C’era una volta… IL DESINARE
C’era una volta… IL DESINARE, qualche giorno fa ho assistito ad un evento dal titolo “C’era una volta il desinare” l’incontro e stato promosso dalla Fondazione Livorno e Fondazione Livorno – Arte e Cultura.
Dopo gli appuntamenti estivi nei parchi di Livorno e a Piombino, a Palazzo Appiani, le conversazioni si sono spostate nel Museo della Città.
Nella Sala del Rettile – messa a disposizione dal Comune di Livorno che collabora con la Fondazione nell’organizzazione degli eventi, con il supporto della cooperativa Itinera – si è svolto domenica 5 dicembre alle ore 18, una piacevole chiacchierata sul cibo che a Livorno vanta un’antica tradizione. Non si è parlato di ricette, argomento ormai inflazionato, ma di materie prime.
Ha moderato l’incontro il prof. Nicola Perullo (Livorno, 1970) filosofo e accademico, professore ordinario di Estetica e Prorettore dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, il principale studioso italiano di filosofia del cibo e del gusto. Perullo ha conversato con gli autori ponendo domande e riflessioni.
Attraverso una rigorosa ricerca delle fonti, Clara Errico e Michele Montanelli, autori dei 10 fascicoli che costituiscono la raccolta “C’era una volta il desinare”, ci faranno invece scoprire curiosità, anche inedite, su ciò che avveniva a Livorno, riguardo al cibo, dal sec. XVI al XIX: i luoghi di produzione delle materie prime, la preparazione degli alimenti e cosa si consumava.
Questi argomenti sono stati trattati durante il corso annuale di Storia di Livorno che Clara Errico e Michele Montanelli hanno tenuto nell’anno accademico 2020/2021 all’Università della Terza Età di Livorno.
Da queste lezioni, sono nati dieci fascicoli che Fondazione Livorno – Arte e Cultura ha presentato e che intende proporre agli alunni delle scuole per accompagnarli in un percorso originale, ma anche scientificamente attestato, nelle pieghe della storia di questa città.
Dieci brevi saggi che raccontano, ma soprattutto documentano, il rapporto con alcuni prodotti, locali o importati, protagonisti indiscussi delle tavole di tutti i tempi.
La raccolta si apre con un omaggio a piazza delle Erbe
e all’Albero della Cuccagna. Poi, le immagini inedite della “Casina delle Ostriche” ripropongono una curiosità conosciuta, ma non da molti, e per l’occasione rivisitata e arricchita. Nel terzo volume si scopre che in certe epoche, per pescare, erano necessarie particolari concessioni e, soprattutto, che i livornesi, più che pescatori, sono stati commercianti di pesce.
Chi avrebbe mai detto che, a poca distanza dal centro della città, si coltivasse l’uva! Ma il vino prodotto non era un granché e quindi veniva prevalentemente importato, attraverso il porto, e anche venduto. Altra singolarità è la diffusione degli agrumi nei giardini, prevalentemente a scopo ornamentale. E ancora la produzione e il consumo della birra, i bottini dell’olio e la pregiata produzione locale di materia prima, le saline livornesi, lo zucchero che arrivava sotto forma di sciroppo grezzo… per finire con l’acquaiolo, indispensabile, quando pensare all’acqua dei rubinetti sarebbe stato pura follia.
Sono in fase di scrittura altri opuscoli che tratteranno di altre materie prime importanti per la citta ma non solo..
Buona Lettura
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