Perché va tanto la iceberg?
Il consiglio di questa settimana parte da un fatto piuttosto sorprendente: in questo momento il tipo d’insalata più venduto in Italia è la iceberg, con la Puglia in testa tra le regioni per la sua quantità di consumo. Fin qui niente di male, se non fosse che quasi tutta la lattuga di questo tipo è prodotta in Spagna e quindi importata. Si dice Spagna ma le zone precise sono Murcia e l’Andalusia, il Sud, all’estremo opposto del Mediterraneo. Immaginate di fare compagnia sul camion a questi cespi d’insalata lungo il loro viaggio fino in Puglia: un’eternità.NHJ
È davvero un fatto curioso, perché in questo momento nel Paese abbiamo produzione di verdure da foglia di quasi ogni tipo in ogni luogo, e lasciando da parte indivie e scarole che sono di un’altra specie e sono ben più amare, tra lattughe cappucce, lattughe romane e lattughe da taglio non c’è che l’imbarazzo della scelta. Forse, se si vuole cercare qualcosa con le caratteristiche più simili alla iceberg, che si distingue per dolcezza e croccantezza, potremmo orientarci sulle lattughe romane, o anche quelle ricce. Rimane un mistero se sia di più la domanda dei consumatori a decretare il successo della iceberg (quella che si mette nei panini dei fast food, per intenderci) o qualche meccanismo di distribuzione che ha, come dire, innescato le voglie degli italiani, ma proprio non si spiega perché dovremmo rifiutare i prodotti locali a vantaggio di qualcosa che proviene da duemila chilometri di distanza, con il conseguente carico di inquinamento da Tir che porta con sé e anche con una freschezza non proprio di prima mano. Tra l’altro, non si spiega nemmeno perché gli agricoltori italiani non abbiano mai adottato la iceberg (ma non è che lo consigliamo), visto che il ciclo produttivo è breve e la programmazione sarebbe più semplice che in altri casi.
In Puglia, che adesso è ancora una cornucopia di buone verdure, perché va tanto la iceberg? È proprio dura capirlo, ma noi sappiamo da che parte stare: da quella delle fresche produzioni locali, colte al mattino presto prima di andare al mercato. Saranno magari più amarognole, dai gusti meno standardizzati, ma ci piace la varietà; che l’insalata non sia mai la stessa. È il momento buono per (ri)scoprire nuovi sapori: oltretutto le insalate locali, che si trovano in crisi per la concorrenza spagnola, hanno circa lo stesso prezzo (1.50 al chilo) della iceberg.
scritto da Carlo Bogliotti
c.bogliotti@slowfood.it
Tratto Da La Stampa del 13 dicembre 2014
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