Il cassetto delle Lego

Qualche giorno fa ho fatto una Lego con mio figlio, e mentre guardavo le istruzioni ho avuto un flash: il cassetto delle Lego a casa di Davide. Era l’ultimo cassetto di un comò grande, di colore scuro, con le maniglie di ferro, che stava in camera di Davide: ed era pieno zeppo di Lego. In realtà non so se fosse camera di Davide o uno studio in cui venivano tenute, tra le altre cose, le sue Lego. So che quel cassetto era il suo orgoglio e la mia gioia ed ogni volta che andavo a giocare a casa di Davide ed aprivamo quel cassetto, era come entrare nel mondo dei balocchi.

Davide abitava nella casa accanto alla mia, stesso pianerottolo, al terzo piano di un piccolo condominio tranquillo, dove nascono i ricordi più lontani che ho, la maggior parte belli.
Uno di questi era giocare con Davide.
Solitamente ero io che andavo da lui, o almeno ho più ricordi a casa sua che a casa mia. Il che probabilmente avveniva perchè io ero la più grande di tre fratelli, cosa che comportava una gran stanchezza per mia madre. Immagino dunque che Nadia, la mamma di Davide, che aveva pure lei tre figli, ma ormai grandi, di tanto in tanto mi prendesse per farmi giocare a casa sua, di modo da liberare un po’ mia madre. Con suo grande sollievo e mia immensa gioia. Prima di tutto perchè Davide era più grande di me, e quando andavo a casa sua era come avere un fratello maggiore, tutto per me, che si divertiva ad intrattermi. Ora se si divertisse davvero, io non lo so. Però mi faceva credere che si divertiva e per me andava bene. Poi non vedevo né sentivo i “due rimpiscatole” così chiamavo i miei fratelli piccoli, il che significava che potevo scegliere un gioco senza correre il rischio che mi venisse “rubato”.
E poi avevo le Lego. Tutte le Lego che volevo, che a casa mia non potevano girare perchè erano pericolose, che i piccoli potevano mettersele in bocca.

Le Lego di trent’anni fa non erano come quelle di oggi. Come la maggior parte dei giochi, quelli di oggi sono molto meglio e di questo ho sempre rosicato un po’. Vedete un po’ se trent’anni fa esistevano i gonfiabili, i recinti con le palline colorate o cose simili. Nei parchi avevamo scivoli di ferro rovente ed altalene arruginite e cigolanti. Al massimo un cavalluccio, ma di certo niente di quei castelli o casette che si vedono oggi. Niente protezioni, niente tappeti a norma. In casa avevamo una o due bambole, una Barbie e qualche gioco in scatola. Già quando mio fratello, che ha 4 anni meno di me, iniziava a ricevere qualche regalo che non fossero i rumorosi gingilli da mordicchiare, io li guardavo con stupore. Erano “interattivi” diremmo oggi. Come il Grillo parlante, il primo computer per bambini che ti insegnava a scrivere le parole e si incazzava se sbagliavi due volte di seguito. Quando uscì io ero in quarta o in quinta elementare e sapevo già scrivere. Però giocavo lo stesso e sbagliavo di proposito con il Grillo parlante per ascoltare la differenza del tono di voce da “sbagliato, riprova e controlla” a  “SBAGLIATO. A V E V O   D E T T O  C A S A.  C.A.S.A.  C A S A!”

Insomma, i giochi più belli uscivano sempre con tre o quattro anni di ritardo, secondo i miei gusti. Mi piacevano di più ma io ormai ero grande e mi annoiavano.
Tranne le Lego. Con le Lego potevo fare tutto quello che volevo, tutte le volte che volevo, potevo smontare e cambiare e ricominciare da capo. La maggior parte delle volte costruivo casette. Ricordo basi verdi, dove andavano posizionati i mattoncini uno sull’altro, porticine che si aprivano, così come pure le finestre che avevano anche il davanzale. C’erano tavolini e sedie piuttosto semplici e, forse, un amadio ed un letto. E per me era l’apoteosi. Costruire una casetta e poter spostare il tavolino dal centro stanza al bordo del muro era per me un vero spasso, come pure mettere i fiori alle finestre. Ma ve lo immaginate a farlo adesso?

La Lego che ho fatto con mio figlio è un elicottero della serie Lego City dai 5 ai 12 anni. Fa parte di una serie che prevede anche motoscafo, chiatta, gommone di salvataggio e non so che altro ancora. Ovviamente hanno tutti il portellone che si apre, leve che girano e per tenere l’elicottero montato probabilmente dovrò chiedere un condono al comune. Altro che le mie statiche casette con i fiorellini!!
Ma non ha importanza: non si è mai troppo grandi per giocare con le Lego.

A casa nostra, ad un certo punto, arrivò uno scatolo pieno di Lego, pezzi avanzati di qualcuno che non li voleva più. Ben lontano dal cassetto pieno di Lego che aveva Davide, costituivano comunque un bel bottino. Bottino che però, con mossa astuta, finì in camera di mio fratello in quanto io, all’epoca all’università, ero troppo presa dagli esami e dai primi lavori che facevo per tirare su qualche soldo, e non protestai troppo quando quel “fetente” si impossessò dello scatolone, dove però nel frattempo erano finite anche alcune delle mie costruzioni. Insomma, diciamolo: m’ha fregato. O mi sono fatta fregare. Non lo so.
Fatto sta che lui ha continuato a collezionare Lego, diventando un professionista maniacale, al punto da portare anche i suoi figli a Legoland. Io, invece, sto riprendendo adesso e spero di coinvolgere anche mio figlio in questa mia passione rimasta troppo tempo… in un cassetto.

Recentemente a mio fratello è stata regalata la casa dei Simpson, ovviamente in Lego, unendo così due passioni che lui ha. Ma sai che ti dico? Io punto al castello di Hogwarts, quello di Harry Potter, che io adoro. E so che solo in pochi capiranno quanto sto per dire, ma uno dei motivi per cui lo voglio è veder muovere le scale. Sapete: “alle scale piace cambiare”. Ma questa è un’altra storia…

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