Filetto alla Genziana

Filetto alla Genziana. Suonava un pezzo dei Pink Floyd nella grossa cuffia nera che tenevo stretta alle orecchie quando squillò il telefono grigio accanto a me. Il volo della notte, il Nightfly, che presentavo ogni giorno dai microfoni della nostra radio, era partito puntuale all’ora delle streghe, con due anni di anticipo rispetto al ben più famoso notturno di Radio Rai. Alzai la cornetta. Era Davide. “Ciao, è da un po’ che ti ascolto. Vengo su, ci mangiamo qualcosa insieme”. L’appartamento che accoglieva lo studio aveva anche una cucina e un salottino con un comodo divano e ospitava non di rado riunioni di lavoro e ancora più spesso cene dall’alto tenore alcolico. Era l’epoca delle radio libere. Il mio amico arrivò con due bei filetti di vitello, che prontamente mi affidò, sapendo che, oltre a mettere dischi alla radio, me la cavavo bene anche con i fornelli. Nel frigorifero c’erano solo un paio di birre, mezzo panetto di burro e un vasetto di panna fresca, che usavamo per correggere il caffè. Cercai nella dispensa del Pepe verde e lo trovai. Presi l’unica padella sgangherata a disposizione e mi misi all’opera. Rosolai per bene la carne e, in mancanza del brandy, la innaffiai con la Genziana, facendola sfumare vivacemente. Tutta la radio fu invasa da un profumo psichedelico. Andai a cambiare il disco e a dire due parole agli ascoltatori, cui avrei raccontato più tardi del piatto appena creato: il Filetto alla Genziana. Ci sedemmo a tavola e vidi gli occhi di Davide brillare.