La sopravvivenza della specie italiana all’estero. Ovvero come riconoscere i falsi ristoranti italiani

Riflettevo oggi che nel 2018 fanno vent’anni che non vivo più in Italia. Ho nostalgia? Certo, la famosa nostalgia canaglia che ti prende proprio quando non vuoi, di una strada, di un amico, di un bar. E una delle cose che mi mancano di più all’estero è quello che mangiavo in Italia. Ti posso confermare che la qualità della vita delle specie italiana, e in molti casi la sua sopravvivenza, dipendono dalla disponibilità del cibo a cui il suo metaboslimo è abituato, che la rassicura e che la fa sentire psicologicamente vicina alle sue origini e ai suoi affetti.

Indebolito dalla nostalgia, l’italiano all’estero rischia facilmente di cadere preda di falsi ristoratori italiani. Ecco qui dei consigli che ti consentiranno di scampare il pericolo.

Tecniche di sopravvivenza

La verità è nel nome

Rifletti bene sul nome. Suona vagamente italiano ma non vuol dire niente, come ‘Delicio’, ‘Picobello’, ‘Picotta’, ‘Mezzo di pasta’? Guarda e passa. Il nome contiene un grosso errore grammaticale, tipo ‘Ristorante del arte’? O una parola che potrebbe avere un doppio senso, tipo ‘Mona’, come in ‘Mona Pizza’? Ispira un’associazione di idee non culinaria, come ‘Pippa’, ‘Kanna’ o ‘Fregatt’? Aziona il meccanismo di difesa.

Ammetto che ci possono essere delle zone grigie. Se il ristorante ha un nome del tipo ‘Da Julia’, la proprietaria sarà altoatesina? O propone specialità regionali delle alpi giulie, quelle che avevi studiato alle elementari insieme alle alpi cozie e alle alpi graie senza sapere esattamente dove fossero? Ti lascio verificare. Io non mi azzardo.

Il menù

Anche se il nome è corretto, aspetta prima di entrare. Dai un’occhiata al menù. C’è il pollo cacciatore? La piccata alla milanese? La mozzarella è di buffala? C’è la pizza prosciutto e fungi o quella capriciossa? Gira i tacchi e scappa.

Aguzza i sensi

Se il ristorante supera l’esame menù, puoi entrare. Appena dentro, però, aguzza i sensi: sei nella tana del lupo. Guarda chi fa la pizza, come la fa, e dove la cuoce. Sbircia cosa mangiano gli altri clienti: la pasta è servita come accompagnamento della carne, senza sugo, pallida e sudata come se avesse superato il livello di guardia per essere definita scotta? Il risotto langue in un brodo di panna liquida? Senti dei camerieri che fanno finta di sapere l’italiano? Sei ancora in tempo per andartene.

La ricognizione virtuale

Se non te la senti di uscire allo scoperto, effettua una ricognizione su internet: cerca i dieci migliori ristoranti italiani della città in cui ti trovi. Una volta che hai la lista, senza alcuna esitazione scarta i primi: non sono quelli autentici ma quelli che si sono adattati al gusto locale.

La morale

La morale della storia è che anche i ristoratori devono pensare alle sopravvivenza della loro specie e spesso si ripromettono di essere fedeli all’originale ma poi finiscono fusion – in senso peggiorativo.

Quindi fai come me: imparare a cucinare.