Orecchiette – come le facciamo noi

Se si ha una certa pratica con gli impasti, fare le Orecchiette non dovrebbe risultare così difficile, con un pochino d’esercizio si dovrebbe presto arrivare a risultati soddisfacenti, Rita ha imparato non da giovanissima, partendo da presupposti che potreste leggere in Linguine con Tonno e Fantasia.

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Per preparare le Orecchiette ai fatidici quattro commensali di buon appetito occorre una oretta di tempo e

  • tre etti e mezzo di Semola di Grano duro
  • un etto di Farina 0
  • due etti circa di Acqua
  • un pizzico di Sale fino

Questa miscela di farine è solo un esempio tra i tanti possibili. Parlo di due sole “farine” ma in effetti sono tante, la classica è la sola Semola, alcuni le preferiscono la Rimacinata, quanto meno aggiunta in varie misure. Si parte, come per ogni impasto, dalla setacciatura delle farine, serve ad arieggiarle, e dalla così detta fontanella, non di tutta la farina, meglio lasciarne qualcosa meno di mezz’etto per spolverare spianatoia e mani durante il lavoro e per eventuali correzioni di consistenza. L’acqua è bene aggiungerla poco alla volta e a temperatura “d’acqua di sole”, dicevano le nonne, intendendo i circa 40°C, che s’avvertisse poco o niente. La sua quantità, da impiegare fino alla fine dell’impasto, non è definibile precisamente, quel che conta è la consistenza soda, elastica ed asciutta da raggiungere, che dipende anche dalla umidità della farina e dell’aria. Ottenuto l’impasto si lascia riposare per almeno mezz’ora in un recipiente a coppa, coperto da un piatto a perfetta tenuta o, come ormai è più pratico fare, avvolta in pellicola trasparente.

OrecchietteDa notare che la spianatoia, le mani e quant’altro, a fine lavoro tornano ad essere puliti come prima di cominciare, ogni granellino di farina è finito nell’impasto, ogni briciola è stato incorporato e se ne è persa traccia. Troppo spesso abbiamo visto “maestri”, che non esito a chiamare “cattivi maestr”, quelli si, fare impasti di cui buttano farina inutilmente e sconsideratamente imbrattata e briciole sparsi per il tavoliere, con mani alla fine impiastricciate di impasto, che, anche quello, finiscono per buttar via. Non sopporto gli sprechi, i nostri vecchi li definivano “Sckaff a Crist”, schiaffi a Cristo. Scusate la mossa d’orgoglio, ma questa è vera maestria e rispetto per i prodotti. Questo vale anche per la fase successiva

Solitamente questo tempo di riposo della pasta viene impiegato a pulire la verdura, se, come è molto probabile, queste orecchiette sono destinate a far coppia con le Cime di Rapa (cliccando troverete tutti gli articoli qui scritti su esse, compresa, qui, la pulizia). Iniziamo la formazione vera e propria delle Orecchiette, tagliando una parte dell’impasto ed ottenendone un filone dello spessore di un dito circa, da questo taglieremo dei pezzetti lunghi quanto una mezza falange, la trasformeremo in orecchietta con l’ausilio di un coltello poco tagliente dalla punta tonda e liscia e di una spianatoia o, almeno, un tagliere in legno ben liscio ma non sdrucciolevole, deve conservare e si devono avvertire moderatamente le nervature del legno. Questa operazione la descrivono meglio le immagini in sequenza ed il filmato.

Mettendo il coltello in diagonale sul pezzetto di pasta lo si struscia sopra alla superficie in legno, minimamente incipriata e spolverata di semola, schiacciando con decisione e continuità fino alla fine del pezzetto, insistendo più nella parte centrale, deve restare una sorta di minimo bordo tutt’intorno, ora con un unico movimento in continuazione con il precedente, ponendo il pollice al centro, trattenendo il pezzetto di pasta, ormai piatto e ruvido, tra questo e l’indice, copriamo lo stesso pollice con l’orecchietta a mo’ di cappello.

Esistono innumerevoli versioni dove innanzitutto alla Semola s’aggiunge altro come Farina d’Orzo e/o altre integrali e non, famosa è diventata negli ultimi tempi quella di Grano Arso, cercheremo in seguito di parlare di tutto questo, arrivando ad una particolare miscela lucana che è u Misckigle, il Miscuglio, dove sono presenti anche ceci, fave e orzo. Anche le dimensioni diventano varianti praticate, andando da “l’ Minuicchie” baresi, orecchiette molto piccole non rigirate sul pollice, agli Orecchioni, vere esagerazioni per turisti, che però hanno un fondamento nella tradizione. A Taranto e buona parte del Salento si usa fare una sola orecchietta con il doppio della pasta e la si nasconde tra le altre, porterà fortuna a chi se la troverà nel piatto, prende infatti il nome “a Furtun”. Altre forme simili di pasta prendono il nome di Skorz d’Amennl, cioè Cortecce di Mandorla, sfoglie non rigirati, Fogl d’Aulije, simili a Foglie d’Olivo,  Strascnate, cioè Strascinati, un po’ più grandi e piatti, Cavatelli, Friscidd, cioè, Maccheroncini,  ecc . . . Anche di queste speriamo di parlare presto.

Sud Italia in Cucina all’EXPO 2015

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C’hama mangià josc . . . mamm ce croc stu mangià