La zuppa di pesce dello Stretto – A zuppa i pisci ru strittu

Il racconto

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Erano in mare da due giorni, Giovanni, il viso scottato dal sole rovente e impietoso, guardava la distesa d’acqua davanti a lui proteggendosi gli occhi con una mano per difendersi dal riverbero della luce sulle onde.
Era “u banniaturi” la vedetta, abbarbicato nel “farere” l’albero alto tre metri al centro del “luntru” la barca utilizzata da centinaia di anni per la pesca del pesce spada.
Carmelo, “u lanzaturi“, il fiocinatore, si sporgeva con l’arpione a due punte, “a’ draffinera“, stretto tra le mani callose e forti mentre il vento gli danzava intorno alla faccia striata di salsedine e sudore, in attesa.
I quattro rematori che completavano l’equipaggio davano il ritmo all’avanzata del “luntru” che fendeva le correnti capricciose dello Stretto.
Nenti?” gridò Carmelo alzando la voce per superare il frastuono delle onde e i cigolii del legno, “Nenti” rispose Giovanni concentrato nel cercare il più piccolo movimento tra la spuma che sporcava il blu scuro del mare profondo.
Erano pazienti i pescatori di Bagnara Calabra, una pazienza figlia di anni d’esperienza e millenni di tradizione marinara. Testardi continuavano da oltre quarantott’ore a seguire quella rotta che, sapevano, prima o poi gli avrebbe fatto incrociare “u pisci spada“, la loro preda.
Sino a quel momento la pesca era andata piuttosto male, qualche piccolo pesce giusto “mi si faci u broru” (per fare il brodo) e niente di più.
U viu, u viu” l’urlo di Giovanni spezzò il silenzio rotto sino a quel momento solo dallo sciabordio dell’acqua e dal suono ipnotico dei remi, “esti dda, drittu avanzi a nui
I rematori alzarono il ritmo per dirigersi verso il punto indicato mentre Carmelo si sporgeva maggiormente pronto con la fiocina.
È fimmina” gridò Giovanni, “è fimmina e forsi c’è puru u masculu
Un urlo proruppe dalla gola dei pescatori, finalmente la fortuna stava girando, i rematori con rinnovata lena avvicinarono ancora di più il “luntru” alle loro prede, “pigghialu Melu, pigghialu” gridarono, Carmelo era pronto, teso come una molla sapeva che non doveva sbagliare, che aveva una sola possibilità, lo sapeva… e lanciò.

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Sono in due, la femmina più sopra, il maschio la segue, nuotano veloci con la sicurezza tipica di chi è al vertice della catena alimentare.
Il pesce spada è un animale dall’aspetto maestoso con la spada ossea lunga circa un terzo della sua stazza. È un predatore spietato ed efficiente spesso solitario ma, quando nuota in coppia, ha una particolarità che i pescatori conoscono bene: se la femmina viene colpita per prima, il maschio non l’abbandonerà a costo di sacrificarsi per tentare, invano, di liberarla.
Il maschio sente delle vibrazioni strane, dei rumori insoliti e si mette in allarme, capisce che qualcosa non va e inizia ad avvicinarsi alla sua compagna quando un’ombra lunga e appuntita fende l’acqua. La femmina scarta di lato nel momento in cui viene colpita e inizia una macabra danza intorno “a’ draffinera” nel tentativo di liberarsi. Il maschio, impazzito di rabbia ma impotente gli rimane accanto fino a quando, stremata, lei non smette di resistere. In quel momento un altro arpione compare dal nulla bucando con violenza la coltre d’acqua, il maschio ha appena il tempo di lanciare l’ultimo sguardo alla compagna, poi c’è solo il dolore e infine, pietoso arriva il buio.

È finita, l’equipaggio è esausto ma soddisfatto, due prede di tre metri l’una sono un buon bottino per una battuta di pesca.
I rematori accendono un piccolo fuoco in un contenitore posto al centro della barca sistemando sopra un tegame in coccio pieno di acqua di mare, olio, vino, un paio di pomodorini, due spicchi d’aglio, una cipolla e una manciata di lattuga di mare aspettando che inizi a bollire per aggiungere qualche piccolo pesce e, come da tradizione, la parte del pesce spada colpita dall’arpione. Nell’attesa sgranocchiano qualche tarallo un po’ inumidito ma ancora croccante e gustoso.
Giovanni guarda Carmelo con orgoglio e affetto, il suo fratello più piccolo è ormai diventato un esperto “lanzaturi”, uno dei più bravi. “Fusti bravu Melu” gli dice, “i pigghiasti tutti i dui“… Carmelo arrossisce e sorride abbassando gli occhi, “aiu fami” risponde stropicciandosi le mani e cambiando discorso per levarsi dall’imbarazzo, “nda facimu ‘sta zuppa?

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Con questa ricetta partecipo alla sfida n.55 del MTC

mtc 55


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