Fontina valdostana storia e origini di un made in Italy

Fontina valdostana storia e origini di un made in Italy

Fontina valdostana storia e origini di un made in Italy. Il nome “fontina” pare origini da un alpeggio di produzione chiamato Fontin; altre versioni lo collegano al villaggio di Fontinaz. Ma il nome potrebbe derivare dal termine francese antico “fontis” o “fondis” a indicare la particolare capacità della pasta di questo formaggio di fondersi col calore.

Da Giugno a Settembre, negli alpeggi della Valle d’Aosta fino a 2700 metri di altitudine, le mucche di razza valdostana pascolano libere nutrendosi di erbe fresche e fiori di montagna. Il latte appena munto viene trasformato direttamente in loco, nelle casere di alpeggio, per mantenerne inalterate le caratteristiche organolettiche uniche derivanti dalla flora di alta montagna.

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Questa è la “Fontina DOP Alpeggio”, frutto del duro lavoro, della maestria e della passione di chi porta avanti una tradizione casearia antica e ancora interamente artigianale. Le forme presentano una crosta marrone chiaro, la pasta ha colore giallo paglierino intenso, dovuta proprio all’alimentazione delle bovine, ed è morbida e fondente. Al palato risulta particolarmente dolce e aromatica grazie ai sentori di erba fresca e fiori di montagna che si aggiungono ai sentori lattici tipici della Fontina.

La sua origine viene fatta risalire al 1270 sebbene la prima testimonianza iconografica risalga al XV secolo, in un affresco del castello di Issogne. La prima citazione della fontina risale al 1477 nella Summa lacticinorum del medico vercellese Pantaleone da Confienza, mentre la prima classificazione è del 1887 con “Le fontine di Val d’Aosta” nell’annuario della stazione sperimentale del caseificio di Lodi.

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Nel 1957 venne fondata la Cooperativa Produttori Latte e Fontina, il cui scopo è quello di produrre e distribuire il formaggio. L’associazione conta oggi oltre 300 soci che producono oltre 350.000 forme di fontina all’anno. Dal 2003 è aperto il Museo della fontina e centro visitatori a Valpelline.

Tradizionalmente sono gli arpian (i pastori degli alpeggi) a preparare la fontina nelle baite. Ciò che resta del siero del latte usato per fare la fontina veniva e viene tuttora riscaldato sul fuoco per far affiorare sulla superficie la brossa, ossia la schiuma bianca prelevata man mano che si forma con un mestolo piatto e largo a condire fredda o calda la polenta.

Formaggio semiduro, grasso, a pasta semidura, ad acidità naturale di fermentazione, fabbricato con latte intero di vacca proveniente da una sola mungitura e munto da non oltre 2 ore. Il latte non deve aver subito, prima della coagulazione, riscaldamento a una temperatura superiore ai 36 °C.

Si presenta con una crosta compatta, sottile e marroncina, all’interno della quale è racchiusa una pasta semicotta, elastica e fondente, con occhiatura piccola e scarsa.

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Viene prodotta esclusivamente con latte intero crudo di bovine di razza valdostana (razze valdostane pezzata rossa e  valdostane pezzata nera), alimentate prevalentemente con foraggio verde nel periodo estivo e con fieno locale nel resto dell’anno. L’aspetto al taglio, può variare leggermente nel colore e nella leggera occhiatura, in base al produttore nonché alla stagione in cui è stato fabbricato; anche la salatura, poco accentuata, varia leggermente a seconda del produttore. Le forme che non superano il controllo di idoneità al marchio fontina, sono immesse al commercio come “formaggio valdostano”.

A stagionatura ultimata, dopo una serie di severi controlli, il Consorzio produttori e tutela della DOP fontina procede alla marchiatura: le forme contrassegnate con il marchio sono garantite per autenticità e qualità.

Fonte: it.wikipedia.org

Foto di PDPhotos da Pixabay

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