Tu vuo fà l’Americano?
Il cibo è tema scottante nei negoziati relativi al trattato transatlantico commerciale (TTIP), il quale mira ad armonizzare le regole Europee con quelle Statunitensi. È chiaro che ognuna delle due parti interessate è convinta che le proprie norme siano le migliori, ma l’armonizzazione richiede compromessi tra posizioni molto diverse. Ecco alcuni esempi. In Europa, se i dati scientifici non consentono una valutazione completa del rischio di un prodotto, l’UE stabilisce regole preventive per evitare rischi per la salute umana, animale o vegetale; negli Stati Uniti, invece, fino a prova scientifica contraria, si può produrre, vendere e mangiare tutto. In Europa la valutazione dei rischi è effettuata da autorità ufficiali, negli Stati Uniti le autorità si affidano alle analisi private delle aziende. Le norme UE prevedono misure lungo tutta la filiera per garantire la sicurezza del prodotto finale, negli Stati Uniti invece si prediligono trattamenti chimici del prodotto finale per eliminare virus e batteri. I negoziati, inoltre, prendono in considerazione il reciproco riconoscimento degli standard alimentari. Carne statunitense trattata con ormoni per la crescita (ora banditi nell’UE) e prodotti contenenti Ogm potrebbero così entrare nell’UE e senza indicazioni in etichetta. Che informazioni avrà allora il consumatore sul suo cibo? E chi può beneficiare di un trattato per il commercio transatlantico? Certo non le piccole aziende che servono il mercato locale. In Italia solo il 2% delle imprese ha più di dieci dipendenti, solo il 5% esporta e oltre un quinto di quelle esportazioni è destinato a paesi europei. A guadagnare, dal Trattato, saranno quindi poche grandi aziende, mentre quelle piccole dovranno gareggiare con prodotti importati meno cari. La crescita promessa dal Trattato quale sarà? Quella dei polli americani importati in Europa e dei suini europei esportati negli Stati Uniti, da allevamenti industriali e senza tranciabilità? Chi vuole una crescita così? Slow Food no.
Scritto da Marta Messa
Da La Stampa, rubrica Sostiene Slow Food, 9 novembre 2014
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