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A tavola con gli antichi romani

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Gli antichi romani davano grande importanza alle delizie della buona tavola ed i convivi erano occasione di spettacolo dove si esibivano le prelibatezze di grandi cuochi e le ricercatezze alimentari provenienti da tutti i luoghi dell’ Impero.
Il più grande cuoco della Roma imperiale fu Apicius che dilapido’ il suo ingente patrimonio in fastosi banchetti e quando le sue risorse economiche si esaurirono non accetto’ di vivere un’ esistenza grama e si avveleno’.image

Scrisse il “De re coquinaria”, prima raccolta conosciuta di ricette a cui si ispirarono tutti i testi successivi di cucina.
Durante l’ impero di Nerone , l’ arte culinaria raggiunse livelli impareggiabili di opulenza abbinata a lussi sfrenati e Petronio Arbitro, nel Satyricon, descrive con sferzante satira uno di questi straordinari banchetti a casa di Trimalcione, (un liberto asiatico arricchitosi grazie al suo padrone che gli aveva lasciato una cospicua eredita’, da lui investita con intelligenza e triplicata ) che sicuramente era ricchissimo ma oggi diremmo anche molto kitsch, e tra le altre cose di pessimo gusto, sui pesanti piatti d’ argento posati sulle tavole imbandite era inciso con il nome del proprietario anche il peso del metallo!
Ecco, di seguito la traduzione di un celebre passo del Satyricon, sulle stravaganze di Trimalcione:

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Non sapevamo, dopo tante meraviglie, che noi, come dicono, si era solo a metà strada.
E infatti, con le mense ripulite a suon di musica, vennero condotti nel triclinio tre maiali bianchi, adorni di cavezze e sonagliere, il primo dei quali, a detta del presentatore, era di due anni, di tre il secondo, ma già di sei il terzo.
Io pensavo che fossero arrivati i saltimbanchi, e che adesso quei maiali, come avviene negli spettacoli per la strada, avrebbero fatto qualcosa di eccezionale. Ma Trimalcione, rotti gli indugi,
« Quale di questi – disse – volete che all’istante vi facciano da cena? Che un pollo alla Penteo e altri cosi del genere i contadini li fanno, ma i miei cuochi anche i vitelli cotti in pentola sanno fare ». E subito manda a chiamare il cuoco, e, senza attendere la nostra scelta, dà ordine che si ammazzi il più anziano. Poi, ad alta voce: « Di che decuria sei? ».

image Come quello gli risponde che è della quarantesima, « D’acquisto, – continua, – o nato in casa? ». « Né l’uno né l’altro, – dice il cuoco, – ma a te lasciato in testamento da Pansa ». « E allora sta’ attento – lui conchiude – a servir bene. Se no, ti faccio spedire nella decuria dei lacchè ».
E il cuoco, mogio mogio davanti a tanta potenza, se ne andava in cucina tirato dall’arrosto.
A noi invece Trimalcione si rivolge con uno sguardo affettuoso, e « Il vino – disse – se non va, lo cambio, ma voi bisogna che gli facciate onore.

image Grazie al cielo, io non compro, ma attualmente quanto interessa la mangiatoia me lo produce un podere in campagna, che io ancora non conosco. Mi dicono che sia lì al confine tra Terracinesi e Tarentini. E adesso ho in mente con un po’ di terra di collegarmi alla Sicilia, che, se mi vien voglia d’andare in Africa, possa navigare sul mio.
Ancora non aveva tutto effuso, che un’alzata con un maiale gigantesco si insediò sulla tavola.
Noi ci mettemmo a far le meraviglie per la sveltezza, ché nemmeno un pollo, giuravamo, si sarebbe potuto cucinare così in fretta, tanto più che nella fattispecie quel maiale ci sembrava molto più grosso del cinghiale di poco prima.

image Ma Trimalcione, dopo che l’ebbe esaminato ben bene, o Come? Come? – sbottò. – Questo porco non è stato sventrato? Proprio no, per dio! Qui, qui il cuoco nel mezzo ».
Il cuoco con aria afflitta si ferma davanti alla tavola ed ammette che di sventrarlo lui se n’è dimenticato. « Come dimenticato? – Trimalcione esclama. – Pare quasi che non ci abbia messo pepe e comino. Spogliarlo! ».
Non si perde un momento: il cuoco viene spogliato e se ne sta lì contrito in mezzo a due aguzzini, però tutti incominciano a intercedere e dire: « Son cose che càpitano. Ti preghiamo, lascialo andare! Se gli càpita di nuovo, più nessuno di noi pregherà per lui ».
Io invece, di una severità veramente spietata, non riesco a trattenermi, ma, chinato all’orecchio di Agamennone, « Proprio un bel fannullone – gli sussurro – ha da essere questo schiavo. Chi andava a dimenticarsi di sventrare un maiale? No, per dio, non gli perdonerei, avesse avuto l’amnesia con un pesce ». Ma non Trimalcione, che, spianato il volto a un sorriso, « Avanti, – disse, – poiché hai la memoria così corta, sventralo davanti a noi ».

image Ricuperata la tunica, il cuoco afferra un coltello e con mano guardinga incide qua e là il ventre del maiale e sul momento dai tagli che via via si allargano sotto la spinta del ripieno traboccano salsicciotti, cotechini e ventresche.
Allo scatto del congegno la servitù proruppe in un applauso e gridò tutta insieme « Viva Gaio! », Ed anche il cuoco si ebbe un invito a bere, ( dato che i pesci son fatti per nuotare e i commensali per bere) con in più una corona d’argento, e la coppa gliela servirono su un vassoio corinzio.