I piatti unici: la creatività ragionata

[banner]Negli ultimi cinquant’anni il nostro Paese ha conosciuto la più grande rivoluzione alimentare della sua storia. Scomparso lo spettro della fame, che aveva perseguitato i nostri nonni e i nostri avi, si è affermato un regime alimentare basato sull’eccesso: di proteine, di grassi, di calorie. La causa principale di questa evoluzione va probabilmente ricercata nella struttura del pasto, basata non più su un singolo piatto accompagnato da una fetta di pane, ma su diverse portate: questa varietà ha inevitabilmente portato all’assunzione di una maggiore quantità di alimenti e calorie. La riscoperta del piatto unico risponde innanzitutto al desiderio e alla necessità di rispettare maggiormente il proprio [banner]benessere; la ricerca di un’alimentazione sana ed equilibrata non va tuttavia separata dalla curiosità e dal desiderio di “sperimentare”, tipici di chi è attento all’evoluzione dei tempi. Ecco perché, nelle pagine seguenti, verranno trattati due argomenti fondamentali: il primo riguarda le regole da seguire per creare nuovi abbinamenti e nuove ricette, tra le quali anche quelle di piatti unici; il secondo tratta invece della corretta alimentazione.

Interpretazione e creazione di un piatto

C’è chi pensa che in cucina non si inventi nulla, poiché la maggior parte degli abbinamenti e delle tecniche è in qualche modo già stata sperimentata. Talvolta ci si può illudere di aver fatto una nuova scoperta, solo per rendersi conto che un piatto simile esisteva già. Se tuttavia questa fosse la regola si rischierebbe un’involuzione, se non un appiattimento, della deliziosa arte culinaria. Se con appena sette (o dodici) note si possono creare infinite melodie, immaginate che cosa si può fare in cucina combinando l’incredibile numero di ingredienti, metodi di cottura e aromi che abbiamo a disposizione. Come un musicista può dilettarsi nell’eseguire partiture altrui o, talvolta, nell’improvvisare o realizzarne di proprie, così il cuoco – non importa se dilettante o professionista – può ripetere ricette apprese da un libro o trasmesse da conoscenti, oppure interpretare la cucina in base alla propria personalità, il proprio gusto o il proprio background culturale.
Per divertirsi e ottenere risultati soddisfacenti non occorre necessariamente essere un grande compositore o un grande chef: è tuttavia necessaria una padronanza delle basi e dei principi che regolano l’armonia della musica o, nel nostro caso, del piatto. Focalizziamo dunque la nostra attenzione su alcuni elementi fondamentali utili a chi desidera comprendere in profondità i segreti alla base della creazione di una ricetta.

Le dinamiche del gusto

Le dinamiche legate al gusto non sono ancora del tutto chiare. Di certo percepiamo i sapori solo se sono volatili e solubili in acqua: le molecole, infatti, si liberano dall’alimento, si legano ai recettori delle papille gustative e diffondono la sapidità per mezzo della saliva. I legami creati dalla molecola sono deboli e facilmente influenzabili: se così non fosse, non potremmo mangiare cibi diversi, poiché tutti avrebbero lo stesso sapore, quello del primo alimento ingerito, e non sarebbe possibile combinare gli ingredienti per creare nuove armonie. Sulla lingua vi sono recettori specializzati per ciascuno dei quattro sapori fondamentali: il sapore dolce è percepito meglio sulla punta, quello amaro nella parte posteriore; il sapore salato si avverte in modo più intenso nella parte laterale anteriore, mentre il sapore acido è percepito meglio nella parte laterale mediana posteriore.
Il sapore dolce è conferito in particolare dai glucidi, ma anche da alcuni aminoacidi e da sostanze sintetiche (per esempio, la saccarina).
L’amaro è causato principalmente dalla presenza di alcaloidi (tra i quali chinino e caffeina), contenuti in genere nelle piante.
Il salato è dovuto alla presenza di ioni di sodio.
L’acido è determinato da una forte concentrazione di ioni di idrogeno.
Nel nostro organismo sapori e odori si uniscono e vengono avvertiti contemporaneamente, poiché la faringe mette in comunicazione naso e bocca, facendo in modo che il gusto del cibo venga percepito come una combinazione delle due sensazioni: un profumo intenso può quindi modificare la percezione di un sapore.

L’interazione dei sapori

L’unione di due o più ingredienti, l’aggiunta di una salsa a un piatto oppure l’abbinamento di un vino sono tutte operazioni che hanno lo scopo di armonizzare o creare un contrasto di sapori e odori, al fine di apportare un miglioramento alla preparazione. Alcune delle combinazioni più diffuse sono elencate di seguito.

L’acido può compensare il sapore insufficiente dell’ingrediente principale: nel sorbetto alla frutta si aggiunge sempre succo di limone per conferire maggiore struttura alla preparazione. Un’ulteriore funzione del sapore acido è quella sgrassante: una maionese senza aceto o limone risulterebbe infatti troppo unta.
Il dolce attenua il sapore acido: una macedonia con troppo limone può essere corretta con l’aggiunta di zucchero. In molti casi la presenza di acido e dolce nelle giuste proporzioni può portare all’esaltazione di entrambi i sapori, attenuando i rispettivi eccessi: nascono così i piatti agrodolci, tipici della cucina occidentale e orientale. In alcune preparazioni il dolce è utilizzato per compensare un sapore troppo salato: per marinare i filetti di pesce, per esempio, si utilizzano in genere sale e zucchero in dosi uguali.
Il sapore salato è fortemente influenzato dalla presenza di grasso che, a causa dello scarso contenuto di acqua, è in grado di sciogliere una quantità limitata di sale: pertanto, a parità di contenuto, un prodotto grasso sembrerà sempre meno salato di uno magro. L’aggiunta di un pizzico di sale a una pasta dolce intensificherà la percezione di quest’ultimo sapore.
Il sapore amaro è quello a cui l’organismo è più sensibile e senza dubbio risulta il più persistente e difficile da correggere: lo si può abbinare con maggiore facilità all’acido e al piccante piuttosto che al dolce, anche se non esistono regole prestabilite

L’abbinamento degli ingredienti

Quando si procede alla creazione di un piatto, occorre tenere presente che in genere la scelta di un abbinamento può avere due obiettivi:
valorizzare alcuni sapori, quando si desidera assecondare o accentuare un determinato gusto. Spesso un ingrediente dolce viene abbinato a ingredienti dello stesso sapore: seppia e piselli, un abbinamento classico, sono entrambi dolciastri. La selvaggina, che ha un aroma intenso e persistente, viene in genere preparata con aromi altrettanto forti;
creare una contrapposizione di sapori, quando si desidera bilanciarne uno troppo intenso. Una preparazione particolarmente grassa deve essere “corretta” con un elemento acido, per esempio aggiungendo il vino nel risotto o il pomodoro nell’ossobuco. Un ingrediente acido come il pomodoro può essere invece bilanciato dalla dolcezza della mozzarella, mentre la tonalità dolciastra dell’anatra viene valorizzata dall’agro dell’arancia. Il gusto salato-piccante del pecorino, infine, può essere sfumato grazie alla dolcezza della pera.
Per iniziare, chi desidera cimentarsi in questo divertente esercizio può prendere spunto da ricette composte da “coppie collaudate” di ingredienti, sia per studiarne una rivisitazione sia per creare piatti nuovi, con la garanzia di un abbinamento riuscito.

Adeguare una ricetta

Il processo di adeguamento delle ricette tradizionali è una pratica costante, soprattutto nella cucina italiana, dove piccoli adattamenti dovuti all’estro dello chef o della massaia, alla necessità di utilizzare un determinato prodotto o all’influenza del territorio confinante sono all’ordine del giorno. Si tratta di “correzioni” che non modificano la logica gastronomica alla base della ricetta e che esprimono la ricchezza e la varietà della nostra cucina. Per rivisitare un piatto tradizionale occorre tornare alle sue origini e tentarne una rilettura con criteri moderni, al fine di adeguarlo al gusto attuale; occorre essere in grado di distinguere tra ingredienti principali e secondari, tra procedimenti fondamentali e ausiliari. Nella cucina moderna la rivisitazione delle ricette classiche si basa essenzialmente su tre principi fondamentali:
diminuire la quantità di grassi e privilegiare quelli di origine vegetale;
diminuire drasticamente i tempi di cottura per mantenere più freschi i sapori;
separare le diverse cotture, unendo gli ingredienti solo all’ultimo istante, per esaltare i sapori e i colori di ciascuno di essi.
Queste tre regole fondamentali non sono ovviamente esaustive. Per esempio, si può incorporare una purea di aglio a un impasto all’uovo per confezionare tagliolini da condire con una salsa di pesce: non si aggiungono ingredienti estranei alla ricetta, ma si caratterizza un elemento neutro al fine di armonizzarlo con il condimento. Nella preparazione dell’anatra all’arancia, anziché marinare la carne la si può siringare con brandy all’arancia, allo scopo di aromatizzarla in modo più intenso e impiegando meno tempo: cambia la tecnica, ma non la sostanza. Come suggerito da Gualtiero Marchesi, invece di presentare la cotoletta alla milanese nella solita maniera, si può tagliare la carne a pezzetti, impanare ogni singolo bocconcino, cuocerlo e “ricostruire” la cotoletta nel piatto: l’attrattiva del piatto aumenta in modo notevole senza aver modificato alcun ingrediente.
Questi pochi esempi possono aiutare a comprendere che un cambiamento ha ragione di essere realizzato quando nella ricetta si individua un elemento debole, un’area critica rispetto agli attuali canoni nutrizionali o gastronomici. Occorre quindi cercare vie nuove per colmare eventuali lacune. Per semplificare il concetto, di seguito proponiamo un esempio con la classica insalata caprese.

Comporre un piatto unico

Un piatto unico è composto da diversi ingredienti abbinati tra loro in base a precisi criteri gastronomici e dietetici. I criteri gastronomici non si discostano dalle indicazioni fornite in precedenza, relative all’abbinamento dei sapori. Per quanto riguarda i criteri nutrizionali, occorre creare una combinazione di alimenti che possano costituire, nel loro insieme, un pasto completo: devono essere sempre presenti un farinaceo, un alimento di origine animale (oppure, in alternativa, un legume) e almeno un ortaggio in quantità consistente.
Un piatto unico dovrebbe idealmente fornire 600-750 calorie: con l’aggiunta di un frutto, un bicchiere di vino ed eventualmente mezzo panino si raggiunge un totale di circa 700-900 calorie. Si tratta di una soluzione alimentare pratica, oltre che economica e senza dubbio sana, che può portare alla riscoperta di antiche tradizioni culinarie ma anche alla creazione di nuove ed equilibrate proposte. Alcuni esempi di piatti unici tradizionali sono la pizza margherita, l’ossobuco di vitello con risotto alla milanese, la polenta taragna, il risotto con le quaglie, la pasta con le sarde e tutti quei piatti basati sulla coppia cereali-legumi (pasta e fagioli, riso e bisi, pasta e ceci): i nostri avi, più o meno consapevolmente, creavano già piatti unici unendo le proteine di due alimenti vegetali a basso valore biologico per ottimizzarne la resa.
Per spiegare come procedere nella creazione di un piatto unico bilanciato, prendiamo in esame alcuni degli abbinamenti più noti della tradizione culinaria italiana: in molti casi,  è sufficiente una piccola aggiunta per riequilibrare il piatto in modo corretto.

 

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