In effetti chi ama e conosce il prodotto parla di cappero di Salina e non delle Eolie.
Così, se da una parte c’è chi fa notare che la denominazione porterebbe a un aumento dei controlli e a evitare che i capperi provenienti da altri paesi possano essere spacciati per eoliani, dall’altra i sindaci di Salina, cioè dei tre comuni, Santa Marina, Malfa e Leni, sono scesi in campo per difendere la ‘vecchia’ dicitura.Insomma la diatriba coinvolge le due isole più grandi dell’arcipelago: Salina e Lipari, dove si è conclusa una riunione con i rappresentanti del Mipaaf e dell’assessorato siciliano all’agricoltura proprio in vista dell’approvazione del disciplinare e dove i sindaci di Salina hanno affermato le loro ragioni.

"Giù le mani dai nostri capperi": scontro per la dop nelle Eolie

I capperi sono un prodotto legato alla nostra isola – ha spiegato a Sapori Clara Rametta, prima cittadina di Malfa – ed è risaputo fin dall’800. Io ho 60 anni e mi ricordo che ero ancora una bambina quando venivano da Messina, da Catania, da altre città della Sicilia e anche da Lipari per comprare fusti di capperi da commercializzare. Le produzioni delle altre isole sono più recenti e comunque si tratta di piccole quantità”.

Secondo Rametta il problema è che “ci sono i commercianti che hanno le loro comprensibili ragioni, ma non si possono definire produttori solo perché negli ultimi due anni si sono messi a curare alcune piante. I produttori sono storicamente di Salina”. La pretesa di Lipari sarebbe a detta del sindaco di Malfa solo una questione di interessi economici: “E’ comprensibile e giusto voler ottenere fondi europei per gli impianti colturali, ma non lo possono fare col nostro marchio. La Dop del Cappero delle Eolie sarebbe un falso storico clamoroso”.
I tre sindaci – con Rametta anche Riccardo Gullo e Domenico Arabia – portano a riprova della loro tesi anche la sagra del cappero di Salina, che è nata 26 anni fa (“e dove docenti universitari del calibro di Corrado Barberis sono venuti in passato a dare il contributo sulla storia e il valore di questo prodotto”), mentre a Lipari – sottolineano – “se la sono inventata due anni fa”.

Un’altra prova a sostegno potrebbe essere il fatto che il cappero di Salina era un presidio Slow Food, cioè tutelato per la sua storia, artigianalità e condizioni difficili di produzione.
I capperi di Salina, che si distinguono per compattezza del bocciolo, uniformità di dimensioni e aroma, hanno negli ultimi anni subito la concorrenza spietata dei prodotti nordafricani, in più con l’impossibilità di meccanizzare le operazioni colturali, aggiunte alla comparsa di nuovi parassiti della pianta e all’alto costo della manodopera, per questo Slow Food aveva deciso di sostenerne la coltura.
C’è anche da dire che queste querelle nelle Eolie non sono nuove: quando il cappero di Pantelleria ha ottenuto l’Igp nel 1996 era stata proposta anche per quello di Salina, ma i produttori non riuscirono a trovare un accordo sul disciplinare e a riunirsi in un consorzio, così la possibilità sfumò.
Potrebbe sfumare anche stavolta. Dopo l’istruttoria ministeriale e il parere positivo della Regione, entro un mese si potranno presentare ricorsi ed entro 90 giorni sarà definito l’iter per la Dop. Ed è proprio il ricorso ciò che annunciano i sindaci di Salina.

Articolo di ELEONORA COZZELLA 

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