Il Carico Glicemico (CG)

Salve a tutti cari lettori, è da un po’ che non ci sentiamo, spero siate tutti in salute e vogliosi di imparare qualcosa di nuovo. Io sono sempre piena di lavoro e la sera torno a casa stanchissima, ma penso sempre a voi, soprattutto quando qualche collega mi chiede un consiglio di cucina oppure mi parla delle sue intolleranze o allergie. Proprio l’altro giorno, calcolatrice e miei precedenti articoli alla mano, io e un’amica (la stessa a cui ho dedicato la ricetta dei polpi alla Luciana) stavamo facendo dei conti su alcuni snack che aveva comprato, il tutto finalizzato a scoprire se avesse fatto un acquisto di roba sana o, ahimè, di spazzatura, e questo episodio mi ha dato il là per scrivere questo articolo. Come avrete capito dal titolo, oggi parliamo del carico glicemico (CG), un argomento di cui mi avete chiesto già da un po’, ma che volevo approfondire prima con il mio medico in modo da non scrivere stupidaggini.

Cos’è il carico glicemico

Il carico glicemico o CG (dall’inglese Glycemic load) è un valore che stabilisce l’impatto sulla glicemia di un alimento in base al suo indice glicemico (IG) e la quantità di carboidrati contenuti al suo interno. Fondamentalmente questo valore serve per prevedere i valori della glicemia in base al tipo e alla quantità di cibo contenente carboidrati che stiamo per mangiare.
Quando nel 1981 fu scoperto l’indice glicemico, si pensò che per evitare i picchi di glicemia, bastasse non mangiare quei cibi che hanno un valore alto (in arancione e rosso sulla mia tabella,ricordate?), e sinceramente lo pensavo anche io dal momento che il mio medico appoggiava questa teoria detta “Metodo Montignac” (formulata dal giornalista francese Michel Montignac). Ciò però ha portato ad eliminare dalle diete anche alimenti dalle buone qualità nutritive, che anche avendo un IG relativamente elevato, è stato dimostrato che:

  • non causano un impatto violento sulla glicemia se consumati in quantità moderate,
  • oppure non portano ad un impatto rilevante se consumati in quantità basse,
  • oppure ancora, contengono una percentuale così bassa di carboidrati che anche in dosi modeste non riescono ad incrementare significativamente i livelli di zucchero nel sangue.

(e rispetto a questo ultimo punto, devo dire la verità, anche io non mi sono mai fatta troppi problemi a mangiare un alimento che palesemente era più innocuo rispetto ad altri con lo stesso IG, come ad esempio il melone IG=103).
Infatti non si era considerato che l’indice glicemico era un valore assoluto e che questo aveva validità se i cibi venivano paragonati sulla base dello stesso contenuto di carboidrati (100 grammi). In questo modo si comprese che era fondamentale introdurre il concetto della proporzione, poiché anche cibi a IG medio o basso potevano provocare iperglicemia se assunti in quantità elevate. Si è capito che a determinare i casi di iperglicemia non era il solo cibo ad alto indice glicemico, ma la quantità ingerita di quel determinato alimento e la percentuale di carboidrati contenuti al suo interno (ad es: 64 g su 100 g totali).
Per rendere l’idea: incide più significativamente sulla glicemia un cibo a basso o medio indice glicemico consumato in grandi quantità, rispetto a un cibo ad alto indice glicemico consumato in quantità ridotte; è peggio mangiare 300g di mais rispetto a 3g di zucchero, per intenderci.
Per fare un esempio pratico: sappiamo che il peso specifico del ferro è senza ombra di dubbio superiore a quello del cotto, eppure vi farà più male un mattone che vi cade sul piede rispetto ad una vite che cade dalla stessa altezza sullo stesso piede.
Poiché gli alimenti e i pasti differiscono nel contenuto di carboidrati, ben 16 anni dopo la nascita del IG, nel 1997 alcuni ricercatori (Salmerón et al.) definirono il carico glicemico (CG) come il prodotto aritmetico dell’indice glicemico (IG) e della specifica quantità di carboidrati assunta (riferendoci di volta in volta alla quantità di cibo presa in esame). Il rapporto tra questi due dati forniva un coefficiente, che in base ad una scala di valori è stato riconosciuto come basso, moderato o alto.

Calcolatrice e tabelle nutrizionali a portata di mano!

Come si calcola il carico glicemico

CARICO GLICEMICO (CG) = (Indice glicemico x g carboidrati) / 100
La formula per calcolarlo è: GL = (indice glicemico di un alimento x la quantità di carboidrati contenuti nell’alimento) diviso 100. Maggiore è il carico glicemico maggiore è il conseguente innalzamento dei livelli glicemici e il rilascio di insulina nel sangue.
Il risultato sarà un numero che ci indicherà di volta in volta se il valore di carboidrati che stiamo per assumere sia troppo alta, e quindi considerare se mangiarne di meno o cambiare totalmente alimento.

Da 010 il carico glicemico (CG) è considerato BASSO.

Da 11 a 19 il carico glicemico (CG) è considerato MODERATO.

Da 20 in su il carico glicemico (CG) è considerato ALTO.

Facciamo qualche esempio di calcolo insieme:

Quindi, tabelle nutrizionali, elenco dell’indice glicemico e calcolatrice alla mano, ecco qualche esempio per farvi capire come si calcola:

• IG degli spaghetti = 54, contenuto di carboidrati medio = 75 %, il suo CG per 40 g è:
IG (54) x quantità di carboidrati (30 grammi su 40 di peso) / 100 = 16,2
• IG del riso bianco = 136, contenuto di carboidrati medio = 80%, il suo CG per 30 g è:
IG (136) x quantità di carboidrati (24 su 30 di peso) / 100 = 32,6 (e qui il riso si conferma nostro nemico!)
• IG del riso integrale = 72, contenuto di carboidrati medio = 80%, il suo CG per 30 g è:
IG (72) x quantità di carboidrati (24 su 30 di peso) / 100 = 17,2
• l’IG del pane bianco = 100, contenuto di carboidrati medio = 70 %, il suo CG per 40 g è.
IG (100) x quantità di carboidrati (28 su 40 di peso) / 100 = 28 (facile calcolo, con 100 e 100)
• IG dei fiocchi di mais (corn flakes) = 91, contenuto di carboidrati = 90 %, il suo CG per 25 g è:
IG (91) x quantità di carboidrati (22,5 su 25 di peso) / 100 = 20,4
• IG delle patate = 80, contenuto di carboidrati = 20 %, il loro CG per 100 g è:
IG (80) x quantità di carboidrati (24 su 120 di peso) / 100 = 19,2 (questo è un esempio di alimento da rivalutare, in quantità moderate, le patate sono permesse)
• IG dei fagioli = 30, contenuto di carboidrati = 60 %, il loro CG per 100 g è:
IG (30) x quantità di carboidrati (60 su 100 di peso) / 100 = 18 (qui, invece, scopriamo che bisogna stare attenti ai fagioli!)
• IG della Coca Cola = 70, contenuto di carboidrati = 10,5 % (ml), il suo CG per 300 ml è:
IG (70) x quantità di carboidrati (31,5 su 300 ml) / 100 = 22 (quindi giusto un mezzo bicchiere se proprio non potete farne a meno)
• IG della pera = 38, contenuto di carboidrati = 15 %, il suo CG per 300 g è:
IG (38) x quantità di carboidrati (45 su 300 di peso) / 100 = 17,1
• IG del glucosio = 100, per ottenere una quantità dal carico glicemico medio potrò consumarne al massimo circa 19 g.
IG (100) x quantità di carboidrati (19) / 100 = 19
Qualsiasi alimento con IG = 0 avrà sempre CG = 0, ovviamente.

Questi esempi, ci tengo a dirlo, sono puramente esplicativi; come ho già detto ognuno ha una sensibilità glicemica personale e se per alcuni già un carico glicemico (CG) inferiore a 19 può rivelarsi alto, per altri, anche superato questo valore, il CG può considerarsi ancora medio, quindi, non mi stancherò mai di dirlo: vi consiglio caldamente di parlarne con il vostro medico e di fare qualche valutazione insieme prima di lanciarvi in calcoli sfrenati o mangiare patate tutti i giorni.
La sensibilità dei tessuti insulino-dipendenti può dipendere da vari fattori, come appunto la predisposizione individuale, il livello di massa muscolare, il regime nutrizionale, l’orario del giorno, lo stato di salute, lo stile di vita, il periodo successivo all’attività sportiva ecc. Ecco perché, per essere sicuri di non andare in iperglicemia, o per le persone sovrappeso o insulino-resistenti, può essere più indicato mantenersi su un carico glicemico “basso” piuttosto che “medio”.

Imprecisioni nell’INDICE GLICEMICO (IG)

L’indice glicemico di un alimento, pur esistendo delle tabelle, è un parametro un po’ difficile da stabilire con certezza, in quanto viene influenzato da numerosi fattori come ad esempio:
Manipolazione dell’alimento: tanto più un prodotto è lavorato, tanto maggiore sarà il suo indice glicemico (i vari formati di pasta, ad esempio, hanno indice glicemico diverso tra loro.
Modalità e grado di cottura: l’indice glicemico dell’alimento cresce all’aumentare del tempo e della temperatura di cottura, per questo motivo è maggiore negli alimenti cotti rispetto a quelli freschi.
Varietà e grado di maturazione: l’indice glicemico di frutta e verdura aumenta di pari passo con la maturazione del vegetale.
Inoltre, occorre tener presente, come abbiamo detto prima, che l’indice glicemico è, in alcuni casi, da non tenere troppo in considerazione perché potrebbe confonderci:
“Pur avendo lo stesso indice glicemico, le albicocche non sono come gli spaghetti!”
Infatti, nonostante l’indice glicemico sia lo stesso, per alzare la glicemia allo stesso modo, bisogna mangiare una quantità di albicocche sette volte superiore rispetto a quella di spaghetti. Infatti, nelle albicocche, la percentuale di carboidrati è particolarmente ridotta, specie se paragonata a quella contenuta nella pasta.

Quindi non devo più considerare l’IG di un alimento?

Assolutamente no, deve essere sempre tenuto presente anche l’indice glicemico di un alimento perché, innanzitutto serve per calcolare il CG e poi perché, pur presentando dei limiti, la valutazione dell’IG degli alimenti deve essere tenuta in considerazione per cari motivi.
Un diabetico, infatti, deve privilegiare i cibi a basso IG, in modo da evitare eccessivi rialzi della concentrazione ematica di glucosio, anche se è importante considerare anche il carico glicemico complessivo del pasto.
Consumare cibi a basso Indice e carico glicemico è importante anche per tenere sotto controllo fame, appetito e peso corporeo. Infatti, quando si introduce un eccesso di cibi ad elevato indice glicemico, il corpo reagisce con una forte risposta insulinica per smaltire gli zuccheri: si attiva così un’ipoglicemia transitoria che, percepita dal centro ipotalamico della fame, spinge la persona alla ricerca di cibo con lo scopo di riportare nella norma i valori glicemici (la cosiddetta fame chimica) . Si entra così in un circolo vizioso che porta ad ingrassare senza che ce ne rendiamo conto.
Bisogna valutare in aggiunta, che di fronte ad una scelta alimentare, a parità di CG è consigliabile preferire comunque l’alimento con IG più basso. Anche se i livelli di glicemia finale risultano identici per due alimenti con diverso IG, che nelle giuste proporzioni danno un CG identico, la velocità di innalzamento della glicemia è maggiore per la fonte ad alto IG.
Per la precisione, con un pari CG, il cibo ad elevato IG non indica quantità diverse o inferiori di zuccheri nel sangue rispetto al cibo a basso IG, ma serve ad indicare che la velocità con cui i livelli glicemici si innalzano è maggiore, cioè il valore della glicemia sarà lo stesso ma salirà più velocemente:
100 grammi di pere hanno lo stesso carico glicemico di circa 30 grammi di fagioli, 5 grammi di glucosio e di 8 grammi di riso bianco, ma la velocità con la quale viene raggiunto lo stesso livello di zuccheri nel sangue è maggiore per gli alimenti ad alto indice glicemico (glucosio e riso bianco) rispetto a quelli con basso indice glicemico (pera, fagioli).
Infatti un basso carico glicemico derivante da un cibo a basso indice glicemico determina un lento ingresso degli zuccheri nel sangue, e allo stesso modo risulterà lento l’abbassamento degli zuccheri stessi, in correlazione ad un intervento dell’insulina più diluito. Ciò si traduce in una prolungata sensazione di sazietà (a causa dei più lunghi processi digestivi, una maggior permanenza del cibo nel tratto gastrico ed altre cause ormonali e nervose), ed una disponibilità di zuccheri maggiormente sostenuta nel tempo. Il lento abbassamento degli zuccheri e dell’insulina favoriti da IG basso + CG basso decreta un maggior senso di sazietà e un minore stimolo della fame. Un pasto a basso IG infatti determinerà due ore di permanenza degli zuccheri nel circolo ematico, contro i pochi minuti di uno ad alto IG.

Conclusioni

In conclusione avrete notato che questi calcoli dimostrano come in relazione a cibi che vengono generalmente consumati in quantità più abbondanti (riso, pasta, pane, ecc), già quantità molto basse rispetto al consumo normale (abbiamo fatto i calcoli con 30/40g quando generalmente si viaggia sugli 80/100g) causano un innalzamento della glicemia senza fornire un buon senso di sazietà (che ci facciamo con 30g di pasta?!); al contrario, alimenti che vengono automaticamente esclusi per il loro medio/alto indice glicemico a prescindere dalla quantità assunta, possono essere riconsiderati, anche se con parsimonia, perché non particolarmente nocivi visto che sono necessarie porzioni relativamente alte per raggiungere un elevato carico glicemico (una bustina di zucchero da 5 grammi ha un CG di 3,4, quando il limite è 19). Per quanto riguarda la frutta (pere, mele, ecc), si nota che è necessario ingerirne centinaia di grammi per superare il limite del CG medio, cosa che molto probabilmente non avverrà quasi mai date le proprietà altamente sazianti di questi alimenti grazie all’elevato contenuto di acqua e di fibre.
Quindi, si potrebbe pensare che calcolare appositamente il peso di un pasto in modo che il suo CG risulti inferiore a 19/20 potrebbe rivelarsi essere la soluzione a tutto, e invece non è così poiché, oltre alla questione della tolleranza individuale, dobbiamo considerare l’accostamento di altri alimenti a quello che mangiamo (nel caso della pasta o del riso, parliamo ad esempio del sugo o del condimento), aggiunte che partecipano in ogni caso ad incrementare la glicemia; pertanto calcolare un CG in modo che risulti, ad esempio, medio, non significa che la conseguente richiesta di insulina sarà proporzionale a quella del CG in questione dal momento che non mangiamo quel pasto come “assoluto”. Inoltre abbiamo visto come sia importante non solo calcolare il CG di un alimento, ma anche continuare a tener presente il suo IG, perché la combinazione di CG basso + IG basso ci permette di mangiare di più e non incorrere nel problema della fame chimica e quindi riuscire a mantenere anche una buona forma fisica senza ingrassare!
Insomma le cose per noi diabetici non sono mai semplici, però con un po’ di attenzione, come vedete, possiamo davvero mangiare un po’ di tutto, e dobbiamo solo ringraziare i medici e la ricerca scientifica che prosegue.

Spero di avervi spiegato in modo semplice e chiaro questo argomento davvero complesso, e che la lettura sia stata utile. Alla prossima rubrica!