Scalogno di Romagna

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Talvolta gli occhi lacrimano e una ventata pungente invade le nostre narici,poi il palato assapora un’ autentica prelibatezza, molto aromatica, capace di regalare ai cibi un sapore che ne esalta e gratifica il gusto. E’ l’Allium (parola celtica che significa bruciante) Ascalonicum, ovvero lo scalogno, un piccolo bulbo della famiglia delle Liliacee di colore bianco violaceo avvolto in una pellicola esterna di diverso colore, dal ramato al rossastro e, non è un aglio, né una cipolla. Lo scalogno coltivato da sempre in romagna, fu portato da popoli provenienti dall’ oriente che migrarono verso l’ Europa cinquemila anni fa. Dal 1992 la PRO LOCO di Riolo Terme organizza la fiera dello Scalogno di Romagna con l’ idea di promuovere un prodotto tipico della tradizione famigliare locale con l’ ottenimento poi nel 1997 dell’ I.G.P. (indicazione geografica protetta) presso la Comunità Europea. La fiera si svolge nella terza domenica di Luglio dal giovedì alla domenica con mostra mercato dello scalogno da parte degli agricoltori che sono in possesso della certificazione del prodotto ( l’ ente certificatore è la Check Fruit). Questo mercato si svolge nelle vie centrali del paese dal giovedì tardo pomeriggio e sera, la domenica tutto il giorno. Presso lo stand gastronomico la Pro Loco propone un menu rigorosamente a base di Scalogno di Romagna. Allium Ascalonicum
Lo Scalogno di Romagna appartiene alla famiglia delle Liliacee (Gigliacee) come l’aglio, la cipolla, l’aloe.
L’ antica denominazione di queste piante, la cui coltivazione è nota da almeno 3000 anni a. C. già in uso presso i popoli romani, non è facilmente ricostrui-bile.
Si ritiene che lo scalogno sia stato portato dai popoli che migrarono dal medio oriente verso l’Europa, tra questi le popolazioni celtiche, molto presenti an-che nelle nostre zone, infatti il termine allium è una parola celtica che significa “bruciante”.
Molte sono le piante appartenenti alle famiglia delle liliacee, tutte caratteriz-zate da un sapore pungente e da un tipico odore.
In particolare il nostro Allium Ascalonicum, in volgare scalogno, scalogna, aglio scalogno, è una pianta bulbosa, presenta dei piccoli bulbi aggregati fra loro di forma piriforme che nascono in gran numero attorno ad un bulbo centrale, sono più o meno compressi ai lati ove si toccano con i bulbi più vicini. Essi sono avvolti da una pellicola il cui colore varia dal ramato al rossastro o bruno fino al grigiastro.
I bulbilli, privati della pellicola esterna, possono raggiungere un peso che varia da 5 a 25 grammi circa a seconda del tipo di terreno su cui è coltivato, assumono anche un tipico colore, un verde violaceo, un rossiccio, un rosa chiaro, un marcato bianco e viola.
In particolare il nostro Scalogno di Romagna presenta ad una prima analisi esterna un apparato radicale molto sviluppato, le radici possono raggiungere discrete lunghezze, anche 25 – 30 cm. le foglie sorgono da ciascun bulbo, ed hanno forma cilindrica.
Lo Scalogno di Romagna ha un sapore suo particolare, più forte e profumato di quello della cipolla e più dolce di quello dell’aglio.
Un particolare molto interessante e curioso è questo: lo scalogno di romagna non è mai stato trovato allo stato selvatico per un singolare motivo, non fa fiore per cui non c’è possibilità di scambio di pollini tra infiorescenze di più piante, perciò è fondamentale conservare una parte dei bulbi dell’ anno da poter piantare per ottenere un nuova produzione. Ciò pone un problema alla coltivazione non potendo attenere seme perché non esiste si deve conservare il bulbo, ma quest’ultimo ha un periodo limitato di conservazione, per cui ipoteticamente se nessuno ripianta il bulbo dell’ anno il tipico scalogno di romagna scompare. Un altro particolare interessante per ricercatori, in anni in cui si discute di genetica, il nostro scalogno non facendo fiore non scambia pollini per cui non scambia geni, quindi conserva ancora il suo “corredo genetico” di quando fu portato in Europa, un “corredo” di 5000 anni.

Origine – Storia – Diffusione

Lo scalogno sembra originario del Medio Oriente, precisamente dalla città di Ascalone di Giudea, così lo cita Plinio. Il Boccaccio lo ricorda nelle sue novelle, così Dioscoride descrive lo scalogno il “bulbo Ascalonites” mentre Ovidio trattando degli afrodisiaci include lo scalogno, ritenuto già dagli antichi uno stimolante delle funzioni sessuali.
Tuttavia lo scalogno fu certamente apprezzato e coltivato nel giardino di Carlo Magno ed il suo uso andò diffondendosi durante il secolo XII.
Dal 1200 lo scalogno è già affermato in Francia paese in cui è molto apprezza-to e detiene un ruolo importantissimo nella cucina raffinata.
Lo scalogno francese, varietà presente anche in Italia, differisce dal nostro non solo per la forma più rotondeggiante, dal colore simile alla cipolla, con un apparato radicale molo più corto, dal fusto e foglie più sottili e con aroma molto simile alla cipolla. Infine la pianta dello scalogno francese produce fiori poi naturalmente la tipica infiorescenza di già conosciute liliacee, diversivificandosi dallo scalogno di romagna come precedentemente abbiamo già citato.
In Europa, lo scalogno è conosciuto con il nome di: eshalote in Francia, shal-let in Inghilterra, eschalotte in Germania e chalota in Spagna.

Coltivazione

Lo scalogno si propaga per bulbilli, indispensabile a tal fine impiegare bulbi e senti da malattie. I migliori risultati si ottengono piantando bulbilli con peso medio che può variare dai 15 a 20 grammi in file distanti fra loro 40 –50 centimetri (anche in funzione del mezzo meccanico disponibile per la sarchia-tura), interrati di qualche centimetro (4- 6 cm) e distanti sulla fila di 10 – 15 centimetri.
L’ epoca consigliata per piantare lo scalogno sono i mesi di novembre, dicembre, rispettando (come da disciplinare) una rotazione di 5 anni(cioè non si pianti lo scalogno nello stesso terreno per quel tempo).
Dopo la messa a dimora, quella manuale indubbiamente dà la migliore resa produttiva, è consigliabile una leggera rullatura del terreno, riducendo gli spazi vuoti si facilita così una migliore germinazione e si possono evitare danni da gelo precoce.

La fertilizzazione

Lo scalogno non presenta particolari esigenze nutritive, ma risulta comunque favorito da una buona fertilità del terreno, l’ impiego di concimi organici e minerali si colloca pertanto nella logica di mantenimento del terreno su buoni livelli di fertilità.
Per quanto riguarda l’apporto di letame occorre che questo sia ben maturo. E’ cosa da considerare che lo scalogno assorbe considerevoli quantità di zolfo, elemento minerale organico che né caratterizza il sapore e l’odore.

La raccolta e la conservazione

La raccolta dello scalogno di Romagna si inizia a metà di giugno per quello da consumare fresco, fino alla metà di luglio per quello da conservare e trasformare.
Il momento giusto per la raccolta si ha quando le foglie dello scalogno si presentano appassite, ingiallite e curve verso terra per la perdita di turgidità dei tessuti. Per la raccolta di appezzamenti invece si usa la zappa o vanga.
Per conservare lo scalogno conviene tenerlo al sole per alcuni giorni poi si può conservare sotto tettoie o altri locali ben ventilati.
Il bulbo con un poco di stelo può essere conservato in mazzetti, oppure in treccia. Questa è la caratteristica confezione dello scalogno, preparata con i bulbi selezionati ed intrecciati con le sole foglie secche, poi conservata appesa.
Si auspica che tale tradizione rimanga viva.
I bulbi possono essere conservati nei vasetti di vetro con olio o aceto. Diversi sono i procedimenti per confezionare lo scalogno in vaso, né descriverò quelli più in uso.
Il primo: si puliscono bene i bulbi togliendo le pellicole esterne, poi si lasciano per 24 ore in infusione nel sale grosso, le successive 24 ore in aceto di vino, tolti dall’ aceto si asciugano con una tela, si compongono i bulbi nel vaso e si coprono con olio di semi.
Il secondo: si toglie dai bulbi solo la pellicola esterna, quella secca, si pongono in un vaso e si coprono con aceto di vino per 28 giorni. Trascorso il tempo si puliscono bene togliendo le altre pellicole poi si sistemano in vaso coprendo sempre con olio di semi.

Il consumo

Diversi sono gli usi dello Scalogno di Romagna e precisamente si possono utilizzare: le foglie, raccolte ancora verdi, tagliate finemente per insaporire insa-late con altre verdure, pomodoro, lattuga, cicoria, patate lessate, ecc… poi i bulbi freschi ripuliti dalla loro pellicola esterna, si tagliano a fettine sottili per aromatizzare pietanze, conferendo a queste un suo sapore leggermente pic-cante e gradevolissimo.
Inoltre con i bulbi, finemente tagliati a mano, cubetti di prosciutto, pomodoro fresco o conservato si prepara un ottimo e gustoso ragù per tagliolini o taglia-telle all’ uovo.

Le proprietà benefiche

Lo Scalogno di Romagna nasconde un vero e proprio laboratorio chimico.
I componenti volatili responsabili di quel caratteristico odore sono nascosti e trattenuti dalla pellicina che avvolge il bulbo, si attivano quando il coltello la incide. Dapprima un enzima l’ allinase, trasforma un composto solforato in acido propensolforico, sostanza questa responsabile della lacrimazione, quindi le molecole di questo acido si uniscono a formare il tiosolfato che da allo scalogno quel caratteristico odore.
Questo aroma pungente, solfuro di allile, è utile al nostro organismo perché è un ottimo disinfettante intestinale, indicato anche per favorire le funzioni digestive, come vermifugo, come battericida.
Il solfuro di allile può avere proprietà disintossicanti e diuretiche, tale sostanza ha rilevato recentemente di essere anche un buon fluidificante del sangue, aiuta sicuramente coloro che soffrono di problemi respiratori, vorrei ricordare a tal proposito l’ uso delle acque termali per i medesimi problemi. Si utilizza infatti l’ elemento zolfo, il quale viene eliminato attraverso l’ albero bronchiale. Inoltre questa componente solfidrica è un ottimo antiradicalico, quindi buon antiinvecchiamento. Lo scalogno fornisce elementi (microelementi) indispensabili per un buon funzionamento del nostro organismo, vorrei citarne alcuni.
Il selenio (Se) è un elemento presente in zone argillose, si lega bene con lo zolfo. Il selenio, minerale presente in moltissimi tessuti, naturalmente in proporzioni, varie è importante per l’ accrescimento, ha una azione antiossidante e pertanto gli vengono attribuite notevoli proprietà antiinvecchiamento.
Un’ altra sostanza presente nello scalogno è il silicio (Si) il cui bulbo ne è ricco, un’ altro elemento importante e fondamentale per il buon funzionamento del nostro corpo. Si usi con grande vantaggio lo scalogno nelle carenze di calcio (osteoporosi), nelle malattie polmonari, nelle infezioni della vescica (cistiti), in quanto il silicio nel nostro organismo viene trasformato anche in calcio.
Ottimo è anche il contenuto in vitamina C, per assimilare al meglio questa, lo scalogno dovrà essere mangiato crudo, perché la cottura distrugge la vit.C.
Altre ed importanti sostanze sono contenute nello scalogno e possono essere utilizzate con grande vantaggio per la nostra salute, ne cito solo alcune: la ricchezza in fibre, utili per aiutare un intestino pigro, il fosforo, le vitamine del gruppo B, la vitamina A, le antocianine, sostanze che conferiscono quel colore violaceo al bulbo, utilissime per i capillari e circolazione in generale.
Inoltre sono contenuti nello scalogno i flavonoidi, sostanze vegetali ed azione antibiotica, in particolare la quercitina alla quale recenti studi scientifici attribuiscono proprietà utili nella prevenzione dei tumori e regolatrice della pres-sione diastolica (la minima).
Concludendo, lo Scalogno di Romagna, presente da sempre e ora maggiormente richiesto sul mercato per il consumo diretto e per il trasformato, prospetta concrete possibilità, essendo anche un prodotto altamente Biologico

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scalogno-pulito

Pubblicato da peperonciniedintorni

Calogero Rifici nato a Mirto (ME) nel lontano 13 aprile 1958, sono Perito Meccanico e studio cucina, fotografia, elettronica, informatica, ec, ec. Nel 1982 mi sono trasferito a Firenze, per lavorare nel primo impianto di smistamento d’Italia, nel 1984 mi sono sposato con Marina e ci siamo trasferiti a Livorno, sul mare, perché ci nasce sul mare difficilmente ci rinuncia. Per circa 6 anni ho insegnato Office automation in una scuola superiore, ho tenuto diversi corsi di informatica in diverse aziende. Per tanti Anni ho lavorato come specialista infrastrutture per una grande azienda di servizi, mi occupo di sicurezza. Dal gennaio 2019 sono libero professionista, nel campo enogastronomico Dal 2002 sono membro dell’accademia del peperoncino, dal 2008 sono Sommelier Fisar delegazione Livorno. Da 2013 ho un blog, www.peperonciniedintorni.it dove pubblico notizie enogastronomiche e ricette. Quando nelle ricette uso ingredienti particolari, prima spiego gli ingredienti che uso e poi illustro le ricette. Le mie ricette sono o tradizionali o di mia creazione, cerco di valorizzare i prodotti che uso. Faccio parte della delegazione Slow Food di Livorno, e cerchiamo di far conoscere la natura, specialmente ai bambini.

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