TARALLI TRADIZIONALI

I TARALLI TRADIZIONALI nascono intorno alla fine del ‘700 tra i ceti poveri dove imperava la fame e uno dei rimedi per tentare di soddisfarla era rappresentato proprio dal tarallo. Dove non c’è quasi nulla, nulla si distrugge e tutto si crea. Così i fornai non si sognavano neppure di buttare via lo ”sfrido”, cioè i ritagli, della pasta con cui avevano appena preparato il pane da infornare. A questi avanzi di pasta lievitata aggiungevano per insaporirlo un poco di olio extra vergine di oliva e un poco di vino bianco, prodotti che nelle nostre terre non mancano mai. Le loro abili mani riducevano la pasta a due striscioline che venivano accavallate tipo una ciambella e, dopo la lievitazione sotto un panno, via nel forno insieme al pane. Poi col passare del tempo si sono apportate migliorie come la bollitura per renderli più lucidi e croccanti. Il tarallo era perciò diventato una ‘manna’ per tutti: il fornaio, utilizzava la pasta di pane rimasta con poca fatica e il popolo, con pochi soldi (dati i bassi costi di produzione) se li comprava. Successimamente le massaie hanno imparato a produrlo per conto loro in casa, apportando ulteriori modifiche come l’aggiunta delle spezie, in particolare il finocchio. Una volta fatti, i taralli venivano posti su dei tegami opportunamente oliati (le tiedd) e portate ai forni del paese.

L’etimologia della parola “tarallo” non si sa con certezza. Ci sono tante ipotesi:

  • dal latino “torrère” (abbrustolire)
  • dal francese “toral” (essiccatoio)
  • Facendo riferimento alla sua forma rotondeggiante dall’italico “tar” (avvolgere)
  • dal francese antico “danal” (pain rond, pane rotondo)
  • La tesi più attendibile vuole peraltro che “tarallo” discenda dall’etimo greco “daratos” (sorta di pane)

Oggi la “morte sua” (cioè la maniera migliore di consumarlo) è sia con il vino che con la birra (meno alcolica). Nelle birrerie e nei pub frequentati dai ragazzi, taralli e birra formano attualmente un duo ben assortito e particolarmente richiesto. Generalmente non mancano mai, nelle case delle mie zone,  dei taralli da offrire agli ospiti, magari per mettere pace in una discussione e far terminare tutto a “tarallucci e vino”.

TARALLI TRADIZIONALI

RICETTA

Grado di difficoltà: medio

Tempo di realizzazione: 6 ore circa (20′ + 5 ore di riposo + 30′ circa per la bollitura)

INGREDIENTI

  • 200 g esubero lievito madre
  • 230 ml vino bianco Settesoli Bio Grillo
  • 500 g semola rimacinata di grano duro
  • 100 g farina 00
  • 120 g olio EVO
  • 20 g sale
  • 1 albume
  • semi di finocchio q.b.

PROCEDIMENTO

Nella bowl dell’impastatrice inserire l’esubero di lievito madre e il vino bianco caldo, azionare e far sciogliere con il gancio K/a foglia. Poi unire l’olio, le farine, i semi di finocchio, l’albume e infine il sale e continuare ad impastare il tutto per 15′ fino ad ottenere un impasto omogeneo, morbido, liscio e non troppo duro.

Far riposare l’impasto per 3 ore sempre nella bowl coperto.

Trascorso il tempo di riposo, tagliare dei filoncini dalla pasta e formare i taralli. Poi mettere una pentola di acqua a bollire e tuffare i taralli poco per volta e riprenderli non appena vengono a galla. Sistemarli su un canovaccio asciutto per far asciugare e lasciarli così per 4 ore circa.

Poi adagiarli su una teglia e infornare a 210°C per 20/25′ finchè sono dorati e croccanti (ma non bruciati).

Possiamo servire i nostri taralli tradizionali nel vassoio grande in foglia di palma della Ecobioshopping con all’interno un tovagliolo marchio PAPSTAR della Pierrot srl, e pucciamoli e accompagnamoli con un buon vino bianco siciliano delle Cantine Settesoli il bianco Settesoli Bio Grillo

Pubblicato da ildolceesalatodiluisa

Mi chiamo Luisa Pontillo e vivo a Grassano, un piccolo paese della Basilicata in provincia di Matera. Sono un’insegnante esperta di lingua inglese e mi occupo soprattutto di certificazioni linguistiche, ma sono anche moglie e mamma di Chiara, una ragazza di 20 anni. Sono una camperista e amo viaggiare per conoscere e scoprire nuovi posti, dolci e piatti da poter poi riprovare e riproporre a casa e con gli amici. Sono sempre in movimento (non mi fermo mai) e soprattutto sempre pronta ad impastare. Il mio hobby? La pasticceria dolce e salata. Sin da bambina mi divertivo ad aiutare mia nonna materna in pasticceria e questa passione non mi ha più abbandonata, anzi mi segue anche nella professione di insegnante; infatti ai miei studenti, a fine anno scolastico, propongo sempre una simulazione dell’English Tea time durante il quale ci cimentiamo nella preparazione di dolci tipici inglesi.