Al Contadino non far Sapere… quanto è Buono il cacio con le Pere
Al Contadino non far Sapere quanto è Buono il cacio con le Pere, Per spiegare questo proverbio e stato addirittura scritto un bellissimo libro. Tutta l’interessantissima storia dell’accostamento pera-formaggio viene approfondita nelle 160 pagine del libro di Massimo Montanari “Il formaggio con le pere. La storia di un proverbio”. Lo scrittore ha compiuto una vera e propria indagine rispolverando vecchi ricettari, antichi trattati e tomi di medicina per descrivere la storia della differenze di classe attraverso questi due gustosi alimenti.
Non tutti sanno che questa accoppiata risale al XVI secolo e che è stato il simbolo di un cambiamento sociale.
Perché il contadino non doveva sapere?
E chi doveva occultare la notizia?
Il formaggio fin dall’epoca degli antichi greci era considerato l’emblema degli umili e delle persone non erudite, era il cibo di Polifemo, l’uomo-bestia per eccellenza. Veniva associato alla gastronomia povera, essendo consumato da pastori e contadini per la sua capacità di conservarsi a lungo e di poterne fare scorta mantenendolo in dispense.
Deriva dal latte che era considerato il simbolo del nutrimento primordiale, che i nobili utilizzavano solo per fini estetici e di abbellimento, come i famosi bagni nel latte di asina di Cleopatra.
La pera invece era espressione dell’effimero in quanto frutto delicato e facilmente deteriorabile.
Coltivare alberi da frutto era economicamente un pregio e le pere diventarono automaticamente doni preziosi da scambiarsi tra nobili.
L’adorazione dei nobili per questo frutto è tale che nel seicento vengono utilizzate come metodo di paragone per il corpo femminile.
L’inizio del cambiamento della considerazione del formaggio, chiamato fino al medioevo la “carne dei contadini”.
L’affermazione della cultura monastica, quasi sempre legate agli ambienti nobiliari e quindi ben fornite di risorse economiche, cambia lo scenario.
Le varie confessioni monastiche si volevano far considerare come povere per seguire il motto della povertà spirituale e dell’umiltà, la caratteristica principale del modello alimentare monastico divenne la rinuncia al consumo di carne, sostituita da cibi altrettanto nutrienti come il pesce, le uova e il formaggio.
Dato lo stretto rapporto tra nobiltà e comunità religiose si venne a creare una sorta di moda dei cibi semplici e si introdusse il consumo di beni popolari, in ambienti sociali in cima alle classi sociali.
Dato che tutta la società medievale, era basata sul concetto secondo il quale gli uomini sono diversi e quindi debbono comportarsi, vestirsi e anche mangiare in modo diverso.
Il formaggio necessitava comunque di essere nobilitato per arrivare nelle tavole dei signori.
Da qui nasce l’idea di giustificarlo con le pere creando una coppia che unisce due sapori e due stati sociali opposti.
Nel Medioevo si identificava il gusto come un’attitudine naturale e istintiva che serviva per riconoscere cosa fosse buono o nocivo per la salute quindi quello che risultava piacevole da mangiare era automaticamente anche sano. Impostata in tali termini la questione del gusto si doveva riconoscere a chiunque, perfino ai contadini, e ora che i diversi modelli alimentari si stavano avvicinando, cosa poteva più fare la differenza tra cucina alta e cucina povera? E’ in questo momento che al gusto, inteso come sapere nato dalla fame e dalla necessità, viene contrapposto il nuovo concetto di buongusto, che si differenzia dal primo per la necessità di essere appreso. Non è più “sano ciò che piace” ma “piace ciò che è sano”, e ciò che è sano può essere riconosciuto solo da una cerchia di intenditori. In questo modo, per scongiurare una perdita della differenziazione sociale, è necessario che il sapere rimanga privilegio della nobiltà e diventa fondamentale negare il sapere a chi non è socialmente degno.
In questo preciso momento storico nasce il famoso proverbio che, col passare dei secoli e con l’assottigliarsi delle differenze sociali, ha acquisito un significato più ironico e rivendicativo grazie ad una frase aggiunta successivamente e oggi diffusa nella campagna senese: “Al contadino non far sapere quanto è buono il cacio con le pere. Ma il contadino, scarpe grosse e cervello fino, lo sapeva prima del padrone.
Ingrediente per 4 persone circa 16 pezzi
- 2 Pere Williams mature ma sode
- 8 noci
- 200 gr di parmigiano grattugiato
- 8 chicchi d’uva o 8 olive denocciolate, servono solo a tappare la parte alta dello stecchino
- 16 stecchini
Preparazione
Rompete i gusci delle noci cercando di non spaccare il gheriglio, vi servono 16 mezze noci.
Tagliate a metà le pere tagliatele a fette di circa 1,5 cm.
Prendete 16 stecchini infilzate alla base le mezze noci, fate in modo che lo stecchino rimanga perpendicolare al tavolo.
In ogni stecchino aggiungete un pezzo di pera. Scaldate una padellina appena calda mettete una cucchiaiata di parmigiano e spandetelo appena si comincia a colorire, con l’aiuto di una spatola, meglio se non di metallo e con i denti non uniti sul davanti, girate la cialda, appena cotta deponetela con il centro sopra lo stecchino fate un pochino di pressione e fatela aderire sulla pera finché e calda.
Appena la cialda si sarà raffreddata manterrà la forma presa, a questo punto in cima allo stecchino mettete il mezzo chicco d’uva o la mezza oliva, o quello che vi piace di più.
Spunto da amarantomelograno.blogspot.it
Buon appetito
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