Americani stanchi degli Ogm

Americani stanchi degli Ogm: polenta della Bassa negli Usa

Americani stanchi degli Ogm
Americani stanchi degli Ogm

La Grande Ruota di Dello vende farina gialla nell’impero del mais

La farina da polenta bresciana alla conquista del West. Quell’America patria incontrastata del mais geneticamente modificato, coltivato su 70milioni di ettari, importa ogni anno 50mila quintali di farina gialla macinata dalla Grande Ruota di Dello. Il motivo? Semplice ma spiazzante. eE lo sintetizza Paolo Coffinardi, titolare del mulino a conduzione famigliare attivo dal 1853: «Innanzi tutto perché una buona fetta di americani vuole farine non Ogm. L’Italia è una garanzia, visto che le colture geneticamente modificate sono vietate per legge, ed è considerato un Paese che tutela la genuinità dei suoi prodotti alimentari. In secondo luogo perché il mais che cresce in questa porzione di pianura è qualitativamente il migliore: vista l’abbondanza d’acqua, la pianta non soffre stress idrico e le micotossine contenute nei chicchi sono molto basse».

Mica scemi gli americani. Che richiedono per ogni derrata di farina in arrivo nei loro porti una fitta serie di analisi biologiche e chimiche. Come abbiano fatto i Coffinardi a farsi conoscere negli Usa, una decina di anni fa, resta un segreto del loro talento imprenditoriale. Fatto sta che erano in pochi a credere alla loro scommessa. Nel Nord Italia il mercato delle farine da polenta era a dir poco saturo. La concorrenza agguerrita. Servivano quindi nuove frontiere e rotte commerciali. Perché non provare a ritroso quella intrapresa da Cristoforo Colombo nel 1492, che tornò dalle lontane Americhe con quelle pannocchie che poi colonizzarono le colture di tutta Europa? Detto, fatto. «Abbiamo iniziato con modeste quantità – prosegue Coffinardi – ma negli anni la richiesta è aumentata. E di conseguenza abbiamo aumentato i contratti d’affitto con gli agricoltori della zona, fino ad arrivare agli attuali 300 ettari». In questi campi viene seminata un particolare tipo di mais, adatto per farine da polenta. Non è il mais ceroso destinato all’alimentazione animale. I prezzi al quintale riconosciuti agli agricoltori sono ben più redditizi. Insomma è tutta la filiera a guadagnare dall’export in America. Ma dove finisce la farina bresciana? In ristoranti, supermercati, negozi specializzati. Viene confezionata in sacchetti da due libbre, con tanto di bandiera italiana, che fa tanto «good food».

La storia dei Coffinardi può tornare utile al dibattito in corso sull’opportunità di inserire anche in Italia la sperimentazione delle colture Ogm. Un dibattito sul quale è diviso il mondo agricolo, con la Confagricoltura favorevole e la Coldiretti decisamente contraria. Lo stesso mondo scientifico è spaccato. E sta pesando la richiesta della scienziata (e senatrice a vita) Elena Cattaneo di aprire alla sperimentazione, invitando ad abbandonare «dannosi pregiudizi». Una cosa è vera: se in Italia gli ogm sono vietati per l’alimentazione umana, gli animali d’allevamento sono alimentati con mais e soia transgenica importata dal Nord e dal Sud America. Da qui l’assunto di partenza della Confagricoltura: perché non seminare anche in pianura padana l’Ogm? Per la Coldiretti i vantaggi indiretti dell’ogm sono un falso mito. E ricordano i potenziali danni al made in Italy. Viste le piccole dimensioni delle nostre colture (gli appezzamenti a mais del Bresciano sono 1166 volte inferiori a quelli Usa) sarebbe conveniente puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità. Come insegnano i Coffinardi.

Fonte PIETRO GORLANI Corriere della Sera

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Pubblicato da peperonciniedintorni

Calogero Rifici nato a Mirto (ME) nel lontano 13 aprile 1958, sono Perito Meccanico e studio cucina, fotografia, elettronica, informatica, ec, ec. Nel 1982 mi sono trasferito a Firenze, per lavorare nel primo impianto di smistamento d’Italia, nel 1984 mi sono sposato con Marina e ci siamo trasferiti a Livorno, sul mare, perché ci nasce sul mare difficilmente ci rinuncia. Per circa 6 anni ho insegnato Office automation in una scuola superiore, ho tenuto diversi corsi di informatica in diverse aziende. Per tanti Anni ho lavorato come specialista infrastrutture per una grande azienda di servizi, mi occupo di sicurezza. Dal gennaio 2019 sono libero professionista, nel campo enogastronomico Dal 2002 sono membro dell’accademia del peperoncino, dal 2008 sono Sommelier Fisar delegazione Livorno. Da 2013 ho un blog, www.peperonciniedintorni.it dove pubblico notizie enogastronomiche e ricette. Quando nelle ricette uso ingredienti particolari, prima spiego gli ingredienti che uso e poi illustro le ricette. Le mie ricette sono o tradizionali o di mia creazione, cerco di valorizzare i prodotti che uso. Faccio parte della delegazione Slow Food di Livorno, e cerchiamo di far conoscere la natura, specialmente ai bambini.

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