I primi tortelli di zucca li ho assaggiati proprio come tradizione comanda: la sera della Vigilia di Natale.

I tortelli di zucca mantovani sono infatti, da tempi ormai lontani, il delizioso piatto della festa dei contadini; quello di “magro”, preparato con la zucca diffusa un po’ ovunque, di basso costo e saporita alternativa al più ricco ripieno di carne, ingrediente indispensabile per la “farcia” dei ben noti tortellini che si gustavano invece nelle case più abbienti.
Una portata umile ma che dona al palato quel sontuoso e unico connubio di sapori che solo gli imprescindibili ingredienti della ricetta tradizionale sanno regalare: la nota dolce di zucca e amaretti, la sapidità del Grana Padano e il tocco pungente e senapato della mostarda di mele.

Un piatto così ricco di sfaccettature, che affonda le radici nell’antica Corte dei Gonzaga, non poteva certo non trovare il suo posto d’onore tra le “pagine” del Calendario del Cibo Italiano.

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Quella che però certo non troverete, continuando a scorrere tra le righe di questo scritto, sarà la ricetta dei tortelli mantovani che forse vi aspettavate – giustamente –  di leggere visto l’incipit.

La ragione della mancata ricetta è presto spiegata: la tradizione si mischia alla favola.

C’era una volta un tortello…”  che tenendosi ben strette tutte le peculiarità del suo inconfondibile ripieno si lascia abbracciare dal corposo impasto di un canederlo profumato con scorza di limone e scaldare dal profumo speziato di un infuso di mele.

Tradizioni lontane chilometri che si predono per mano e che a ben pensarci hanno affinità da perfetto e ben riuscito “gioco delle coppie”: quel partire dal basso fatto di ingredienti umili, quel “mangiare quello che la casa ha da offrire” che riesce meravigliosamente a diventare portata di tutto rispetto, che sazia e soddisfa, e che si codifica come piatto simbolo di una cultura gastronomica tra le più rinomate.

Canederli

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