“E il naufragar m’è dolce in questo mare” – Clandestino Susci Bar

Azzurro su azzurro è l’effetto visivo di questo locale sul mare, un po’ come un ton sur ton di un vestito tailor made: così il “Clandestino Susci Bar” (miglior cucina di pesce 2019 secondo “L’Espresso”), accompagna con la sua eleganza lo sfondo unico regalato naturalmente dal monte Conero.

Siamo a Portonovo, nelle Marche, in un’area protetta tra le più incantevoli di tutto l’Adriatico, dove il mare si tinge di un azzurro quasi insolito per le nostre latitudini nazionali, fondendosi con il cielo e la nostra isola del gusto.

Il locale di Moreno Cedroni, chef italiano 2 stelle Michelin, noto per la sua continua ricerca di nuove tecniche di cucina abbinando gli aspetti della tradizione all’innovazione, è il perfetto connubio per chi cerca un’esperienza sensoriale oltre le più rosee aspettative.

Veniamo quindi alla nostra serata: il “Clandestino” si raggiunge a piedi per gli ultimi 50m, pochi passi che ci permettono di immergerci nella natura incontaminata del monte Conero, la stessa natura che fornisce alcuni dei preziosi ingredienti utilizzati nel ristorante.

Ci fanno accomodare all’interno, in uno spazio elegante ed allo stesso tempo accogliente, dalle luci soffuse (non preoccupatevi perché ciascun tavolo ha un fantastico punto luce dedicato e non rischierete di mangiare al buio) e dal personale estremamente cordiale.

Opto per il menù degustazione, del resto è quasi impossibile riuscire a privarsi anche solo di uno di questi magnifici piatti per i quali, la sola lettura della carta, mi provoca un riflesso condizionato degno del migliore tra i cani di Pavlov.

Leggendo si percepisce distintamente la differenza fatta dallo chef Moreno Cedroni e portata avanti da Luca Naula (un giovane e promettente ragazzo Piemontese): ciascun piatto ha un titolo, una descrizione ed un breve racconto collegato all’idea alla base; il lettore viene così trasportato nella visione che ha ispirato la creazione della ricetta, in un naufragio controllato nel quale ci si fida del comandante e dal quale, si spera, non approdare mai.

 

Otto piatti per alcune decine di ingredienti (se non mi sbaglio circa 40-50), dove ciascuna portata successiva ti fa rivalutare la precedente, in un crescendo di profumi, sapori e sensazioni, che ti cullano dall’inizio alla fine dell’esperienza (non un semplice “pasto”), aiutati anche dalle parole del personale di sala che descrive la storia degli ingredienti e la composizione della pietanza.

Avevo pensato di dettagliarvi tutte le portate, ma ho deciso di evitarlo per non rovinarvi la sorpresa nel caso in cui vogliate andare al “Clandestino”, poiché vorrei

che provaste le stesse sensazioni che ci hanno fatto naufragare, anche solo per un paio d’ore, nel dolce mare del Conero.

Non vi rivelerò il mio piatto preferito, ma vi posso dire tranquillamente che la scelta non è stata per nulla semplice, visto il livello altissimo di tutta la cena.

Usciamo dal locale e ci reimmergiamo nella natura per raggiungere l’auto, ripenso ai sapori, ai profumi, alle sensazioni provati ed alla famosa poesia di Leopardi (Porto Recanati è poco distante da qui) “Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare”.