Prosciutto Toscano
Nella giornata inaugurale del Cibus 2018, abbiamo visitato lo stand del Prosciutto Toscano è uno dei pilastri della gastronomia della nostra regione.
Abbiamo avuto modo di chiarirci tutti i dubbi sui vari aspetti della produzione e del consumo. Lo chef Emanuele Vallini, ha preparato un bel piatto, spiegandoci anche le scelte fatte.
Ha preparato una chips di riso Carnaroli, sopra ha inserito una crema, preparata con Carciofi violetti, e burrata, infine una fetta di prosciutto Toscano, Ottimo piatto.
Il Prosciutto Toscano trova il suo perfetto abbinamento con il tipico Pane Toscano, la cui caratteristica principale è la mancanza assoluta di sale.
Questa mancanza, in base alla tradizione storica toscana, deriva dalle conseguenze delle lotte tra Pisa e Firenze, che si inasprirono nel XII secolo, e che portarono la Repubblica Marinara di Pisa a bloccare il commercio del sale verso l’interno. Per tutta risposta i fiorentini decisero di panificare senza sale e utilizzare il sale a loro disposizione per il mantenimento dei cibi e la lavorazione dei prosciutti.
Lo stesso Dante, duecento anni dopo nella Divina Commedia, scrive rivolto a se stesso nella famosa frase del Paradiso che testimonia questa tradizione: “Tu proverai come sa di sale lo pane altrui”.
L’arte della conservazione delle carni suine nella regione Toscana ha avuto il suo consolidamento nel Medioevo. Leggi riguardanti la macellazione del maiale e la conservazione della sua carne erano presenti già al tempo di Carlo Magno. Il Prosciutto Toscano nasce da una antica tradizione dei contadini toscani, che, nel periodo invernale, macellavano il maiale ingrassato con passione per un anno, trasformandolo in salumi destinati al consumo familiare. Questa operazione diventava quasi una festa, in cui, genuinità, gusto e sapore, raggiungevano livelli di eccellenza.
È intorno al XV secolo, al tempo dei Medici, che la produzione del Prosciutto Toscano viene regolamentata con disposizioni riguardanti l’intero processo produttivo. Erano gli Ufficiali di Grascia a far si che le leggi venissero rispettate. Erano stati predisposti Bandi su: allevamento (doveva avvenire in luoghi stabiliti, disposti dagli Ufficiali di Grascia), macellazione, vendita e produzione di carne secca che doveva avvenire dietro autorizzazione (licenza) degli stessi Ufficiali di Grascia. I Bottegai tenevano quaderni dove annotavano tutti i movimenti della carne acquistata e divenuta poi secca. Fino alla seconda metà del ‘700 la macellazione poteva avvenire in determinati luoghi e in determinati periodi; si ricorda come i F.lli Giuseppe e Pasquino Morini furono multati di 20 scudi a testa per aver macellato senza autorizzazione (1768). C’erano anche “licenze” per esportare il prodotto, che potevano essere oggetto di scambio.
La suinicoltura toscana, un tempo prevalentemente orientata verso la produzione di suinetti destinati ad essere ingrassati altrove, si è poi convertita al ciclo chiuso in ordine alla necessità di lavorare sempre maggiori quantità di carni richieste dal moltiplicarsi dei centri di trasformazione regionali. Pertanto, da una produzione strettamente familiare, che utilizzava spesso per l’ingrasso il sistema brado o semibrado, si è passati ad allevamenti più consistenti e a centri di trasformazione artigianali e piccoli industriali che, nel rispetto delle antiche tecniche di lavorazione, hanno mantenuto le peculiarità del prodotto. Gli allevamenti si distribuivano pressoché in tutta la regione, ma con maggiore concentrazione nelle zone di maggiore produzione cerealicola quali la Val di Chiana, il Casentino, il Mugello, il Valdarno superiore ed inferiore, il Chianti, la Val d’Elsa, la Val d’Era, la Val d’Orcia, la Maremma, e, conseguentemente, ivi sorgevano anche i centri di trasformazione.
Al fine di custodire questo patrimonio culturale e gastronomico, i produttori hanno ritenuto opportuno stabilire, in un disciplinare di produzione, il metodo produttivo da seguire per ottenere un prodotto unico dotato di specifiche caratteristiche. Con tale scopo nel 1990 è stato costituito il Consorzio del Prosciutto Toscano che riunisce attualmente 23 aziende toscane le quali, oltre a definire il disciplinare di produzione, hanno ritenuto opportuno e indispensabile richiedere all’Unione Europea il riconoscimento comunitario della Denominazione di Origine Protetta (DOP). La produzione attuale di Prosciutto Toscano DOP è di circa 350.000 unità/anno, collocandosi al terzo posto a livello nazionale in termini di quantità.
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