C’è ancora domani

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C'è ancora domani
C’è ancora domani

C’è ancora domani è un film del 2023 scritto, diretto e interpretato da Paola Cortellesi, al suo esordio come regista. Il film è stato presentato alla 18ª edizione della Festa del Cinema di Roma in concorso nella categoria “Progressive Cinema – Visioni per il mondo di domani”, ottenendo due premi, tra cui il premio speciale della giuria e una menzione speciale come miglior opera prima. È stato poi premiato come Film dell’anno ai Nastri d’argento del 2024. La pellicola è stata un successo al botteghino, venendo apprezzata dalla critica italiana ed estera per la regia e le prove recitative degli attori, oltre che per le tematiche affrontate legate alla cultura patriarcale, alla violenza di genere e ai diritti delle donne. È considerato uno dei migliori film del 2023. Dopo che la figlia aveva fatto bruciare la cena la famiglia deve mangiare solo pane raffermo e latte.

Ingredienti per 4 persone

Preparazione

Tagliate il peperoncino a metà immergetelo nel latte e fate insaporire per 10 minuti. Togliete il peperoncino e mettere il latte sul fuoco, scaldate intanto tagliare il pane pezzi grossi.
Nelle tazze mettete lo zucchero poi versate sopra il latte, inzuppate il pane nel latte, se lo lasciate dentro avrete una zuppa di pane.

Buon appetito

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Trama

Roma, maggio 1946. La città è divisa, come il resto d’Italia, tra la povertà e le tragiche devastazioni belliche lasciate dalla seconda guerra mondiale, i reparti militari degli Alleati in giro per le strade e la voglia di cambiamento, alimentata dall’imminente referendum istituzionale e dall’elezione dell’Assemblea Costituente del 2 e 3 giugno. Delia è sposata con Ivano da cui riceve regolarmente percosse nonché continue vessazioni e umiliazioni; la coppia ha tre figli, la primogenita, Marcella, prossima al fidanzamento disprezza la madre per la passività con cui subisce gli abusi coniugali. La giornata di Delia si divide tra le faccende domestiche e vari lavori sottopagati tra cui quello d’infermiera. Le uniche fonti di sollievo sono l’amicizia con Marisa, una fruttivendola spiritosa e ottimista, e l’idillio con Nino, un meccanico per cui in passato Delia ha avuto una tenera simpatia mai del tutto dimenticata.

Un giorno Delia restituisce una foto di famiglia al soldato afroamericano William, il quale si offre di aiutarla, dopo aver notato i lividi sul suo corpo. La donna riceve anche una lettera segreta che, sebbene inizialmente intenda buttare, poi decide di custodire, traendo da essa la forza per reagire gradualmente alla sua condizione. Nel frattempo Marcella si fidanza con Giulio, il giovane rampollo di una famiglia benestante, proprietaria di un bar della zona; Ivano, in tale ottica, subodora il piacevole tornaconto economico che potrebbe scaturire dalle nozze fra i due. Dopo un imbarazzante pranzo con i consuoceri (dovuto al comportamento volgare di Ivano, dei figli e dello scorbutico Ottorino, il padre di Ivano), Giulio fa la proposta a Marcella e lei accetta.
Tuttavia, assistendo a un episodio in cui Giulio minaccia Marcella, Delia capisce che la figlia andrebbe così incontro a un matrimonio simile al suo, in cui verrebbe regolarmente vessata e umiliata. Con l’aiuto di William, fa dunque esplodere il locale del futuro genero, cosicché i suoi genitori cadano in miseria e siano costretti ad andarsene dalla città. Marcella, nonostante tutto, è distrutta. Sembra che Delia sia decisa a scappare da Ivano, accettando l’invito di Nino di fuggire insieme il 2 giugno, e a tal proposito ha preparato tutto: una camicia nuova, dei soldi e una borsa che ha nascosto per uscire di casa senza farsi vedere. Tuttavia, lo stesso giorno, il suocero Ottorino muore improvvisamente, e la donna si trova impossibilitata a fuggire.
Ciononostante, il giorno dopo, prima di uscire Delia lascia i soldi risparmiati a Marcella per permetterle di studiare (Ivano asseriva che una donna non dovesse studiare e permetteva solo ai due figli maschi di frequentare la scuola) e si avvia per compiere finalmente ciò che aveva in programma: si reca di nascosto alle urne per scegliere tra monarchia e repubblica ed eleggere l’Assemblea Costituente, la sua prima esperienza di voto, come per le altre donne d’Italia. Avendo perduto per sbaglio in casa la tessera elettorale, rinvenuta prima da Ivano e poi da Marcella, si vede inseguita da entrambi: Marcella le riconsegnerà in tempo il documento valido per esprimere il proprio voto. Vedendo Ivano che si dirige a passo spedito verso di lei, Delia pensa di scappare, ma all’ultimo si ferma e si gira a guardarlo, imitata dalle altre donne presenti, facendo così sentire in soggezione il marito, che se ne va.

Produzione

C’è ancora domani è nato da un’idea di Paola Cortellesi, che ha scritto la sceneggiatura con Furio Andreotti e Giulia Calenda, basandosi sulla vita delle donne nel secondo dopoguerra in Italia e traendo ispirazione dalle storie raccontate dalla propria nonna e dalla propria bisnonna.
Il film è girato completamente in bianco e nero, scelta motivata da Cortellesi sia come un tributo ai film neorealisti italiani del secondo dopoguerra, sia dal fatto che lei immaginasse rappresentate in questo modo le memorie delle proprie nonne. Inoltre, per i primi otto minuti del film sono state utilizzate delle cineprese in rapporto 4:3, un altro omaggio ai film dell’epoca.
Il film è stato prodotto da Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa per Wildside e Vision Distribution. Le riprese esterne del film si sono tenute a Roma nel rione Testaccio mentre le ambientazioni interne sono state girate presso gli studi di Cinecittà. La regista ha preso parte in prima persona ai provini, cercando di rendere gli aspiranti attori parte della sua idea fin dai primi momenti della fase di registrazione. In un’intervista rilasciata a The Hollywood Reporter Roma, Cortellesi ha spiegato la scelta di ambientare il film nella città:
«È stato naturale. La storia del film è inventata, ma c’è moltissimo dei racconti della mia famiglia. Sono per metà romana e per metà abruzzese. Mia madre venne a Roma a sei anni, ha trascorso qui la sua primissima infanzia. Ma molte delle storie da cui ho tratto ispirazione sono di mia nonna. È anche il motivo per cui ho immaginato l’opera in bianco e nero. Quando ti tornano in mente le immagini del passato a Roma non sono mai a colori. I cortili romani in cui tutto veniva messo in piazza. Si viveva insieme, non c’era discrezione, però era bello. La Roma di C’è ancora domani è molto lontana dalla Roma di oggi. […] La vita sociale era diversa. Forse le famiglie borghesi erano le uniche discrete. […] e abbiamo messo in scena un’incomunicabilità totale, che rappresenta la differenza di ceto sociale a Roma, come nel resto di Italia. Roma, però, non è solo un bacino. Roma è tante cose. C’è la Roma del centro, la Roma dei quartieri bene, poi c’è la Roma popolare, quella delle periferie, delle borgate.»

Pubblicato da peperonciniedintorni

Calogero Rifici nato a Mirto (ME) nel lontano 13 aprile 1958, sono Perito Meccanico e studio cucina, fotografia, elettronica, informatica, ec, ec. Nel 1982 mi sono trasferito a Firenze, per lavorare nel primo impianto di smistamento d’Italia, nel 1984 mi sono sposato con Marina e ci siamo trasferiti a Livorno, sul mare, perché ci nasce sul mare difficilmente ci rinuncia. Per circa 6 anni ho insegnato Office automation in una scuola superiore, ho tenuto diversi corsi di informatica in diverse aziende. Per tanti Anni ho lavorato come specialista infrastrutture per una grande azienda di servizi, mi occupo di sicurezza. Dal gennaio 2019 sono libero professionista, nel campo enogastronomico Dal 2002 sono membro dell’accademia del peperoncino, dal 2008 sono Sommelier Fisar delegazione Livorno. Da 2013 ho un blog, www.peperonciniedintorni.it dove pubblico notizie enogastronomiche e ricette. Quando nelle ricette uso ingredienti particolari, prima spiego gli ingredienti che uso e poi illustro le ricette. Le mie ricette sono o tradizionali o di mia creazione, cerco di valorizzare i prodotti che uso. Faccio parte della delegazione Slow Food di Livorno, e cerchiamo di far conoscere la natura, specialmente ai bambini.

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