Natale

Cotechino in crosta

Cari lettori la proposta di oggi riguarda un secondo trasformato in un rustico: il Cotechino in Crosta. Se vi è avanzato del Cotechino dopo le vacanze vi consiglio di cucinarlo in questo modo veloce, economico e buono!
Il cotechino Deve il suo nome alla cotica, la cotenna di maiale, e prende nomi locali a seconda della zona in cui viene prodotto. La tradizione vuole che sia il piatto che si consuma il primo giorno dell’anno (o l’ultimo) accompagnato dalle lenticchie.
Il cotechino molto più antico dello zampone,è nato come insaccato povero: veniva consumato abitualmente col minestrone e con la zuppa di legumi. Lo facevano, ovviamente a mano, i “lardaroli e salsicciari” modenesi, gli ex “beccai”, che si riunirono in corporazione autonoma solo a partire dal 1547. Ma è di circa duecento anni dopo: del 1745 la prima citazione ufficiale del cotechino: in un “calmiere” ne viene indicato il prezzo, e la prima ricetta compare l’anno successivo. Praticamente l’altro ieri, se si pensa che la prima raffigurazione di un salame è stata trovata a Tebe nella tomba di Ramsete II, e risale al 1166 a.C.
La vera nobiltà culinaria il cotechino l’acquisisce però soltanto all’inizio del secolo scorso: nel 1910 il grande Pellegrino Artusi dedica al “Cotechino Fasciato” la ricetta n. 322 del suo famosissimo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, arrivato in meno di vent’anni a ben 13 edizioni.
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Cotechino
http://www.cotechino.it/origine.htm
cotechino in crosta
Ingredienti:
-1 cotechino precotto
-1 rotolo di pasta sfoglia
-Verza o biete a foglie larghe q.b.
-Sale q.b.
-Olio evo q.b.

Preparazione:
Bollire il cotechino come riportato sulla confezione. Dopo la cottura privarlo della pelle e farlo raffreddare. Nel frattempo sbollentare qualche foglia di verza o bieta.
Stendere la pasta sfoglia e bucherellarla, ricoprirla con le foglie di bieta o verza aggiustando di sale e pepe. Porre il cotechino nella parte iniziale della sfoglia e avvolgere come si fa con un rotolo. Cuocere in forno a 180 gradi per 35-40 minuti.

Raffiuoli

Cari lettori, in vista di Capodanno vi propongo una ricetta partenopea indicata per questa festività: i Raffiuoli. Questo dolce, tipico della tradizione napoletana, deve il suo nome ai ravioli di pasta fresca imbottiti che solitamente vengono preparati al Nord Italia, infatti fu proprio a loro che nel Settecento, le monache benedettine del convento di San Gregorio Armeno, si ispirarono, dando vita a un “raviolo” dolce dal ripieno incantevole.
Si tratta di dolcetti di Pan di Spagna dalla forma ovale che possono essere ricoperti di marmellata all’albicocca e pasta reale, oppure in una seconda variante, imbottito con crema alla ricotta, chicchi di cioccolato e ricoperto di glassa bianca. Erroneamente, molti confondono la seconda versione di questo dolce con l’originale cassatina, che pur essendo molto simile non è la stessa cosa.
Io vi proporrò la versione tradizionale.
Fonte: http://www.vesuviolive.it/cultura/cucina/125334-raffiuoli-dolce-partenopeo-ispirato-dalla-cucina-del-nord/
raffiuoli
Ingredienti:
Per il pan di spagna:
-100 g di farina
-85 g di zucchero
-2 uova
-Buccia di limone grattugiata q.b.
-Vanillina
Per lo sciroppo di marmellata:
-40 g di marmellata di albicocche
-2 cucchiai di zucchero
-1 bicchierino di acqua
Per la glassa reale:
-200 g di zucchero a velo
-2 albumi d’uovo

Preparazione:
Sbattere i tuorli con lo zucchero, aggiungere la farina setacciata, la vanillina e la buccia di limone. A parte montare a neve gli albumi e incorporarli delicatamente all’impasto. Foderare una teglia con carta da forno e versare l’impasto in una tasca da pasticciere. Con la sacca fare una striscia lunga circa 6 cm, senza spezzare l’impasto porre una seconda striscia sulla prima (una sopra l’altra) e continuare in questo modo (distanziandole) fino all’esaurimento del’impasto. Infornare a 180 gradi per 15 minuti. Lasciar raffreddare.
Da parte preparare la glassa (che può essere liberamente colorata) montando a neve 2 albumi con lo zucchero a velo. Spalmare la glassa sulla superficie inferiore dei Raffiuoli e lasciarla rassodare.
Da parte, in un pentolino, riscaldare la marmellata con 2 cucchiai di zucchero e 1 bicchierino di acqua. Rigirare i Raffiuoli e spennellare l’altra superficie con lo sciroppo di marmellata. Lasciar asciugare.

Pandoro al Tiramisù

Cari lettori, oggi vi propongo una ricetta di riciclo per il pandoro che può essere anche una buona idea per iniziare il nuovo anno in modo diverso: il Pandoro al Tiramisù.
Prima della ricetta vi racconto brevemente la storia del mascarpone. Originario della Lombardia, oggi prodotto in varie zone d’Italia, il Mascarpone classificato tra i latticini è crema di latte vaccino acidificata, ottenuta dalla panna o crema di latte.
Il nome Mascarpone o Mascherone, verrebbe fatto derivare dall’espressione utilizzata nel ‘200 da un nobile spagnolo che, assaggiando per la prima volta il latticino avrebbe esclamato: “Mas que bueno” cioè “Più che buono”. Un’altra ipotesi forse più accreditata ricondurrebbe il termine alla parola “mascherpa” o “mascarpia” che in dialetto lombardo indica la Ricotta.
Le sue origini restano sconosciute, anche se la produzione e il consumo risalgono al XII sec.
Fonte: http://www.taccuinistorici.it/ita/news/medioevale/latticini—uova/mascarpone-il-Mas-que-bueno.html
pandoro al tiramisù
Ingredienti:
-1 pandoro
-500 g di mascarpone
-3 uova
-Cacao amaro q.b.
-Gocce di cioccolato fondente q.b.
-Latte tiepido q.b.
-Caffè q.b.
-100 g di zucchero + 1 cucchiaio per la pastorizzazione delle uova

Preparazione:
Tagliare orizzontalmente delle fette di pandoro non troppo sottili, altrimenti la struttura crollerà. Da parte preparare la crema al mascarpone: montare i tuorli con 50 g di zucchero. Da parte far bollire 4 cucchiai d’acqua con mezzo cucchiaio di zucchero fino a quando raggiunge la temperatura di circa 120 gradi. A questo punto unire l’acqua ai tuorli. In un’altra ciotola montare a neve ferma gli albumi, aggiungere il restante zucchero e ripetere lo stesso processo di pastorizzazione avvenuto con i tuorli. Unire gli albumi ai tuorli delicatamente e aggiungere il mascarpone.
In un pentolino riscaldare un po’ di latte a cui successivamente unire un’abbondante quantità di caffè. Bagnare la fetta di pandoro più grande, che sarà la base, con il latte e caffè. Cospargerla con la crema al mascarpone (mi raccomando di non esagerare sia con la bagna che con la crema) e distribuire le gocce di cioccolato. Continuare in questo modo fino a quando non si giunge alla cima del pandoro, la fetta più piccola, sulla quale versare al centro un pò di crema al mascarpone completando con cacao amaro.

Torta di Natale con frutta esotica

Cari lettori a Natale si usa mangiare la frutta esotica e in Inghilterra è stata inventata, un pò di anni fa, una torta che contenessi questo genere di frutta, parlo della Torta di Natale con frutta esotica. Prima di passare alla ricetta vi racconterò la storia dei datteri, uno degli ingredienti principali di questa pietanza.
La palma da datteri ha origine africana e mediorientale. Il suo nome proviene dal greco “daktilos” (dito) per la forma che ricorda una falange ed è considerata la prima pianta coltivata dall’umanità.
Già nell’Egitto dinastico era un albero apprezzato per i suoi frutti molto energetici (70% zuccheri del peso, sali minerali e vitamine), mangiati freschi o secchi.
Presso i romani i datteri venivano anche utilizzati per aromatizzare il vino, per fare dolci, e per produrre con la loro fermentazione bevande alcoliche. A questa pianta i latini attribuivano valori simbolici di onore e vittoria, perché pur gravata dal peso consistente dei suoi frutti non si piegava, ma anzi cercava disperatamente di ergersi verso l’alto. In epoca imperiale si usava donare un ramo di palma ai grandi attori, auriga o gladiatori, e anche Cristo entrando a Gerusalemme per compiere il suo destino fu festeggiato con foglie di palma.
Un medico arabo dell’antichità attribuiva ai datteri la virtù di rendere agili e forti i popoli nomadi, che se ne nutrivano durante le traversate del deserto.
Nei ricettari medievali e rinascimentali era presente non soltanto quale frutto servito a fine pranzo, ma anche come ingrediente fondamentale di vivande complesse, quali torte e pasticci, spesso in unione con altri ingredienti salati.
Torta di Natale con frutta esotica

Ingredienti (stampo da crostata):
-2 rotoli di pasta brisè
-3 banane
-12 datteri
-1 ananas
-50 g di zucchero
-Succo di un limone

Preparazione:
Tagliare a fette l’ananas, privarla della scorza e della parte centrale. Tagliare le fette a pezzettini. Privare i datteri del nocciolo e tagliare ognuno a pezzetti. Raccogliere in una ciotola le banane (tagliate a pezzi) con l’ananas e i datteri. Irrorare la frutta con il succo di limone e mescolare con lo zucchero e lasciare macerare per 30 minuti. Foderare lo stampo con carta forno e stendere il primo rotolo di brisè praticando dei fori. Sgocciolare la frutta e distribuirla all’interno della brisè. Ricoprire con l’altro rotolo di brisè praticando dei fori. Infornare a 170 gradi per 40 minuti.

Pandoro alla napoletana

Cari lettori, oggi vi propongo il Pandoro alla Napoletana, una versione partenopea simile a quella veronese ma che elimina i procedimenti di lievitazione. Prima di passare alla ricetta però diamo un’occhiata alla storia del Pandoro classico.
Questa è una golosità tipica veronese, delicata, soffice, “cresciuta”, che ha trovato un posto d’onore sulle tavole italiane di Natale. La sua storia è ricca di aneddoti e leggende. L’attuale versione del pandoro risale all’ottocento come evoluzione del “nadalin”, il duecentesco dolce della città di Verona. Il suo nome e alcune delle sue peculiarità risalirebbero invece ai tempi della Repubblica Veneziana (prospera nel Rinascimento fino all’esibizionismo grazie al commercio marittimo con l’oriente), dove sembra fra l’offerta di cibi ricoperti con sottili foglie d’oro zecchino, ci fosse anche un dolce a forma conica chiamato “pan de oro”. Un’altra storia assegna la maternità del pandoro alla famosa brioche francese, che per secoli ha rappresentato il dessert della corte dei Dogi.
In ogni caso c’è una data che sanziona ufficialmente la nascita del pandoro, il 14 ottobre 1884, giorno in cui Domenico Melegatti depositò all’ufficio brevetti un dolce dall’impasto morbido e dal caratteristico stampo di cottura con forma di stella troncoconica a otto punte, opera dell’artista Dall’Oca Bianca, pittore impressionista.
Fonte:http://www.taccuinistorici.it/ita/news/moderna/dolci/pandoro-della-Serenissima.html

pandoro alla napoletana

Ingredienti (stampo da 22 cm):
-150 g di semola
-180 g di zucchero
-100 g di farina di mandorle
-4 uova
-200 g di burro
-100 g di bucce candite o gocce di cioccolato
-Vanillina
-Buccia grattugiata di un limone
-Zucchero a velo q.b.
-1 bustina di lievito per dolci

Preparazione:
Sbattere il burro fuso con lo zucchero. Unire un uovo alla volta, la buccia di limone e la vanillina. Amalgamare bene e aggiungere al composto la semola, la farina di mandorle, le gocce di cioccolato e il lievito setacciato. Imburrare e infarinare lo stampo e infornare a 180 gradi per circa 30 minuti. Completare con zucchero a velo.