Storia del “menu”

Il nome delle pietanze disponibili in un esercizio pubblico seguito dal corrispondente prezzo nasce nel tardo ottocento anche se fonti molto più antiche riferiscono che, in Mesopotamia fin dal 1100 a.C. , durante il regno di Assubanpal, gli Assiri usavano scrivere su una tavoletta di argilla l’ elenco dei piatti che sarebbero stati serviti durante i banchetti reali.
Testimonianza di menu ex post e’ la nota, nel Satyricon di Petronio, con i nomi di tutte le prelibatezze servite durante uno dei fastosi convivi di Trimalcione.
Altri elenchi ex post di pietanze riguardano quelle servite durante il pranzo organizzato nel suo castello da Matilde di Canossa, nel 1077 per celebrare la conciliazione tra Enrico IV ed il Papa Gregorio VII.
Anche la lista delle 18 “imbandigioni” con la descrizione delle magnificenze della presentazione, servite nel 1368 a Milano al matrimonio di Violante Visconti figlia di Galeazzo II, con il Duca Lionel di Clarence figlio di Edoardo III Re d’ Inghilterra, ci sono state trasmesse da menu ex post .
Un altro esempio di menu ex post e’ quello di Mastro Zafirano che, nel Maggio 1487 elenco’ le numerose pietanze servite al pranzo di nozze di Lucrezia d’ Este con Annibale Bentivoglio e sanci’ la nascita del primo piatto di tagliatelle, una nuova pasta che aveva creato per l’ occasione!
Infine non si puo’ tralasciare il ricordo di uno splendido pranzo rinascimentale che ci e’ pervenuto solo grazie ad uno di questi elenchi riassuntivi e riguarda un banchetto tenutosi a Roma in Castel Sant’ Angelo nel 1593 voluto da S.S. Clemente VIII ( Ippolito Aldobrandini ) in onore dei serenissimi Principi Massimiliano, Filippo e Ferdinando, figliuoli del serenissimo Granduca Guglielmo di Baviera a cui parteciparono circa mille persone e dove ogni vivanda, ben descritta, era connotata da un motto in latino ed era simbolo di buon augurio.
Discendente in linea diretta dalla struttura conviviale del tardo medioevo e del rinascimen­to ed anticipatore dei moderni buffet, il servizio alla francese consisteva nel posare su un tavola molto ampia tutte le pietanze contemporaneamente, in enormi vassoi traboccanti di cibi di ogni tipo e posizionando quelli caldi su scaldavivande e quelli freddi su basi maestose, spesso a gradini coperti da stoffe preziose, ornati da fiori e da elaborate composizioni.
Gli ospiti si servivano senza cerimonie e senza osservare alcun ordine. Ciascuno, obbediva esclusivamente ai propri gusti e al proprio appetito ed organizzava il proprio personale menu spesso in modo indisciplinato e confusionario e spesso cio’ accade anche adesso!
La forma menu, cosi’ come la conosciamo oggi , segue l’ introduzione in Europa del cosiddetto servizio alla Russa che, gia’ sperimentato a Mosca, fu usato per la prima volta in Francia nel 1810, nel Palazzo del Principe Borissovic Kurakin ambasciatore dello Zar Alessandro I presso la Corte napoleonica.
Consisteva nel far accomodare gli ospiti a tavole apparecchiate con preziose tovaglie, raffinate porcellane, cristallerie ed argenti; numerosi valletti, seguendo l’ ordine di successione delle pietanze trascritte su un cartoncino dagli chef, servivano i piatti ad ogni commensale.
Successivamente, in Francia, le hostellerie, le taverne, gli “auberge”, furono obbligati ad adeguarsi alle esigenze di una nuova utenza, quella della borghesia emergente e sempre più spesso gli ospiti, al loro arrivo, potevano consultare un elenco dei servizi e delle pietanze disponibili, con i corrispondenti prezzi.
Intorno alla prima meta’ del 1800 , questa abitudine si diffuse in tutta Europa , ma i menu per i pranzi ufficiali delle classi sociali medio-alte, erano scritti esclusivamente in francese, in considerazione del prestigio che godeva questa lingua in campo gastronomico.
In Italia la tendenza cambiò quando Vittorio Emanuele III decise di usare nei menu la nostra terminologia, in occasione di un pranzo di gala offerto a Roma alla fine del 1907.
Per redigere questo testo, il Re incaricò una commissione dell’ Accademia della Crusca e di altri glottologi per trasformare i termini della gastronomia francese in quelli corrispondenti di lingua italiana ed il 12 gennaio 1908, l’accademia della Crusca italianizzo’ anche il termine menu sostituendolo con lista o minuta, ma mentre la scrittura delle pietanze in lingua italiana fu accolta positivamente, il termine francese menu continuo’ e continua ancora oggi ad essere privilegiato.
Auguste Escoffier, nel 1912 pubblico’ il “Libro dei menu ” e con il termine “menu” indico’ sia l’ elenco di preparazioni e bevande sia il nome del foglio dove l’ elenco era trascritto.
Così nei pranzi ufficiali si diffuse pian, piano l’ elegante abitudine di scrivere su un cartoncino, che veniva posato a tavola per visione ai commensali, la successione delle vivande e dei vini che sarebbero stati serviti.
Progressivamente questo uso si perfeziono’ con l’ esperienza e si consolido’; i menu scritti ed affiancati dai rispettivi prezzi, divennero consueti in ogni albergo, ristorante, pizzeria, rosticceria ed assunsero forme e presentazione delle vivande e dei servizi sempre piu’ accurati . Alcuni noti pittori, esperti di illustrazioni di libri e manifesti, furono invitati a disegnare bozzetti per menu dalle compagnie di navigazione, da grandi alberghi e ristoranti, da case produttrici di vini, liquori, aperitivi, ecc., ottenendo dei risultati così belli da sollecitare la passione per il collezionismo da cui personalmente sono stata contagiata e con piacere ho pubblicato in questo articolo, qualche foto della mia collezione.

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