Galette rustica con cipolline e zucca al miele, provolone e nocciole croccanti.

La parola “galette” nell’immaginario comune è associata d’abitudine alla classica crepe bretone di grano saraceno mentre per i paesi anglosassoni la galette rustica è in realtà una torta, dolce o salata, preparata però senza l’aiuto di uno stampo.
La pasta si stende direttamente sulla carta forno per poi racchiudersi attorno a una farcia fatta di stagioni, ingredienti amati e profumi inebrianti.
Una preparazione che di per sè, nella sua piacevole imprecisione, non pretende nulla ma che una volta sfornata racchiude tutta la semplicità delle cose buone fatte in casa che ti riempiono la pancia e il conforto di quel ci rassicurante che ti scalda il cuore.

Era da tempo che avevo davvero voglia di portarne una in tavola e così, quasi fuori tempo massimo, ho deciso di prepararla per un delizioso contest che celebra tanti ingredienti che amo visceralmente.
Un’ode al bosco e a tutte le preziose meraviglie che ci offre in dono da “tessere” in cucina con alcuni degli ingredienti che meglio lo rappresentano.
Rustica e vera come una passeggiata nelle quiete genuina di un bosco tinto dall’autunno di quelle calde tonalità da cui farsi pervadere gli occhi la mia galette mescola il sapore dolce di cipolline, zucca e miele di acacia alle note piccanti del provolone valpadana e al gusto “grezzo” delle farine integrali del guscio di pasta.

PER 4 PERSONE:
per la pasta:
150 gr. di farina integrale 
50 gr. di farina integrale per polenta istantanea 
120 ml. di acqua fredda
40 ml. di olio extra vergine di oliva
2 pizzicotti di sale integrale

per il ripieno:
5 fette di zucca delica
20 cipolline Borettane
2 cucchiaini di miele millefiori o di acacia
120 gr. di provolone valpadana D.O.P. piccante
20 gr. di nocciole
olio extra vergine di oliva q.b.
sale integrale q.b.
pepe nero q.b.

galette rustica intera

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Confettura di pere cotogne, la cotognata dei ricordi.

Capita spesso che mia mamma racconti, sospirando, di quando bambina gioisse con l’acquolina in bocca per un piccolo pezzo di cotognata.
Le sue parole hanno un po ‘il sentore di un gusto perduto, di una felicità perle  piccole cose che oggi ci sfugge di mano.
Quante sono le leccornie che oggigiorno ci fanno letteralmente leccare i baffi?
Con quale facilità ce le possiamo assaporare in tutta la loro bontà?
Ma il loro gusto però avrà lo stesso sapore di quel pezzettino di cotognata che di tanto in tanto mia mamma si vedeva regalare?
Sempre più spesso mi ritrovo a pensare che siamo dei privilegiati che hanno però perso il privilegio speciale del gusto della rarità.

“Raro è trovare una cosa speciale
nelle vetrine di una strada centrale
Per ogni cosa c’è un posto
ma quello della meraviglia
è solo un po’ più nascosto.”
(Il negozio di antiquariato – Niccolò Fabi)

Capita per fortuna, grazie a un gesto generoso, di portarti a casa un cesto di splendide pere cotogne e veloce il tuo pensiero vola verso quei racconti nostalgici per farti poi decidere in un batter d’occhio di provare a regalare un po’ di quel tempo passato e di quella meraviglia che il crescere ha forse solo un po’ nascosto.

Pere-cotogne per cotognata

Mia mamma vi suggerirebbe di mangiare la cotognata proprio come quando era bambina, a piccoli pezzetti in tutta la sua semplice bontà.
Io vi posso però assicurare che in abbinamento a dei buoni formaggi è davvero deliziosa e sulla vostra tavola avrà vita breve.

A voi la scelta.

 INGREDIENTI:
1 kg. di pere cotogne (al netto degli scarti)
1 limone
400 gr. di zucchero 
1/2 bicchiere di acqua

Cotognata

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Purè di ceci e cannellini.

Inizia oggi, per il Calendario del Cibo Italiano, una settimana “dedicata a…” che mi sta davvero a cuore.
Per la FAO è il loro anno.
Trecentosessantacinque giorni per vincere una sfida davvero unica: incoraggiare connessioni all’interno della catena del cibo con il più che lodevole intento di fare un miglior uso delle loro proteine.
Sto parlando dei legumi.
Un super food inaspettatto di cui potrete leggere notizie, curiosità e ricette nell’articolo che mi vede orgogliosa ambasciatrice per l’Aifb (per leggere l’articolo clicca QUI).

Io però tra le righe del mio diario di cucina vi parlerò di comfort food semplicemente perchè i legumi per me sono buoni per la pancia ma anche per il cuore.
I legumi sanno di famiglia.
Adesso che le giornate uggiose e fredde torneranno a farci compagnia io immagino un coccio fumante su una tavola apparecchiata e un mestolo che riempie di zuppa piatti pronti per essere gustati tra una chiacchiera e l’altra di persone che, con la gioia di essere di nuovo insieme, si raccontano della loro giornata quasi pronta a volgere al termine (per la mia ZUPPETTA DI LEGUMI clicca QUI).
E proprio mentre scrivo ripenso all’espressione soddisfatta di mio papà quando la sera lo chiamavo dalla cucina e, raccomandandomi di fare attenzione perchè scottava, gli servivo un bel piatto di zuppa, di quelle dense e corpose come piacevano a noi.
Oggi che vivo sotto un altro tetto quelle zuppe non ce le assaporiamo più insieme ma continuiamo ad amarle allo stesso modo.
I legumi fanno bene anche ai ricordi.

Sull’onda del cibo che conforta ho pensato allora a un purè speciale per celebrare questa settimana di bontà e benessere.
Amato da grandi e piccini scalda il cuore e riempie la pancia forchettata dopo forchettata.
Certo è un vero e proprio pieno di carboidrati ma una parte delle patate può però essere sostituita senza problemi da legumi che, una volta frullati, lo renderanno comunque cremosissimo e scioglievole al palato.
…e il pieno questa volta sarò anche di proteine!

 

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:
175 gr. di cannellini secchi
175 gr. di ceci secci
2 patate medie
4 cucchiai di olio extra v ergine d’oliva
1 piccolo rametto di rosmarino
1 cucchiaio di mandorle a scaglie
1 cucchiaio di pinoli
sale q.b.
pepe nero q.b.
foglioline di salvia per decorare

Purè di ceci e cannellini

Purè di ceci e cannellini

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Tapas per il ritorno del malgaro.

Quando ho letto TAPAS, tema della sessantesima sfida firmata Mtc proposto da Mai, ho fatto un salto di gioia; amo la Spagna fin dai tempi in cui, scolaretta adolescete, la visitai per la prima volta in gita scolastica.
Entusiasta e curiosa mi metto a leggere le righe della cara Van Pelt: panico!
Iniziano i sudori freddi.
Non solo tre ricette (in ordine di lettura: tapas, pinchos e montaditos) ma anche un filo conduttore a “farle prendere per mano”.
Ah, l’autunno! Sì dai, è autunno.
Ma no, facciamo la zucca! Io adoro la zucca.
Uhm, però anche le castagne! Se papà va per castegne potrei cogliere la palla al balzo.

” …vi prego di mettere in moto la fantasia, perche’ non vorremmo vedere una sfilza di temi sulle zucche, sulle castagne e sull’autunno.”

“…vi prego di mettere in moto la fantasia, perche’ non vorremmo vedere una sfilza di temi sulle zucche, sulle castagne e sull’autunno.”

“…vi prego di mettere in moto la fantasia, perche’ non vorremmo vedere una sfilza di temi sulle zucche, sulle castagne e sull’autunno.”

Stile grillo parlante, le parole di Alessandra hanno iniziato a rimbombare nella mia testa per un po’ di giorni tra un vuoto di idee e l’altro fino a farmi arrivare alla rasseganzione più totale.

Questa sfida non s’ha da fare.
Il verdetto finale.

Capita poi, però, di ritrovarsi a passeggiare tra le bancarelle del Marchè au Fort, nella suggestiva cornice del borgo medievale di Bard che ogni anno ospita le miglori accellenze della produzione enogastronomica della Valle d’Aosta, e iniziare ad avere la sensazione del possibile accendendersi di una lampadina tra ceste di patate, cavoli, cipolle e castagne, sfilze di forme di formaggi tipici, pani e pagnotte di ogni sorta.

Le montagne e i suoi malgari, figure d’altri tempi che solitarie, e nell’immaginario collettivo forse un po’ burbere, lasciano il fondo valle a inizio estate per farvi ritorno soltanto la prima decade di settembre.

Collage montagna

« …La realtà degli alpeggi è costituita da luoghi, persone, tradizioni, formaggi (e altri latticini) che – per quanto assimilati da elementi comuni – presentano molte diversità tra loro, non solo nel confronto tra regione e regione, ma spesso nell’ambito di una stessa valle. Ogni alpeggio presenta elementi di interesse ambientale, culturale, caseario. Leggere questa ricchezza di espressioni consente di apprezzare come l’uomo alpino, alle prese con il problema di ricavare preziose derrate alimentari in un ambiente difficile, abbia saputo escogitare complessi sistemi di colonizzazione pastorale adattati alle condizioni ambientali… ».
(“FORMAGGI D’ALTURA” – Beppe Caldera
Saggio introduttivo di Michele Corti,
docente di Sistemi zootecnici e pastorali all’Università di Milano)

Mucca alpeggio

I mesi in malga sono scanditi dai tempi e dalle esigenze del bestiame che i malgari hanno scelto di accudire con passione, le giornate in alpeggio sono fatte di levatacce, lavoro duro e costante che ci sia il sole a splendere alto in cielo o la piogga battente a cadere a terra.
Ma a questi mesi di fatica intensa e lontananza segue il lieto ritorno fatto di abbracci agli affetti più vicini con, di tanto in tanto, una banda di paese che suona a festa.

Collage alpeggio

Ho pensato allora di far avvicinare due mondi lontani per geografia e abitudini: quello dell’ir de tapas o tapeo, vero e proprio consumo ambulante e festaiolo di locale in locale di stuzziccanti assaggi tipico dell’ora dell’aperitivo o dei fine settima iberici, e quello montano fatto di silenziose e laboriose assenze e di emizionati ritorni.
Ho provato a immaginare una storia, perchè il bello della cucina è anche quello di potersi inventare storie deliziose e magari anche un po’ inverosimili: la storia del malgaro che dopo mesi  ritorna a valle con il suo bestiame dove viene accolto dal calore della confortante cucina di casa e ritrova ai tavoli di una vecchia osteria volti consociuti davanti a un piatto di buon cibo e un bicchiere di ottimo vino.

…e qui entra in gioco il tema della sfida.

Ho pensato che ad accogliere il nostro laborioso malgaro ci fosse una tavola imbandita, oltre che di sorrisi, di piatti e pietanze con le famose tipicità delle tapas spagnole ma con i sapori e gli ingredienti di una cucina a lui molto più familiare.
In fondo la microporzione di un buon piatto, una piccola squisitezza rigorosamente “infilazata” con uno stecchino e una fetta di buon pane arricchita di gustosi ingredienti per “far gola” al palato possono essere facilmente declinate in versione “montanara” se nella borsa della spesa ci finisco gli ingredienti giusti.

Alpeggi, malgari e buon latte hanno per me come comune denominatore il Formaggio, quello che la lettera maiuscola se la merita di gran onore perchè ogni assaggio ti fa capire che per fortuna i sapori autentici non sono andati del tutto perduti.

Tapas, pinchos e montaditos.
Bruss di capra, Castelmagno stagionato e Fontina d’alpeggio.
Patate, castagne, cavolo nero, cipolle, miele e pane di segale a completare i sapori con i giusti abbinamenti.
Il malgaro è finalmente tornato e quell’altra parte della sua montagna è pronta ad accoglierlo offrendogli piatti preparati con ingredienti semplici ma ricchi di sapori intensi fatti della stessa pasta della sua vita scandita da giornate di duro lavoro, autentiche e senza troppi fronzoli.

Tapas per Mtc 60

Il ritorno del malgaro, i formaggi d’altura e la cucina di montagna.
Tre fili conduttori che a loro volta si intrecciano e si incastrano alla perfezione. (altro…)

Gnocchi di patate e nocciole ripieni di toma di Lanzo.

La sfida è ufficialmente la numero CINQUANTANOVE (#mtc59) ma per me si tratta in realtà del secondo round.

…e che round!!!
Se con la PIZZA della sfida numero CINQUANTOTTO(#mtc58) la felicità era velata da una certa ansia da prestazione con gli GNOCCHI di patate proposti da Annarita nel suo delizioso BOSCO DI ALICI la gioia ha preso ben stretta per mano una piacevole sensazione di tranquillità.
In famiglia gli insuperabili gnocchi di nonna Teresa sono apprezzati da tutti e io, che fin da bambina mi divertivo a mettermi in piedi su una sedia della cucina per guardarla mentre li preparava, da qualche anno a questa parte amo mettere le mani in pasta perchè più passa il tempo più mi rendo conto che fanno parte delle mie ricette del cuore.
Quelle ricette che ti fanno emozionare sulla scia immagini che capisci essere incancellabili nelle tante pagine dei ricordi di cui si riempie la vita.

Tre sono le possibilità per mettersi in gioco.
Dagli gnocchi classici, ai succulenti gnocchi ripieni fino agli insoliti gnocchi preparati con farine meno convenzonali.
Io che ho sempre preparato i classici gnocchi di patate ho deciso di proporre una bella miscellanea delle altre due alternative suggerite da Annarita.
Mi sono così ritrovata a spadellare “cicciosi” gnocchi arricchiti con farina di farro e prelibate tonde gentili delle Langhe finemente tritate nell’impasto e resi ancora più succulenti da un filante ripieno di toma delle valli di Lanzo.
…il mio amore incondizionato per i sapori piemontesi emerge sempre di più.

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:
600 gr. di patate di Mombarcaro
60 gr. di farina di farro
60 gr. di nocciole tritate finemente
(tonda gentile delle Langhe)

1 uovo 
80/100 gr. di toma di Lanzo
60/70 gr. di burro
foglie di salvia fresca q.b.
pepe nero q.b.
50 gr. di nocciole spezzettate grossolanamente
(tonda gentile delle Langhe)

sale q.b.

Gnocchi di patate e nocciole ripieni di toma

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