Antichissima è la presenza della piadina sulle tavole romagnole, fino agli anni ‘60, quando insieme alla cultura contadina, ha rischiato di essere dimenticata.
Oggi la piadina (o piada) è difficilmente catalogabile: variante del pane, come sempre, ma può essere uno spuntino da sola o imbottita, può diventare crescione, ripieno di verdure, formaggi o, negli ultimi anni di tutto l’immaginabile e, a volte, oltre… E ancora può diventare un dolce, oppure trasformatesi per essere addentata anche dai più convinti vegetariani sostituendo il tradizionale strutto con l’olio d’oliva o latte di soia.
A testimoniare la vitalità e tipicità della piada vi è anche il fatto che esistono numerose ricette e modi di prepararla che variano da località a località.
Un breve excursus di stili: partendo dalla costa riminese, dove la piadina è fine, fine e si chiama solitamente piada, e procedendo verso l’interno, il cesenate e il forlivese e a nord sulla costa verso Ravenna e da qui ancora verso l’interno, fino a salire sulle colline e poi sulle montagne, la piadina, senza perdere la sua friabilità, diventa grossa.
Grossa tanto da essere tagliata a metà per stendervi un buono strato di squacquarone… come faceva mio nonno e come faccio io quando mi trovo tra le mani una piadina con le caratteristiche giuste (spessore e friabilità) e il tempo di farlo, perché l’operazione è un po’ complicata e richiede pazienza, nel tagliarla senza romperla e nel mangiarla senza far colare il formaggio… ma così è buonissima!ecco una bella crepes.
LA RICETTA TRADIZIONALE DELLA PIADINA
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