Allevamento delle galline in gabbia, l’Italia deferita alla Corte Europea
Il nostro paese è ’fuori legge’ perché utilizza strutture troppo piccole che violano il benessere dell’animale
L’Italia è finita insieme alla Grecia sul banco degli imputati alla Corte di giustizia dell’Ue, per non essersi completamente adeguata alla messa al bando, dall’inizio dell’anno, delle vecchie gabbie per l’allevamento delle galline da uova di cui l’Italia è un’importante produttrice. Nell’annunciare la decisione, Bruxelles ricorda che gli Stati membri hanno avuto 12 anni per introdurre gabbie più spaziose. Non averle modificate reca danno alle aziende che invece hanno investito in nuove strutture.
In Europa restano solo l’Italia e la Grecia – scrivono gli uffici sanitari alla Commissione europea – a non aver ancora «attuato correttamente la direttiva che introduce nuovi criteri sulla dimensione delle gabbie e sulle condizioni di allevamento per garantire il benessere degli animali». Per quanto riguarda l’Italia tuttavia, spiegano fonti comunitarie all’ANSA, il deferimento alla Corte di giustizia dell’Ue è legato «al ritardo per la mancata trasposizione nell’ordinamento italiano dell’impianto sanzionatorio previsto dalla direttiva Ue contro gli operatori inadempienti».
Per quanto riguarda il benessere animale, la direttiva che doveva essere applicata dal primo gennaio 2012, prevede che tutte le galline ovaiole siano tenute in gabbie spaziose per fare il nido, razzolare e appollaiarsi. Le gabbie devono offrire a ciascuna gallina una superficie di almeno 750 centimetri quadrati, un nido, lettiere, posatoi e dispositivi per accorciare le unghie. Oltre a garantire la qualità di vita degli animali negli allevamenti, la mancata applicazione in tutte le sue disposizioni pone anche – fanno notare esperti del settore – un problema di commercializzazione delle uova prodotte dalle galline allevate ancora nelle vecchie gabbie. Uova che ufficialmente sono sane ma in realtà ’fuori legge’.
Il 26 gennaio scorso la Commissione europea aveva inviato un ultimatum a 13 Stati membri tra cui l’Italia e la Grecia, ma al momento solo Roma e Atene non hanno potuto ovviare alle carenze legislative segnalate da Bruxelles.
In Europa restano solo l’Italia e la Grecia – scrivono gli uffici sanitari alla Commissione europea – a non aver ancora «attuato correttamente la direttiva che introduce nuovi criteri sulla dimensione delle gabbie e sulle condizioni di allevamento per garantire il benessere degli animali». Per quanto riguarda l’Italia tuttavia, spiegano fonti comunitarie all’ANSA, il deferimento alla Corte di giustizia dell’Ue è legato «al ritardo per la mancata trasposizione nell’ordinamento italiano dell’impianto sanzionatorio previsto dalla direttiva Ue contro gli operatori inadempienti».
Per quanto riguarda il benessere animale, la direttiva che doveva essere applicata dal primo gennaio 2012, prevede che tutte le galline ovaiole siano tenute in gabbie spaziose per fare il nido, razzolare e appollaiarsi. Le gabbie devono offrire a ciascuna gallina una superficie di almeno 750 centimetri quadrati, un nido, lettiere, posatoi e dispositivi per accorciare le unghie. Oltre a garantire la qualità di vita degli animali negli allevamenti, la mancata applicazione in tutte le sue disposizioni pone anche – fanno notare esperti del settore – un problema di commercializzazione delle uova prodotte dalle galline allevate ancora nelle vecchie gabbie. Uova che ufficialmente sono sane ma in realtà ’fuori legge’.
Il 26 gennaio scorso la Commissione europea aveva inviato un ultimatum a 13 Stati membri tra cui l’Italia e la Grecia, ma al momento solo Roma e Atene non hanno potuto ovviare alle carenze legislative segnalate da Bruxelles.
La stampigliatura del guscio con il codice in parola si applica, a partire dal 1° luglio 2005, anche alle uova non classificate, vendute direttamente dal produttore in un mercato pubblico locale.
Articolo e foto tratti da ” La Stampa”
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