Lampascione

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Scava, scava che qualcosa viene fuori. Questo avrà pensato il primo raccoglitore di bulbi che si ritrovò quasi a 40/50 cm sotto terra un cipollotto di forma tondeggiante e di colore rosso che  Oribasio, medico greco di Bisanzio (403-325- a.C ) chiamò lampascione, tradotto in tardo latino diventa lampadio, lampiadonis, quindi lampada. La forma a lampadina pare che l’abbia, ma come avranno fatto a pensare alla lampadina senza avere la corrente elettrica? Misteri del cibo.

Ricercato anche per le sue presunte proprietà afrodisiache il lampascione  acquista un posto di rilievo nei trattati di medicina e nelle diete proposte dai padri della medicina “Il bulbo commestibile. Il bulbo commestibile è noto a tutti come cosa che si può mangiare; salutare per lo stomaco, libera l’intestino, è rossastro e viene importato dalla Libia; è amaro, simile alla scilla, più salutare per lo stomaco, favorisce la digestione. Tutti sono aspri, danno calore e eccitano al rapporto sessuale…”. cosi lo descrive nel suo  “De medicinali materia”  Dioscoride Pedanio (medico greco del I secolo d. C.). Anche Galeno ne decanta le virtù ma mette in allarme per le flautenze che questo comporta.  ”I bulbi sono di difficile cottura ma molto nutrienti e salutari per lo stomaco; inoltre sono purgativi e indeboliscono la vista, ma sono eccitanti nei rapporti sessuali.

Il proverbio dice: Per niente ti gioverà il bulbo se non hai vigore. In realtà sono afrodisiaci tra loro quelli chiamati regali, che sono superiori agli altri, tra i quali quelli rossastri. Invece quelli bianchi e quelli della Libia sono simili alla scilla; i peggiori tra tutti, però, sono quelli egiziani”. Il poeta Ovidio ne consiglia l’uso nelle arti amatorie dando anche un punteggio sulle qualità della provenienza  “ Ecco, ti darò anche, per usare ogni dono della medicina, i cibi da evitare e da seguire. Il bulbo della Daunia o quello mandato a te dalle coste della Libia, ti sarà comunque nocivo. Nondimeno è opportuno evitare le afrodisiache ruchette e tutto ciò che prepara i nostri corpi all’amore, mettendo  al primo posto quello derivante da Megara, poi quello della Libia e quindi quello della Daunia. Classificazione confermata anche da Plinio nel suo Naturalis Historia dove annota che ” I bulbi di Megara stimolano al massimo grado il desiderio amoroso”. E’ facile immaginare la corsa dei pazienti all’acquisto e ai mercanti e venditori alla speculazione sul prodotto tanto che   l’imperatore Diocleziano ne impose addirittura il prezzo nel 301 d.C. nella sezione “de oleribus et pomis”. Quindi grande rispetto e considerazione per questo bulbo rosso, pietanza prelibata il cui uso nel Sud Italia  è testimoniato a Roma in età antica, dove i Romani erano soliti offrirlo come cibo augurale nei pranzi nuziali per il suo potere afrodisiaco ed a corte nel tardo medioevo per le sue proprietà curative dello stomaco e del corpo. Tempo in cui i bulbi africani allora sul mercato valevano esattamente il doppio rispetto ai quelli  di produzione italica. Nonostante i Romani avevano riempito di strade tutto l’impero, il prezzo di trasporto per mare era di due denari per miglio/tonnellata, quello per terra di cinquanta denari,  oggi è esattamente l’opposto e i nostri lampascioni si sono presi, a distanza di parecchi secoli, la loro brava rivincita su quelli africani, quando si dice che la globalizzazione non fa bene!
Oggi il lampascione  lavorato ha un costo abbastanza alto anche perché , a differenza di altri sottaceti o sott’oli, necessita di una lavorazione esclusivamente manuale che porta a un notevole incremento del prezzo di vendita. Anche se la migliore tradizione prevede che il lampascione venga cotto sotto la cenere e, una volta pulito, semplicemente condito, oppure fritto e condito con mosto cotto. In insalata, fritto in pastella, al forno col capretto, preparato con vino bianco e pancetta , legato a tocchi di salsiccia “a punta di coltello”, oppure con pomodorini invernali appesi, origano e pecorino… il lampascione diventa una prelibatezza e, sinceramente, forse davvero invita alla goduria più sfrenata.

Fonte http://www.taccuinistorici.it

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FioriLampascione
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Pubblicato da peperonciniedintorni

Calogero Rifici nato a Mirto (ME) nel lontano 13 aprile 1958, sono Perito Meccanico e studio cucina, fotografia, elettronica, informatica, ec, ec. Nel 1982 mi sono trasferito a Firenze, per lavorare nel primo impianto di smistamento d’Italia, nel 1984 mi sono sposato con Marina e ci siamo trasferiti a Livorno, sul mare, perché ci nasce sul mare difficilmente ci rinuncia. Per circa 6 anni ho insegnato Office automation in una scuola superiore, ho tenuto diversi corsi di informatica in diverse aziende. Per tanti Anni ho lavorato come specialista infrastrutture per una grande azienda di servizi, mi occupo di sicurezza. Dal gennaio 2019 sono libero professionista, nel campo enogastronomico Dal 2002 sono membro dell’accademia del peperoncino, dal 2008 sono Sommelier Fisar delegazione Livorno. Da 2013 ho un blog, www.peperonciniedintorni.it dove pubblico notizie enogastronomiche e ricette. Quando nelle ricette uso ingredienti particolari, prima spiego gli ingredienti che uso e poi illustro le ricette. Le mie ricette sono o tradizionali o di mia creazione, cerco di valorizzare i prodotti che uso. Faccio parte della delegazione Slow Food di Livorno, e cerchiamo di far conoscere la natura, specialmente ai bambini.

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