La pastiera napoletana (o semplicemente pastiera o come la chiamiamo dalle mie parti nel salernitano pizza di grano) è un dolce campano tipico del periodo pasquale, è una torta di pasta frolla farcita con un impasto a base di ricotta, frutta candita, zucchero, uova e grano cotto. La pasta è croccante mentre il ripieno è morbido, ha un colore giallo oro molto intenso. Il profumo e il sapore cambiano a seconda delle spezie e degli aromi utilizzati durante la preparazione. Nella ricetta classica gli aromi utilizzati sono cannella, canditi, scorze d’arancia, vaniglia e acqua di fiori d’arancio. Ci sono numerose varianti alla ricetta classica come quella dell’aggiunta di crema pasticcera o cacao nell’impasto interno, nel Salernitano esiste anche una variante con il riso utilizzata al posto del grano(che un tempo veniva coltivato proprio in zona) ed una versione con crema pasticcera nel ripieno. La pastiera viene preparata anche nel basso lazio e nella provincia di Reggio Calabria. Ha avuto il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale campano. Le massaie campane la preparano il giovedì santo o il venerdì santo, per poi consumarla il giorno di Pasqua, la pastiera va consumata dopo uno o due giorni, ma ormai è possibile trovarla tutto l’anno nelle pasticcerie. Questa che vi presento è la mia ricetta di famiglia.
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- DifficoltàMedio
- CostoMedio
- Tempo di preparazione20 Minuti
- Tempo di cottura1 Minuto
- Porzioni10-12
- CucinaItaliana
Ingredienti
Pasta frolla
- 500 gdi farina per dolci
- 2uova intere
- 200 gdi burro (o strutto)
- 200 gdi zucchero
- 2 cucchiainidi estratto di vaniglia (o i semi di una bacca o vanillina)
- 1 pizzicodi sale
Ripieno
- 500 gdi grano cotto (1 barattolo)
- 150 gdi latte
- 30 gdi burro (o strutto)
- 600 gdi ricotta
- 360 gdi zucchero
- 5Uova
- 2fialette di aroma di fior di arancio (4 ml)
- 70 gdi scorzette di cedro candito
Per decorare
Preparazione
Per preparare la pastiera bisogna utilizzare il grano che deve essere cotto, lo si trova in commercio già cotto in barattolo. In alternativa potete preparalo in casa ( io spesso lo preparo così), mettete il grano in ammollo in acqua per 24-36 ore, cambiante l’acqua ogni 12 ore; cuocetelo poi per circa 1 ora con un pizzico di sale, se utilizzate la pentola a pressione ci vorranno 35-40 minuti.
Versate il grano in una pentola e aggiungete il latte e il burro
Fatelo cuocere mescolando spesso a fuoco medio per circa 10 minuti, fino a quando non si addensa e diventa una crema fluida.
Versatelo in una ciotola e lasciateo raffreddare completamente, raffreddandosi diventerà una crema bella densa.
Intanto preparte la pasta frolla, a mano, in planetaria o con un mixer; io utilizzo il bimby metto tutti gli ingredienti,farina, uova intere, zucchero, estratto di vaniglia, e sale e uova intere e aziono 30 secondi velocità 5.
Quando l’impasto è pronto compattatelo avvolgetelo nella pellicola e riponete in frigo per almeno 30 minuti o fino a quando dovete utilizzarla
Ora mescolate la ricotta (potete utilizzare una buona ricotta fresca di mucca, o utilizzare anche quella di pecora o utilizzarle entrambe) con lo zucchero. Io ho utilizzato la planetaria con il gancio a foglia, ma potete utilizzare anche uno sbattitiore
Quando saranno ben amalgamati aggiungete la crema di grano preparata in precedenza che deve essere completamente fredda, e mescolate
A parte sbattete le uova intere e aggiungetele alla crema di ricotta, sempre continuando a mescolare
Quando anche le uova saranno incorporate aggiungete l’aroma di fior d’arancio
in ultimo aggiungete le scorzette di frutta candita tagliate in piccoli pezzi, se non vi piacciono i canditi io consiglio di metterli lo stesso ma invece di aggiungerli a pezzi di aggiungerli frullati perchè danno sapore alla pastiera,
Assemblaggio pastiera napoletana
Prendete la pasta frolla messa a riposare in frigo e stendetela con un matterello su un piano ricoperto con un foglio di carta forno (la carta da forno ci aiuterà a mettere la sfoglia nello stampo) e con l’aiuto di un po di farina, dovete ricavare una sfoglia molto sottile di circa 4 mm
Per la pastiera io uso i classici stampi da pastiera quelli di ferro stagnato, se non riuscite a reperire questo tipo di stampo ne potete utilizzare uno di alluminio. Vi occorrerà uno stampo da 32 cm, o 2 da 24 cm o 4 da 18 cm
con l’aiuto della carta forno ribaltiamo la sfoglia di pasta frolla nello stampo, gli stampi di ferro stagnato non vanno nè imburrati nè infarinati ( se utilizzate quelli in alluminio imburrate e infarinte).
Rimuovete delicatamente la carta forno e schiacciate leggermente la pasta frolla per farla aderire bene allo stampo e rifilate i bordi eliminando la pasta in eccesso con un coltello
Stendete la pasta frolla avanzata in una sfoglia sottilissima e ritagliate delle strisce con una rotella liscia o dentellata , la pasta deve essere molto sottile altrimenti in cottura le striscioline affonderanno nella crema di ricotta; posizionate le striscioline sulla crema di ricotta senza tenderle troppo, altrimenti in cottura si romperanno. Per tradizione le striscioline sulla pastiera napoletana devono essere 7
Rifilate la parte in eccesso e con una forchetta potete imprimere un motivo sul bordo. Preriscaldate il forno a 180°C e infornate in forno statico per circa 1 ora e mezza, in cottura la pastiera si gonfierà, quindi non preoccupatevi è normale
la pastiera dovrà avere un bel colore dorato, lasciatela raffreddare completamente prima di sformarla, meglio se lo fate il giorno dopo.
Spolverate la pastiera napoletana con zucchero a velo a seconda dei gusti e fate passare almeno un giorno prima di consumarla per fare in modo che i sapori si amalgamano.
La pastiera napoletana si conserva per circa 4-5 giorni a temperatura ambiente, dopo è meglio se conservata in frigorifero.
E se vi avanza della pastiera potete congelarla, intera o porzionata già in fette.
Come nasce la pastiera napoletana
La nascita della pastiera non ha riferimenti bibliografici. Tante sono le leggende partenopee legate alle origini della pastiera napoletana, che sono frutto di un popolo con una fervida immaginazione.
Leggenda della sirena Partenope
Una delle tante leggende è quella legata alla sirena Partenope. Pare che la bella sirena, incantata dalla bellezza del golfo, disteso tra Posillipo ed il Vesuvio, avesse fissato lì la sua dimora e ad ogni primavera, per salutare gli abitanti del posto, emergeva dalle acque, allietandoli con canti d’amore e di gioia. Un giorno, la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti rimasti affascinati e rapiti, accorsero verso il mare per donarle quanto di più prezioso avessero. Le sette fanciulle più belle dei villaggi furono incaricate di consegnare dei doni alla sirena: la farina simbolo di forza e ricchezza della campagna; la ricotta, omaggio di pastori e pecore; le uova, simbolo della vita; il grano tenero, bollito nel latte, a prova dei due regni della natura; l’acqua di fiori d’arancio, simbolo dei profumi della terra; le spezie, in rappresentanza dei popoli lontani; e lo zucchero, dolcezza profusa dal canto di Partenope. La sirena felice dei doni ricevuti fece ritorno alla sua dimora e depose le offerte preziose ai piedi degli dei, che, inebriati dalla moltitudine di profumi ed aromi, riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti per creare un dolce che potesse eguagliare la bellezza di Partenope e la dolcezza del suo canto.
Leggenda dei pescatori
Circa 600 anni fa, intorno al 1400 come ogni anno all’inizio della Primavera i pescatori napoletani riprendevano le loro battute di pesca, accompagnati dal bel tempo, portavano con se un pasto unico che gli veniva preparato dalle loro mamme o mogli. Questo pasto unico doveva comprendere un primo un secondo e un dolce. Quindi veniva utilizzata la ricotta, le uova e l’arancia amalgamati insieme si con il grano cotto e l’amido che ne derivava dalla cottura.Questa pietanza veniva utilizzata per alimentarsi per tutti i giorni della battuta di pesca diventando così a pasta ‘e ajer cioè la pasta di ieri e di qui la Pastiera.
Un’altra leggenda è legata alle mogli dei pescatori. Si narra che le mogli dei pescatori, erano solite lasciare sul bagnasciuga sette ingredienti in dono al mare: la farina, la ricotta, le uova, il grano tenero, l’acqua di fiori d’arancio, le spezie e lo zucchero, affinché i loro mariti ritornassero sani, salvi e con le reti piene. Un giorno di tempesta le mogli videro ritornare i loro mariti sani e salvi, con le reti piene, e si videro restituire dal mare una pastiera già pronta.
Un’altra leggenda ancora narra che a causa dell’improvviso maltempo alcuni pescatori erano rimasti in balia delle onde per un giorno e una notte. Una volta riusciti a rientrare a terra, a chi domandasse loro come avevano potuto resistere nel mare in tempesta così tanto tempo, risposero che avevano potuto mangiare la pasta di Ieri, fatta con ricotta, uova, grano ed aromi. Per questo motivo la Pastiera iniziò ad essere simbolo di rinascita, oltre che per gli ingredienti, perché aveva dato una seconda vita a questi pescatori.
Leggenda del convento
Narra che nel convento di San Gregorio Armeno le consorelle dell’ordine benedettino volessero preparare un dolce che rappresentasse la morte e la resurrezione di Cristo. Unendo alcuni ingredienti comuni ad altre preparazioni di dolci napoletani,crearono la pastiera, che ben presto divenne il dolce preferito dagli aristocratici napoletani, che ne richiedevano in grande quantità.
Fatti certi
La diffusione della pastiera a Napoli legata a fatti certi risale a partire dal Seicento. Infatti veniva citata dal novelliere Giovan Battista Basile che, nella favola La Gatta Cenerentola, inclusa nell’opera magna Lo cunto de li cunti :“E,venuto lo juorno destenato, oh bene mio: che mazzecatorio e che bazzara che se facette! Da dove vennero tante pastiere e casatielle”.L’episodio, in particolare, riguarda il banchetto che il re aveva organizzato per ritrovare la fanciulla protagonista.
La prima ricetta scritta compare nel trattato di cucina Lo scalco alla moderna di Antonio Latini, che lavorava al servizio del primo ministro del viceré Francisco de Benavides; questo trattato fù scritto e pubblicato nel 1693 a Napoli. Si trattava di una torta a metà tra un rustico e un dolce in cui, oltre a grano e ricotta, erano previsti il formaggio grattugiato, pepe, sale, pistacchi in acqua rosa muschiata, latte di pistacchi, tutto contenuto in un guscio di marzapane.
Altre tracce scritte della pastiera napoletana ci vengono fornite con precisione accademica dal gastronomo e filosofo adottato a corte borbonica Vincenzo Corrado tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento. Infatti nella sua opera magna: Il cuoco galante, con una prima edizione datata 1773 , offriva una panoramica della cucina italiana e partenopea, con spiegazioni ed indicazioni sull’utilizzo stagionale dei prodotti, in un periodo di grosse influenze sul regno borbonico da parte dei francesi.In questa opera troviamo la ricetta completa della torta di frumento da fare ad aprile con tanto di descrizione ed indicazioni:
” Ammollito bene il frumento in acqua, cotto in brodo e freddato, si mescolerà con panna di latte, gialli di uova, giulebbe (acqua di rose, dall’arabo medievale ǧulāb), cedro pesto, e sciolto con acqua di fiori d’aranci, con senso di ambra e d’acqua di cannella; si metterà nella cassa di pasta, la quale si coprirà con altra pasta a strisce, e si farà cuocere.”
Nel 1837, un secolo e mezzo dopo la ricetta di Antonio Latini, Ippolito Cavalcanti scrisse una ricetta simile alla Pastiera dolce di oggi nell’appendice dialettale Cusina casarinola all’uso nuosto napolitano, un compendio della gastronomia popolare di Napoli inserito nella prima edizione del suo trattato didattico Cucina teorico-pratica, facendo però anche riferimento all’antica versione rustica. La ricetta, poi venne modificata e perfezionata nei monasteri del centro di Napoli dalle suore del convento di San Gregorio Armeno.
Si racconta anche che nel 1837 Maria Teresa d’Asburgo-Teschen, andò in sposa a Ferdinando II, dopo la morte della prima moglie. Maria Teresa era soprannominata la Regina che non sorride mai perchè aveva un comportamento poco consono alla vita di corte, detestava infatti i convenevoli della nobiltà borbonica. Ma un giorno cedendo alle insistenze del marito buontempone, accondiscese ad assaggiare una fetta di pastiera cibo ghiotto per la corte borbonica e non poté far a meno di sorridere, e da qui nasce il termine magnatell’na risat (tipico detto partenopeo che sollecita le genti all’ilarità, a sforzarsi a ridere un po’ che non fa male).
Nel Novecento la pastiera è diventato un dolce domestico per il fatto che gli ingredienti sono diventati facilmente reperibili e ormai la pastiera è sulle tavole non solo dei napoletani ma di tutti gli italiani non solo nel periodo pasquale ma tutto l’anno.
In tempi recenti, nel 2016, si è diffusa una credenza popolare secondo la quale le strisce sulla Pastiera debbano essere sette per simboleggiare la planimetria di Neapolis, ossia tre decumani e quattro cardi incrociati a scacchiera del centro storico di Napoli. Questa credenza non ha alcuna attinenza con le documentazioni storiche e le antiche ricette Questa credenza vuole che le strisce della pastiera debbano riprendere la pianta del centro storico di Napoli, che è attraversato da 3 decumani, paralleli alla costa:Decumano superiore: via della Sapienza, via dell’Anticaglia, via Santi Apostoli;Decumano maggiore: via dei Tribunali; Decumano inferiore (Spaccanapoli): via Benedetto Croce, via S. Biagio dei Librai, via Vicaria Vecchia, via Giudecca Vecchia.
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Buongiorno mi è avanzato un po’ di ripieno fatto ieri per la pastiera e stamattina ne ho fatta un’altra! È stato tenuto in frigo andava bene vero?
Si si va benissimo, spero che la pastiera le sia piaciuta.