Le fosse misteriose

Marino mi viene incontro con un grande sorriso, gentile nei modi, pacato e rassicurante mentre mi racconta la sua incredibile storia, senza quasi rendersi conto di essere speciale, di aver affrontato un’impresa davvero difficile e piena di incognite e di esserne uscito con soddisfazione e successo.

“Ho realizzato il mio sogno”, mi dice, “ho fatto fatica, ho fatto tanti errori ma ho perseverato, non mi sono arreso”.

Mi trovo a Sogliano al Rubicone in provincia di Forlì-Cesena nel sud della Romagna, in un paesaggio ondulato di colline, calanchi, vigneti e corsi d’acqua tra i quali appunto il piccolo fiume Rubicone che da’ il nome alla valle.

È La Romagna tanto amata da Giovanni Pascoli, che divenne cittadino onorario di Sogliano e da questi luoghi trasse ispirazione per diverse sue liriche famose.

Sogliano nel periodo medievale fu castello dei Malatesta di Rimini che lo dominarono fino al 1640, (in seguito) anno in cui passò allo Stato Pontificio.

Famoso da sempre per la produzione di un particolare tipo di formaggio stagionato in antiche fosse da grano, di origine malatestiana, conosciuto anche come “formaggio di fossa“.

Il luogo dove incontro Marino Brandinelli, è una delle costruzioni all’interno delle mura del vecchio castello malatestiano, costruito intorno all’anno 1000 e che, come quasi tutte le case di Sogliano al Rubicone, si rivelerà uno scrigno dal contenuto molto prezioso: “le fosse”.

Doveva essere una bella casa di pietra con l’affaccio sia sul borgo che sulla valle, deturpata negli anni da strati di intonaci e da altri orpelli architettonici privi di armonia e di rispetto per la storia.

E’il 1999 quando ha inizio l’avventura che durerà tre anni segnati sia dalla fatica fisica, Marino infatti decide di essere parte attiva nel restauro della sua casa, sia psicologica, nella scoperta delle fosse e nella scelta di cambiare la sua professione per dare inizio a qualcosa che non sapeva dove l’avrebbe portato.

Durante i lavori di ristrutturazione, non una o due ma addirittura otto fosse appaiono dalle macerie e diventano il fulcro intorno al quale girerà la nuova vita, della casa, e di Marino, che vede farsi largo nei suoi pensieri la possibilità di perseguire  e realizzare un sogno: diventare infossatore di formaggi.

La fossa di tufo in antichità aveva un duplice utilizzo: in autunno era il luogo di conservazione del formaggio e in altri momenti dell’anno serviva a immagazzinare il grano per proteggerlo dalle razzie dei soldati. Inoltre aveva un valore aggiunto: all’interno, la mancanza di ossigeno teneva lontani gli insetti dal grano.

Più tardi, intorno all’anno 1497, ci si accorge che il formaggio conservato nelle fosse acquistava nei mesi di infossatura anaerobica, profumi e sapori molto particolari. Nasce così il FORMAGGIO DI FOSSA DI SOGLIANO, che conquista la DOP nel 2009 e la cui zona di produzione comprende diversi comuni tra la Romagna e le Marche.

Il periodo tradizionale di infossatura andava dalla primavera alla fine di agosto e la sfossatura avveniva il 25 novembre, Santa Caterina. Tale tradizione era fondata su scelte razionali che riguardavano la produzione del latte, che era maggiore durante la primavera-estate, grazie al pascolo più abbondante. Dopo tre mesi di infossatura il formaggio veniva consumato nei periodi invernali meno produttivi.

I produttori di Formaggio di Fossa di Sogliano sono rimasti fedeli a questa tradizione ed ogni anno, il 25 novembre, tutto il paese partecipa alla sfiossatura, dando vita ad una famosa sagra che si colora di incontri culturali, convegni, concerti e degustazioni.

Il Formaggio di Fossa di Sogliano DOP è prodotto con latte intero vaccino, con latte ovino o con una miscela dei due, utilizzato crudo o pastorizzato. Mantenute in caseificio per un periodo minimo di 60 giorni, le forme vengono poi pulite e chiuse in sacchetti di cotone, sui quali sono riportati i numeri di protocollo, il peso e il nome del proprietario, per poterle poi riconoscere.

Prima dell’utilizzo, le fosse vengono sterilizzate bruciandovi della paglia e poi vengono rivestite da paglia sorretta da canne. Sul fondo vengono deposte delle assi di legno su cui viene adagiato il formaggio fino a riempire completamente la fossa, che viene chiusa con un coperchio di legno e sigillata con il gesso.

Il formaggio rimane sottoterra per un periodo che va da 80/100 giorni, durante il quale, a causa della fermentazione e della sgrossatura, perde peso ma acquista quei profumi che lo rendono unico e prezioso.

Il 25 novembre 2016 c’ero anch’io alla sfossatura e ho respirato una meravigliosa aria di festa e di orgoglio cittadino: tutti emozionati, abbiamo assistito Marino che, dopo essersi infilato tuta, soprascarpe, guanti e non so cos’altro, ha rotto il sigillo di gesso e si è introdotto nella fossa liberandola pian piano dalle forme di formaggio.

Un profumo incredibile difficile da descrivere, ha invaso la stanza inebriandoci e lasciandoci un po’ estasiati, quasi stessimo assistendo a un miracolo della natura.

Ma ripensandoci forse è proprio un miracolo.

Sembra una piccola storia, ma racchiude in sé emozioni, timori, speranze, attese, passioni, insomma la storia di un uomo che ha cambiato il suo percorso credendo in un sogno.

La riflessione, alla fine di questo racconto,  è che “cibo e luoghi” possono davvero cambiare la nostra vita e sicuramente sono testimoni della nostra storia.  Sono il legame con la terra, il nostro linguaggio, il nostro patrimonio.

In una sola parola: la nostra cultura.

Al ritorno dal nostro incontro, mentre scendo la collina, mi guardo indietro e il piccolo paese di Sogliano mi sembra un luogo magico dove i sogni possono diventare realtà.

Precedente “Amorpolenta” chiamato anche Dolce di Varese Successivo TORTA SBRISOLONA