Napoli

I migliori sei dolci di Pasqua

Cari lettori, in questo articolo troverete una sintesi dei miei migliori sei dolci di Pasqua. Queste pietanze che vi presento sono dei perfetti esempi della pasqua tradizionale. Ogni dolce ha una sua storia e un suo valore e le preparazioni sono scritte passo passo. Cliccate sui nomi dei dolci che vi interessano per scoprirne di più:

Migliori sei dolci di pasqua

La storia dell’Uovo di Pasqua

Di seguito vi riporto anche la storia di un altro dolce tipicamente pasquale: l’Uovo di Pasqua. Sull’uovo come simbolo cristiano di vita e di Resurrezione – e, prima ancora, elemento sacro di numerosi culti pagani – molto è stato scritto, ma tutto è sintetizzabile nell’aspetto di questa pietanza: apparentemente privo di vita, come il corpo di Gesù nel sepolcro. Ma in realtà materia viva, anzi un nuova vita proprio ai suoi inizi, proprio come la Resurrezione cristiana. Da qui prese il via dunque l’usanza di regalare le uova durante la Pasqua, diffusa fin dal Medioevo in tutta l’Europa cristiana, probabilmente a partire dalla Germania. All’inizio le uova venivano bollite e avvolte in delle foglie e decorate con dei fiori. Tra i sovrani e nelle corti aristocratiche si affermò poi la moda delle uova rivestite d’oro e pietre preziose, come le famose uova Fabergé donate nel 1883 dallo zar Alessandro III alla zarina Maria.

Fonte: http://www.lacucinaitaliana.it/news/in-primo-piano/uovo-di-pasqua-storia/

L’Uovo come lo conosciamo oggi

Negli anni ’20 del XX secolo la Casa Sartorio di Torino brevettò un sistema per modellare con il cioccolato le forme vuote: “Gli stampi a cerniera chiusi e posti nella macchina, subiscono un movimento di rotazione e rivoluzione mediante il quale la pasta in essi contenuta si distende uniformemente su tutta la superficie interna. Dopo il raffreddamento le forme si tolgono intere, variandone lo spessore a seconda della quantità di pasta che si introduce negli stampi”, recitava già una pubblicazione del 1926. L’introduzione della sorpresa avviene già nel 1925, dapprima animaletti in zucchero o confetti, poi regali sempre più costosi e preziosi. Già nel 1927 le uova di Pasqua di cioccolato a Torino erano di gran moda, e da allora il loro successo non si è più fermato, fino al boom del Secondo Dopoguerra.

Fonte: http://www.lacucinaitaliana.it/news/in-primo-piano/uovo-di-pasqua-storia/

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Cibo del Carnevale Napoletano

Il Carnevale a Napoli significa essenzialmente CIBO soprattutto se dolce, quindi ecco per voi una carrellata di ricette di Carnevale tipicamente napoletane (cliccate sul nome del dolce e sarete reindirizzati alla ricetta) Migliaccio, Sanguinaccio, Chiacchiere, Graffe.

Cibo carnevale napoletano

Il Carnevale napoletano inizia il 17 Gennaio, nel giorno di Sant’Antonio Abate, detto anche Sant’Antuono e le prime informazioni sul Carnevale napoletano ci sono pervenute grazie all’opera“Ritratto o modello delle grandezze, delle letizie e meraviglie della nobilissima città di Napoli”, scritta dal nobile marchese Giovan Battista del Tufo. Egli ci informa che nel secolo XVI, la festa del travestimento era una festa riservata ai principi, ai nobili cavalieri, alle dame, alle duchesse, alle marchese e all’alta aristocrazia napoletana, la quale ben mascherata aderiva ai tornei, ai gran balli, alla caccia al toro, alle cavalcate e ai lussuosi ricevimenti organizzati dalla Corte Aragonese.
Verso il XVII secolo le mascherate esercitarono un notevole fascino anche sul popolo e il Carnevale plebeo veniva organizzato dai pescatori, macellai, pescivendoli, contadini, ecc. Nell’antichità c’era l’abitudine da parte della plebe di scendere in piazza e nei vicoli per festeggiare pubblicamente la mascherata. Il tutto era colorito dalla presenza di costumi tradizionali, da strani travestimenti, da giochi particolari, dalle orge, dai canti carnascialeschi, i quali erano osceni e ricchi di doppi sensi, e dalla rappresentazione spesso volgare delle commedie popolari. Dunque il Carnevale napoletano, come si può ben capire, aveva diverse sfaccettature; esisteva il Carnevale dei nobili, dei sovrani, il carnevale ecclesiastico (voluto e organizzato dalle autorità religiose, le quali preparavano delle processioni dove venivano inscenati atti relativi alla Morte e alla Resurrezione di Cristo), e il Carnevale privato (la festa si svolgeva nelle case private dei patrizi e il più delle volte terminava con tremende risse).
Nel regno dei Borboni, il Carnevale conobbe un momento di gran gloria; esso continuava ad essere festeggiato con sfilate, mascherate e con dei bellissimi carri allegorici molto sfarzosi, preparati in occasione della festa di Piedigrotta. Anzi molti carri, venivano arricchiti anche con squisite vettovaglie, provviste, vivande e per questo motivo, i carri subivano spesso violenti saccheggi. Durante i secoli XVII e XVIII era in voga il gioco <<dell’albero della Cuccagna>>. Nei paesini limitrofi questo gioco fu detto anche comunemente “palo di sapone”, dal momento che l’altissimo palo veniva interamente insaponato e reso scivoloso. Per cui diventava molto difficile, da parte dei concorrenti, arrampicarsi al palo, anzi l’abilità dei giocatori consisteva proprio nel riuscire a salire in cima all’albero e afferrare tutte le varie delizie che erano state messe in mostra: vini, pietanze, salumi, dolciumi, vivande, maiali, capretti, uova, formaggi, ecc; da qui si deduce pure che il termine cuccagna sta per “paese delle meraviglie, dei piacere e delle delizie”. Questo gioco rispecchia anche la specifica concezione gastronomica napoletana dell’“abbuffarsi” cioè a Napoli c’era l’usanza da parte del popolo di saziarsi abbondantemente prima di iniziare il lungo digiuno quaresimale.
Fonte:http://www.portanapoli.com/Ita/Teatro/storia.html

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Raffiuoli

Cari lettori, in vista di Capodanno vi propongo una ricetta partenopea indicata per questa festività: i Raffiuoli. Questo dolce, tipico della tradizione napoletana, deve il suo nome ai ravioli di pasta fresca imbottiti che solitamente vengono preparati al Nord Italia, infatti fu proprio a loro che nel Settecento, le monache benedettine del convento di San Gregorio Armeno, si ispirarono, dando vita a un “raviolo” dolce dal ripieno incantevole.
Si tratta di dolcetti di Pan di Spagna dalla forma ovale che possono essere ricoperti di marmellata all’albicocca e pasta reale, oppure in una seconda variante, imbottito con crema alla ricotta, chicchi di cioccolato e ricoperto di glassa bianca. Erroneamente, molti confondono la seconda versione di questo dolce con l’originale cassatina, che pur essendo molto simile non è la stessa cosa.
Io vi proporrò la versione tradizionale.
Fonte: http://www.vesuviolive.it/cultura/cucina/125334-raffiuoli-dolce-partenopeo-ispirato-dalla-cucina-del-nord/
raffiuoli
Ingredienti:
Per il pan di spagna:
-100 g di farina
-85 g di zucchero
-2 uova
-Buccia di limone grattugiata q.b.
-Vanillina
Per lo sciroppo di marmellata:
-40 g di marmellata di albicocche
-2 cucchiai di zucchero
-1 bicchierino di acqua
Per la glassa reale:
-200 g di zucchero a velo
-2 albumi d’uovo

Preparazione:
Sbattere i tuorli con lo zucchero, aggiungere la farina setacciata, la vanillina e la buccia di limone. A parte montare a neve gli albumi e incorporarli delicatamente all’impasto. Foderare una teglia con carta da forno e versare l’impasto in una tasca da pasticciere. Con la sacca fare una striscia lunga circa 6 cm, senza spezzare l’impasto porre una seconda striscia sulla prima (una sopra l’altra) e continuare in questo modo (distanziandole) fino all’esaurimento del’impasto. Infornare a 180 gradi per 15 minuti. Lasciar raffreddare.
Da parte preparare la glassa (che può essere liberamente colorata) montando a neve 2 albumi con lo zucchero a velo. Spalmare la glassa sulla superficie inferiore dei Raffiuoli e lasciarla rassodare.
Da parte, in un pentolino, riscaldare la marmellata con 2 cucchiai di zucchero e 1 bicchierino di acqua. Rigirare i Raffiuoli e spennellare l’altra superficie con lo sciroppo di marmellata. Lasciar asciugare.

Pandoro alla napoletana

Cari lettori, oggi vi propongo il Pandoro alla Napoletana, una versione partenopea simile a quella veronese ma che elimina i procedimenti di lievitazione. Prima di passare alla ricetta però diamo un’occhiata alla storia del Pandoro classico.
Questa è una golosità tipica veronese, delicata, soffice, “cresciuta”, che ha trovato un posto d’onore sulle tavole italiane di Natale. La sua storia è ricca di aneddoti e leggende. L’attuale versione del pandoro risale all’ottocento come evoluzione del “nadalin”, il duecentesco dolce della città di Verona. Il suo nome e alcune delle sue peculiarità risalirebbero invece ai tempi della Repubblica Veneziana (prospera nel Rinascimento fino all’esibizionismo grazie al commercio marittimo con l’oriente), dove sembra fra l’offerta di cibi ricoperti con sottili foglie d’oro zecchino, ci fosse anche un dolce a forma conica chiamato “pan de oro”. Un’altra storia assegna la maternità del pandoro alla famosa brioche francese, che per secoli ha rappresentato il dessert della corte dei Dogi.
In ogni caso c’è una data che sanziona ufficialmente la nascita del pandoro, il 14 ottobre 1884, giorno in cui Domenico Melegatti depositò all’ufficio brevetti un dolce dall’impasto morbido e dal caratteristico stampo di cottura con forma di stella troncoconica a otto punte, opera dell’artista Dall’Oca Bianca, pittore impressionista.
Fonte:http://www.taccuinistorici.it/ita/news/moderna/dolci/pandoro-della-Serenissima.html

pandoro alla napoletana

Ingredienti (stampo da 22 cm):
-150 g di semola
-180 g di zucchero
-100 g di farina di mandorle
-4 uova
-200 g di burro
-100 g di bucce candite o gocce di cioccolato
-Vanillina
-Buccia grattugiata di un limone
-Zucchero a velo q.b.
-1 bustina di lievito per dolci

Preparazione:
Sbattere il burro fuso con lo zucchero. Unire un uovo alla volta, la buccia di limone e la vanillina. Amalgamare bene e aggiungere al composto la semola, la farina di mandorle, le gocce di cioccolato e il lievito setacciato. Imburrare e infarinare lo stampo e infornare a 180 gradi per circa 30 minuti. Completare con zucchero a velo.

Mostaccioli Napoletani

Cari lettori, continuiamo la carrellata di ricette natalizie con i Mostaccioli Napoletani.
La parola Mostacciolo è molto antica e deriva dal latino “mustaceum”, che indicava una focaccia dolce tra i cui ingredienti figurava il mosto d’uva cotto su foglie di lauro.
Per tradizione, il mostacciuolo era offerto ai convitati al momento della partenza, un ultimo segno di attenzione all’ospite che si congedava.
La prima descrizione dei “mustacei” ce la dà Catone nel “De Agricoltura” e sono citati pure da Giovenale e Cicerone. Oggi, praticamente quasi ogni regione italiana ha elaborato una propria ricetta di mostacciuoli, quelli più vicini alla tradizione antica sono, probabilmente, gli abruzzesi, a base di farina, miele e mosto ben cotto; i pugliesi, che però utilizzano il cotto di fichi al posto del mosto ed i ben noti “mustazzola” di Ragusa (Sicilia), preparati all’antica, con farina, vin cotto e poi irrorati di miele fuso e mandorle tritate. Ancora oggi questi dolci si mangiano per le feste di Natale e sono particolarmente richiesti per festeggiare l’anno nuovo.
mostaccioli napoletani

Ingredienti:
-500 g di farina
-500 g di zucchero
-175 g di farina di nocciole
-Cannella q.b.
-Scorza di arancia e limone grattugiata
-Un pizzico di sale
-Miele q.b.(circa 200 ml)
-Acqua tiepida q.b.( circa 150 ml)
-400 g di cioccolato fondente
-2 cucchiaini di zucchero a velo
-Latte tiepido q.b.
-1 bustina di lievito per dolci

Preparazione:
Disporre la farina a fontana e in mezzo aggiungere zucchero, farina di nocciole, aromi, miele, sale, acqua tiepida e lievito. Impastare il tutto fino ad ottenere una pasta morbida (non si dovrà lavorare molto). Ricavare dall’impasto dei piccoli rombi da disporre, uno distante dall’altro, su una teglia rivestita di carta da forno. Cuocere a 180 gradi per circa venti minuti. Una volta cotti e raffreddati,sciogliere il cioccolato sul fuoco con un pò di latte tiepido e lo zucchero a velo. Versare la glassa al cioccolato sui mostaccioli e lasciar raffreddare a temperatura ambiente.

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