Carciofi alla villanella o viddaniedda in dialetto Palermitano- Foto Rita Mamone

Ecco la ricetta per realizzare i Carciofi alla villanella o viddaniedda in dialetto Palermitano, comunemente conosciute con il nome di “carciofi in tegame” – Foto Rita Mamone

Video ricetta del giorno

  • DifficoltàBassa
  • CostoBasso
  • Tempo di preparazione20 Minuti
  • Tempo di cottura30 Minuti
  • Porzioni4 persone
  • CucinaItaliana

Ingredienti

Preparazione

  1. Carciofi alla villanella o viddaniedda

    Pulite i carciofi, eliminate le foglie dure e tagliate le punte.

    Allargate le foglie e con l’ aiuto di un coltello eliminate il fieno dall’ interno, tagliate i gambi in modo che i carciofi stiano in piedi, metteteli ora in acqua acidulata con succo di limone.

    Mettete il pangrattato in un padellino e fatelo tostare, quando è dorato scendere dal fuoco e aggiungete un filo d’olio.

    Fate un trito con il prezzemolo e l’ aglio, unire le acciughe salate a pezzetti, il sale, il pepe e il formaggio, unire quindi il pangrattato già preparato e bagnare tutto con un pò di olio, amalgamate tutto.

    Sgocciolate i carciofi e imbottiteli con il composto preparato,pressandolo bene all’ interno.

    Mettete i carciofi in piedi in un tegame dove avrete messo l’ acqua e l’ olio,sufficienti a coprirli fino a metà, aggiustate di sale e pepe, coprite con un coperchio il tegame e fate cuocere a fuoco moderato per circa 30 minuti.

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    Vedi anche

    Carciofi alla giudia

    Carciofini sott’olio

Approfondimenti

Le varietà di carciofo sono classificate secondo diversi criteri. I principali sono i seguenti: In base alla presenza e allo sviluppo delle spine si distingue fra varietà spinose e inermi. Le prime hanno capolini con brattee terminati con una spina più o meno robusta, le inermi hanno invece brattee mutiche o mucronate. In base al colore del capolino si distingue fra varietà violette e verdi. In base al comportamento nel ciclo fenologico si distingue fra varietà autunnali o rifiorenti e varietà primaverili o unifere. Le prime si prestano alla forzatura in quanto possono produrre capolini nel periodo autunnale e una coda di produzione nel periodo primaverile. Le seconde sono adatte alla coltura non forzata in quanto producono capolini solo dopo la fine dell’inverno. Fra le varietà più famose si annoverano il Brindisino, il “Paestum” (carciofo IGP proveniente dall’omonima città della magna Grecia di Capaccio-Paestum) Spinoso sardo (coltivato anche in Liguria con il nome di Carciofo spinoso d’Albenga), il Catanese, il Verde di Palermo, il Carciofo di Montelupone, la Mammola verde, il Romanesco, il Mazzaferrata di Cupello, il Violetto di Toscana, il Precoce di Chioggia, il Violetto di Provenza, il Violetto di Niscemi. Le varietà di maggiore diffusione in passato erano il Catanese, lo Spinoso sardo e il Violetto di Provenza, fra i tipi autunnali forzati, e il Romanesco e il Violetto di Toscana fra quelli primaverili non forzati. Lo Spinoso sardo, una delle varietà più apprezzate nel mercato locale e in alcuni mercati dell’Italia settentrionale ha subito un drastico ridimensionamento dagli anni novanta a causa della ridotta pezzatura media dei capolini e della minore capacità produttiva rispetto ad altre cultivar (Tema, Terom, Macau, ecc.). Tratto da: https://it.wikipedia.org/wiki/Cynara_scolymus

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