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Una storia di birra da raccontare…

Una storia di birra da raccontare…

Nel periodo di prosperità della Britannia romana la fabbricazione della birra

Nel periodo di prosperità della Britannia romana la fabbricazione della birra era stata tra le attività più floride, sia per i privati che per uso domestico, sia per i fabbricatori che si univano per venderla direttamente all’approvvigionamento delle legioni dell’esercito padrone.

Infatti, i legionari romani di stanza nell’attuale Regno Unito avevano imparato ad amare quella bevanda, forse più gradita della posca tradizionale.

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La posca era una bevanda romana ottenuta mescolando aceto, acqua, sale e a volte erbe spontanee. Erano i soldati, le classi inferiori e gli schiavi a berla, in quanto disprezzata dalla classe superiore.

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L’uso diffuso della posca è attestato da numerose citazioni di fonti antiche, dalla Historia Naturalis di Plinio il Vecchio alle Commedie di Plauto.

Addirittura, un decreto del 360 AD ordinò che i ranghi inferiori dell’esercito bevessero posca e vino a giorni alterni.

Questo, anche perché i Romani seguivano profondamente il mos maiorum, il nucleo della morale tradizionale della civiltà romana sta infatti nel credo nelle “usanze e costumi degli antenati”.

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Girolamo Cardano, nel suo Encomium Neronis del 1562, attribuiva la superiorità degli eserciti romani a soli tre fattori: numerosi arruolamenti, la robustezza degli uomini e la loro capacità di portare pesi elevati grazie all’allenamento, e cibi buoni come la carne di maiale salata, il formaggio, e l’uso della posca come bevanda.

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La parola posca

deriva dal latino potor “da bere”, secondo alcuni dal greco epoxos “molto acuto”.

Poiché ai greci mancava una parola per posca, le fonti scritte in greco (come Plutarco e i Vangeli) usano al suo posto la parola οξος (oxos, “aceto”), tradotto come acetum nella Bibbia Vulgata.

La parola emigrò poi in greco dal VI secolo AD, in quanto l’esercito bizantino continuò la tradizione romana di bere ciò che chiamavano phouska.

In greco vi era una bevanda simile, a base di acqua e aceto, che era chiamata oxykraton, che compare però in testi medici come curativa e non vengono indicate le proporzioni dei due ingredienti.

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Una storia di birra da raccontare…E poi…

La posca era composta da aceto di vino annacquato

e a volte anche erbe spontanee per migliorarne il gusto.

Ad esempio, gli scrittori bizantini Ezio di Amida e Paolo di Egina, nel VI e VII secolo, hanno registrato una ricetta di posca usata per scopi medicinali che includeva cumino (Carum carvi), semi di finocchietto selvatico (Fœniculum vulgare), semi di sedano (Apium graveolens var. graveolens, ovvero la specie spontanea), anice (Pimpinella anisum), timo (Thymus serpyllum), menta puleggio, prezzemolo, e infine il sale.

Plinio, nella Naturalis Historia, racconta di una posca che veniva mischiata con mirra o fiele. La mirra era usata nell’antichità per il piacere generale e come analgesico.

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La posca era una bevanda dissetante

leggermente acida, e dalle proprietà disinfettanti, anche per l’aggiunta di miele – che serviva il più delle volte per migliorarne il sapore -.

Apicio, nel De coquinaria, utilizza la posca come ingrediente di alcune sue ricette: una in particolare, chiamata Sala Cattabia,

sembra essere la ricetta da cui deriva la tradizionale panzanella, ovviamente senza il pomodoro che sarebbe stato scoperto molti secoli più tardi.

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Per preparare la Sala Cattabia

Per preparare la posca con sette parti di acqua e una di aceto. Si mette a bagno la mollica di 200 g di pane nella posca.

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Tritare poi menta puleggio, semi di cumino e finocchietto, foglie di sedano selvatico – o altre Umbelliferae naturalmente commestibili fresche,

un bulbo di Allium vineale o altro aglio selvatico, un po’ di miele e un formaggio salato.

Stemperare la salsa con un po’ di olio per ottenere una sorta di crema spalmabile.

Eleonora Matarrese – La Cuoca Selvatica

E se volete saperne di più su Eleonora…Storia e ricette per portare la natura in tavola

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Si strizza poi il pane per eliminare la posca in eccesso, si mette la mollica sul fondo di un vassoio e si ricopre con la crema.

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Il tocco finale per completare la ricetta originale?

Uno strato di neve, che veniva raccolta in questo periodo e per tutto l’inverno e conservata per esser venduta in estate, nelle bellissime neviere, e usata per raffreddare il vino e alcuni cibi come questo.

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Apicio ci dona anche un’altra ricetta, Aliter Sala Cattabia:

in un mortaio, aggiungi semi di prezzemolo o di sedano selvatico, nepetella essiccata, menta secca, zenzero, coriandolo fresco, uva schiacciata senza semi, miele, aceto, olio e vino. Schiaccia.

In un pentolino aggiungi briciole di pane di Picentium, pollo a strati, rognoni di capra, formaggio vestiniano (della costa adriatica), pinoli, cetrioli e cipolla secca tritata finemente.

Bagnare con il brodo. Completa l’ultimo strato con la neve, e servi.

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Non è meraviglioso?

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Pubblicato da Enza Squillacioti

Bio Enza da cuoca a fonte di ispirazione nella cucina e nella vita La passione per la vita all’aria aperta e la natura ha sempre caratterizzato la sua vita che, pur avendo lasciato il mondo professionale della cucina alcuni anni fa, non ha mai smesso di nutrire l’amore per il cibo, specializzata nella tradizionale cucina piemontese e italiana rustica. La sua dedizione la porta ad essere non solo un’apprezzata cuoca ma anche una stimata coach di cucina, organizzando corsi per turisti desiderosi di scoprire i segreti di piatti genuini arricchiti da erbe spontanee edibili, le cui virtù sa valorizzare nelle sue preparazioni. La decisione di coltivare un proprio orto, ponendo particolare enfasi sulle erbe aromatiche, e l’allevamento di galline, le sue “polle” per avere sempre a disposizione uova fresche, manifesta il suo profondo legame con la terra. Questa stessa passione è stata trasmessa ai suoi figli, i quali hanno abbracciato la vita agricola, dedicandosi all’allevamento di pecore e capre e alla produzione di formaggi e carni di qualità. Nel corso degli anni, ha scoperto la poesia come forma di espressione personale, nella quale riflette non solo su se stessa ma anche sulla società, condividendo poi queste riflessioni attraverso il suo blog Variabilicontaminazioni.blog che diventa punto di incontro tra la passione per la natura, l’amore per il cibo e la creatività artistica e il benessere. La sua vita è un chiaro esempio di come le passioni possano tessere assieme gli aspetti più disparati dell'esistenza, creando un tessuto ricco di esperienze e condivisioni.

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