato in un post precedente qui), con la farina di roveja ci si prepara una sorta di polenta detta “la Farecchiata”.
Il sapore è capace di creare un forte legame con la terra e la natura avvolgendo con calore e donando nuova vita alle tradizioni tipiche della cucina locale.
Il legume cresce spontaneo nella zona dei Monti Sibillini e un tempo, fino alla metà del secolo scorso si coltivava nella dorsale appenninica umbro-marchigiana, conosciuta fin dalla preistoria. Dai greci e romani era considerato un legume prelibato. Era consumata dai pastori e dagli agricoltori. Ora si produce soprattutto a Castelluccio, a Civita di Cascia in Umbria e nella zona dei Sibillini per autoconsumo e cucinata da appassionati di alcuni agriturismi o trattorie locali, come Il Picciolo di Rame del Castello di Vestignano a Caldarola (MC). Ho trovato su un quotidiano un articolo con la ricetta della zuppa di roveja proprio di questo ristorante tipico.
La roveja si presenta della grandezza dei piselli ma di colore variabile marrone arancio, il sapore è a metà tra i ceci e la lenticchia. L’aspetto del legume secco da proprio l’idea di un cibo antico e prezioso. Nella foto sotto la roveja dopo l’ammollo.
Ho trovato, anche sulla confezione stessa della Bottega della Cuccagna che si può insaporire, sempre dopo averla preventivamente ammollata e poi lessata, aggiungendola ad un soffritto di cipolla, aglio, prezzemolo e pomodoro passato. Unendo o meno una minestra. Probabilmente sarà la mia prossima ricetta con il resto della confezione.
Le mie ricette con la roveja
Farecchiata o polenta di roveja
Per non perdere nessuna ricetta iscriviti alla newsletter: clicca qui
Visita la pagina Facebook Ricette di Campagna e segui le mie ricette cliccando “mi piace” !