New York, nel concorso sulla pasta vincono a sorpresa 3 chef non italiani
New York, nel concorso sulla pasta vincono a sorpresa 3 chef non italiani, la cucina new american non disdegna la pasta secca e i cuochi sono sempre più lontani dallo stereotipo della trattoria. Ecco i dieci finalisti de “Il primo di New York”, in gara nella prestigiosa James Beard Foundation.
Nella cucina new american si fa sempre più strada la pasta. Che da simbolo dell’immigrato italiano (“maccherone”) diventa elemento di fascino per l’alta ristorazione. Complici pastifici che lavorano sulla qualità e sulla diffusione della cultura della pasta, l’ingrediente tipico del made in Italy acquisisce appeal gastronomico e i cuochi si cimentano in ricette lontane dallo stereotipo della vecchia trattoria. Se ne è visto un saggio durante “Il primo di New York“, una competizione tra cuochi dei ristoranti newyorkesi, ospitata nella prestigiosa sede del James Beard Foundation a Manhattan. Su 60 chef iscritti alla gara, 10 sono arrivati in finale, di cui sei italiani che lavorano a New York. A sorpresa su tutti e tre i gradini del podio si sono piazzati i non italiani, con vittoria a unanimità per Joshua Pinsky del ristorante Momofuku Nishi, seguito da Ed Schoenfeld, del RedFarm, e Garrison Price de Il Buco Alimentari & Vineria.
Joshua Pinsky, vincitore de Il Primo di New York
Ed Schoenfeld, RedFarm, Rosmarino con costolette brasate all’anice
Garrison Price, Il Buco Alimentari & Vineria, Eliche giganti con ragù di agnello da pascolo
Eccellente anche il terzo piatto che de nota una ricerca sulla materia prima: dall’agnello pré-salé alle favette fresche con tanto di foglie della pianta, al pecorino fresco. Anche i piatti non finiti sul podio erano ottimi, per puntualità di cottura, qualità del condimento, buoni abbinamenti formato-salse. Forse la marcia in più dei vincitori è stata la capacità di non dare alcunché per scontato, non cullarsi nella sicurezza che “siamo i migliori perché la pasta c’è l’abbiamo nel dna”.La pasta in Usa, insomma, si allontana dallo stereotipo degli spaghetti con meatballs e/o dall’idea di ingrediente “esotico” e conquista i gourmet della Grande Mela.
Gli esempi non mancano. Massimo Sola, che ha vinto la gara lo scorso anno, terminata la sua collaborazione con il Mamo, si sta dedicando all’apertura di un locale a tutta pasta a Manhattan che porterà il suo cognome. Nel frattempo sta per avvicinarsi l’inaugurazione del Pasta Flyer, fast food dedicato al piatto simbolo dell’Italia da Mark Ladner, già executive chef di Mario Batali a Del Posto.
E, con grande gioia degli americani approdati negli Hamptons per l’estate, anche la summer edition del tre stelle Michelin e numero uno per la classifica dei migliori 50 ristoranti del mondo, Eleven Madison Park dello chef Daniel Humm ha messo in menu, insieme a astici in tempura e insalate di avocado e bonito, ben quattro piatti di pasta: linguini (in Usa e chiamano così) vongole, aglio e prezzemolo, orecchiette con sugo e polpettine, garganelli piselli e pecorino, spaghetti alla chitarra con ricci di mare. Certo, la cottura per i gusti degli italiani deve essere un po’ ritoccata nei tempi. Ma tant’è: il fine dining americano ri-scopre la pasta secca. Ossia inizia ad amarla non più come specialità straniera o come elemento accessorio della ricetta ma come protagonista. Riconoscendole dignità di alta cucina.
Silvia Barban, LaRina, Fresine con peperoncino calabrese, pan grattato e nocciole tostate
Fonte ELEONORA COZZELLA http://www.repubblica.it/sapori/
calogero@peperonciniedintorni.it
https://www.facebook.com/PeperoncinieDintorni?ref=hl
http://peperonciniedintorni.giallozafferano.it
https://twitter.com/@calorifi
https://www.pinterest.it/calorifi/
https://www.instagram.com/calorifi/
https://www.linkedin.com/home?trk=nav_responsive_tab_home Calogero Rifici https://www.youtube.com/user/calorifi1/