Scopri il pesce che fa bene ad ambiente, salute e tasche Intervista a Silvio Greco, presidente del Comitato scientifico di Slow Fish
Silvio Greco con Tinto di Decanter
Il mare rappresenta il 70% dell’ecosistema terrestre, eppure nel comune sentire è percepito solo per una piccolissima parte dell’enorme ricchezza che in realtà possiede. La maggior parte dei non addetti ai lavori si gode il periodo di vacanza che vi trascorre e apprezza le prelibatezze culinarie a base di prodotti ittici. Ma davvero pochissimi possono vantarsi di sapere di quanti e quali intrecci è costituito il rapporto tra il mare e l’essere umano con tutte le sue attività, anche sulla terra ferma.
Il mare di tutti, claim dell’edizione 2013, ci permette di fare una riflessione insieme a Silvio Greco, presidente del Comitato scientifico di Slow Fish, sull’importanza dei nostri comportamenti e sulle conseguenze che ogni singola anche apparentemente innocente azione può avere sui delicati equilibri che regolano l’ambiente marino. Ma non finisce qui! Il mare è grande e generoso, però reagisce alla nostra incuria ripagandoci con una moneta altrettanto spiacevole. Così il pesce, anziché essere un fondamentale elemento nutritivo, finisce per diventare un rischio.
Sembra tutto così complicato… Come può orientarsi il consumatore davanti al banco del pesce?
In realtà è molto semplice: basta scegliere esemplari dal ciclo vitale breve, ovvero quelli che si riproducono velocemente. In questo modo, con una sola scelta rispondiamo a tre necessità. La sicurezza per la salute dell’uomo, in quanto questi pesci non hanno tempo di accumulare nelle loro carni alti livelli di contaminanti o metalli pesanti. La tutela ambientale, perché pescandoli delle giuste dimensioni abbiamo la certezza che si siano già riprodotti. Le nostre tasche, dato che hanno costi davvero accessibili.
I problemi che affliggono il mare ci portano quindi a scegliere solo alcune specie ittiche per tutelare la nostra salute e la biodiversità. Come si possono sintetizzare i principali?
Direi che il punto di partenza è sempre la nostra quotidianità. Tutte le azioni hanno un riflesso sul mare, sia diretto che indiretto. Non stiamo solo parlando di ciò che viene riversato dalle popolazioni che vivono lungo la costa, ma anche delle metropoli dell’entroterra, delle grandi strutture agricole e zootecniche, degli scarichi industriali. Insomma il frutto del nostro vivere di tutti i giorni, che, se non opportunamente trattato, rischia di corrompere l’integrità di fiumi e falde acquifere, finendo inevitabilmente nei mari. L’inquinamento deturpa il paesaggio e distrugge gli ecosistemi, con conseguenze gravissime sugli abitanti dei mari, soprattutto per quelli che occupano i gradini più alti della piramide alimentare. La problematica più grave è quella che riguarda metalli pesanti e contaminanti che continuano il loro ciclo interminabile dagli scarichi al mare, dal mare ai pesci e infine, dai pesci all’uomo.
Quindi il nostro senso civico nella gestione dei rifiuti e nell’evitare, ad esempio, sprechi di detersivi o packaging ingombranti può essere utile. Ma è anche una questione di abitudini alimentari…
Certamente. Nel Mar Mediterraneo le specie commestibili sono 300, più alcune decine di crostacei e molluschi. Eppure catturiamo grandi quantità di pesci ma solo di alcune specie, mettendo sotto stress un delicato equilibrio e rinunciando a un’ampia varietà di gusti. La notizia più incredibile però è un’altra: nonostante queste risorse, i pesci più diffusi sulle nostre tavole sono branzino, orata e rombo. Specie allevate! Senza parlare poi dei filetti di pesce persico che pensiamo siano allevati in Italia e invece vengono dal Lago Vittoria, in Africa. O del pangasio, allevato nelle acque non sempre cristalline dei fiumi del Sudest asiatico. E infine, i cosiddetti “pesci bistecca” facili da pulire e cucinare, come calamari, seppie, gamberi, tonno e pesce spada. Gli ultimi due, oltre a essere fortemente sfruttati, sono proprio quelli a ciclo vitale più lungo che quindi accumulano più inquinanti.
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