Non ci resta che piangere

Non ci resta che piangere

Non ci resta che piangere
Non ci resta che piangere

70 anni fa in questi giorni nasceva a San Giorgio a Cremano, il Grande Massimo Troisi, per onorare la sua memoria vi presento la ricetta ispirata al film “Non ci resta che piangere”.
Il film del 1984 scritto, diretto e interpretato da Roberto Benigni e Massimo Troisi. Credo di averlo visto una ventina di volte e tutte le volte strappa un sorriso e anche due o tre.

«Ehi! Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!»

La scena più iconica del film, non potevo non tentare di riprodurla, praticamente ho ricreato il carro, il varco e il tavolo con del pane tostato, sopra il tavolo un fiorino creato con zeste di limone, siccome ultima pasto prima di scoprire che Colombo ormai è partito la fanno con il pinzimonio, e quindi…..

Avevo già preparato una ricetta per l’ultimo film dell’attore partenopero Il Postino

Ingredienti per 4 persone

  • 8 fette di pane ai cereali
  • Le zeste di un limone bio marinate
  • 4 carote
  • 4 finocchi
  • 4 cipollotti
  • 4 coste di sedano
  • 6 cucchiai Olio EVO
  • 3 cucchiai di succo di limone bio
  • 1 cucchiaio di colatura di alici di Cetara
  • 1/2 cucchiaio Tabasco

Preparazione

L’uso del pinzimonio, inteso come salsa per condire verdure crude da mangiare senza l’ausilio di posate, è accertato nei banchetti rinascimentali allorché frutta e verdure, un tempo aventi solo funzione decorativa dei vassoi delle portate, iniziarono a essere consumate intinte nei sughi delle carni che avevano accompagnato. In tempi più recenti l’olio d’oliva rimpiazzò i sughi, con le verdure crude che acquisirono autonomia dalla semplice funzione di contorno.
Iniziamo a creare il carro e il banco con il pane tostatelo in forno a 150 gradi per circa 10 minuti. Mentre il pane tosta, pulite tutte le verdure e tagliatele a bastoncini.
Preparate la salsa per il pinzimonio, invece di usare il sale usiamo la colatura di alici di Cetara in onore di Troisi mescolate bene 6 parti di Olio EVO, 3 parti di succo di limone bio, 1 parte di colatura di alici di Cetara, 1/2 parte di Tabasco, emulsionate bene e lasciate riposare per qualche minuto.
Queste sono le dosi per la mia preferita, ma se volete modificarla, liberi di farlo.
Il fiorino è creato con la buccia di un limone bio, privata della parte bianca e fatta marinane in acqua e aceto.

Buon appetito

#ricettedicelluloide #RicetteFilm #IlFilmNelPiatto

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Trama

«Ehi! Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!»
Campagna toscana. Il bidello Mario e l’insegnante Saverio sono fermi a un passaggio a livello, in attesa che il treno passi. I due sono amici e si confidano a vicenda. Saverio tra l’altro è preoccupato per sua sorella Gabriella, caduta in depressione per il fallimento della sua relazione con un ragazzo statunitense. L’attesa si protrae e decidono di percorrere una stradina tra i campi. Dopo un po’ restano in panne con l’auto in mezzo alla campagna. Si fa sera, piove. I due trovano alloggio in una locanda per la notte, in cui si notano già candele, penna e calamaio. Salgono nella stanza e vi trovano già un’altra persona che dorme.
La mattina dopo, appena svegli, vedono, divertiti, l’ospite urinare dalla finestra, ma le loro risa vengono subito troncate dal sibilo di una lancia che lo uccide. Mario e Saverio scorgono fuggir via delle persone in mantello nero a cavallo, si precipitano al piano terra e trovano altre persone, vestite in modo molto strano. Increduli, si fanno dire da un uomo dove si trovano e scoprono di trovarsi a Frittole, un immaginario borgo toscano, nel 1492. Ritenendolo dapprima un terribile scherzo, debbono poi rassegnarsi alla dura realtà facendosi ospitare da Vitellozzo, il fratello dell’uomo ucciso, Remigio, il quale racconta loro di una terribile faida con un tale Giuliano Del Capecchio, che sta sterminando la sua famiglia. Giunti nel borgo, conoscono Parisina, madre di Vitellozzo e del defunto Remigio e iniziano a lavorare nella loro bottega di macelleria.
Nel contesto rinascimentale del borgo accadono gli episodi più disparati. Saverio sembra subito a suo agio, mentre Mario non vuole saperne di ambientarsi. Ben presto, però, durante una funzione religiosa, Mario fa la conoscenza di Pia, fanciulla di una famiglia ricca, con la quale inizia a vedersi affacciandosi dal muro di cinta della casa di lei. Nel frattempo Vitellozzo viene arrestato e Saverio e Mario scrivono invano una lettera a Girolamo Savonarola per ottenere la sua liberazione.
Saverio (che continua a dire a Mario di chiedere a Pia se abbia una amica da presentargli) non nasconde un certo fastidio per gli incontri tra Mario e la giovane Pia e si lamenta del fatto che rimane sempre e solo lui a lavorare nella macelleria. Spinto dal suo ardore politico-intellettuale, convince il suo amico a mettersi in viaggio per la Spagna, onde raggiungere Cristoforo Colombo e dissuaderlo dal partire per le Indie e scoprire l’America, in modo che, nel futuro, sua sorella non possa incontrare il ragazzo statunitense che l’ha lasciata. In un luogo imprecisato i due si imbattono in una bella amazzone, Astriaha, che li intimidisce scagliando una freccia contro il loro carro.
A questo punto la storia si differenzia a seconda della versione, standard o estesa.

Versione standard
I due protagonisti mentre cercano di insegnare a Leonardo da Vinci invenzioni e concetti contemporanei
In Francia, Mario e Saverio si imbattono in Leonardo da Vinci, e spinti da un irrefrenabile entusiasmo tentano di proporgli le conoscenze delle invenzioni attuali ma data la loro stessa ignoranza e la distanza dalle cognizioni del genio, partendo dal treno, il termometro, l’elettricità e il semaforo, i due poi debbono rassegnarsi a spiegargli il gioco della scopa.
In una taverna i due rincontrano Astriaha, la quale racconta loro che il suo compito era impedire l’arrivo in Spagna di qualunque straniero, per garantire la partenza delle navi di Colombo. A queste parole i due rimangono di stucco: “Colombo è già partito?!” e si precipitano in riva all’oceano senza scorgere neanche l’ombra delle caravelle.
I due tentano di tornare in Italia e con stupore vedono il fumo di una locomotiva. Convinti di essere tornati nel Novecento, scoprono a malincuore che il macchinista è Leonardo, il quale ha fatto tesoro dei loro insegnamenti e, vedendo il loro disappunto, li rassicura sui proventi dell’affare da dividere in parti uguali: «Per carità! Trentatré, trentatré e trentatré!».

Versione estesa

Nel montaggio di questa versione, l’incontro con Leonardo viene anticipato per dar modo di svolgersi agli eventi che riguardano Astriaha.
La ragazza dice che per colpa loro non dorme e non mangia da tre giorni e intima loro di tornare dal loro capo, Alonso. Mario e Saverio non sanno chi sia questo Alonso e cercano di discolparsi. La ragazza sviene, Saverio la soccorre e subito se ne innamora. Rinvenuta, Astriaha obbliga i due a seguirla da suo padre. Saverio la corteggia continuamente, ma lei non sembra corrispondere, anzi. Una notte raggiunge Mario in una stalla e fanno l’amore. Saverio li vede e la mattina dopo, disperato, decide di vendicarsi. Mentre Mario si riposa vicino a un fiume, Saverio parla ad Astriaha e le confida che Mario è veramente un uomo di Alonso.
La donna, sdegnata, fugge. Mario si arrabbia, i due litigano, si picchiano, si rincorrono fino ad arrivare ad una spiaggia. Insieme chiamano il nome di Colombo a squarciagola, ma scoprono che le tre caravelle sono già partite. Sconsolato, Saverio rivela a Mario il vero motivo per cui voleva fermare il navigatore: “Fred, il fidanzato della mi’ sorella, era americano, era uno della NATO di Pisa. Se io, per cinque minuti, riuscivo a fermare Colombo, quell’imbecille non nasceva e la mi’ sorella stava bene”. Le due versioni si riallacciano nella scena della corsa sulla spiaggia.

Produzione

Il titolo del film deriva da una lettera di Francesco Petrarca indirizzata a Barbato da Sulmona:

Riprese

Benigni e Troisi in un’intervista hanno dichiarato che la celebre scena in cui passano la dogana è stata girata più e più volte perché i due non riuscivano a restare seri. I due comici, a metà film, avevano girato talmente tanto materiale superfluo che furono costretti a cancellare alcuni episodi, come ad esempio quello che avrebbe dovuto far indossare all’amico comune Marco Messeri i panni di Savonarola.
La scena in cui Benigni e Troisi scrivono la lettera a Girolamo Savonarola è un omaggio alla scena del film Totò, Peppino e la… malafemmina, nella quale i protagonisti scrivono una lettera sconclusionata alla fidanzata del nipote.
Durante la registrazione nella campagna umbra fu fatto uno scherzo a Carlo Monni (Vitellozzo nel film). Benigni e Troisi gli fecero pronunciare cose scurrili sulla madre di Amanda Sandrelli, Stefania, attrice allora in voga. Amanda, che per opera dei due aveva ascoltato tutto, andò nel camper di Carlo Monni e gli diede un bello schiaffone.

Luoghi

Alcune scene del film sono state girate all’ospedale di Bracciano e presso la stazione di Capranica Scalo, dove si trova il famoso passaggio a livello. La famosa scena “della dogana” è stata girata a Paliano, all’interno della riserva naturale La Selva. Così anche la scena finale con la locomotiva del Gruppo 400 delle Ferrovie Mediterranea Calabro Lucane, che oggi giace su un tronchino arrugginendosi.
La scena dell’incontro con Leonardo Da Vinci è girata sulle rive del laghetto del Pellicone, presso Vulci, nella maremma laziale, all’interno dell’omonima area archeologica etrusca. Il sentiero che porta al lago presenta un cartello con le foto di questo e altri film, testimoniando il luogo come set cinematografico. La scena della spiaggia è stata girata a Cala di Forno – comune di Magliano in Toscana – nel cuore del Parco naturale della Maremma.

Pubblicato da peperonciniedintorni

Calogero Rifici nato a Mirto (ME) nel lontano 13 aprile 1958, sono Perito Meccanico e studio cucina, fotografia, elettronica, informatica, ec, ec. Nel 1982 mi sono trasferito a Firenze, per lavorare nel primo impianto di smistamento d’Italia, nel 1984 mi sono sposato con Marina e ci siamo trasferiti a Livorno, sul mare, perché ci nasce sul mare difficilmente ci rinuncia. Per circa 6 anni ho insegnato Office automation in una scuola superiore, ho tenuto diversi corsi di informatica in diverse aziende. Per tanti Anni ho lavorato come specialista infrastrutture per una grande azienda di servizi, mi occupo di sicurezza. Dal gennaio 2019 sono libero professionista, nel campo enogastronomico Dal 2002 sono membro dell’accademia del peperoncino, dal 2008 sono Sommelier Fisar delegazione Livorno. Da 2013 ho un blog, www.peperonciniedintorni.it dove pubblico notizie enogastronomiche e ricette. Quando nelle ricette uso ingredienti particolari, prima spiego gli ingredienti che uso e poi illustro le ricette. Le mie ricette sono o tradizionali o di mia creazione, cerco di valorizzare i prodotti che uso. Faccio parte della delegazione Slow Food di Livorno, e cerchiamo di far conoscere la natura, specialmente ai bambini.

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