A Cheese 2019 si immagina il futuro del cibo

A Cheese 2019 si immagina il futuro del cibo

A Cheese 2019 si immagina il futuro del cibo
A Cheese 2019 si immagina il futuro del cibo

(della biodiversità, dell’ambiente, dell’uomo)

I naturali: un’idea di futuro possibile

Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità
Cheese è la manifestazione di Slow Food più naturalmente legata ai prodotti: nella
quattro giorni di Bra i formaggi protagonisti si conoscono e apprezzano con tatto, gusto
e olfatto mentre intorno a loro esperti e produttori sviluppano alcuni dei grandi temi
che agitano il mondo della produzione alimentare al giorno d’oggi.
A partire dall’ultima edizione, Slow Food ha preso possesso di un nuovo territorio
culturale, compiendo un ulteriore passo in avanti, che è quello verso il naturale. Per noi
di Slow Food i prodotti non sono oggetti da mettere in vetrina negli spettacoli dei grandi
chef. La nostra visione della gastronomia risponde a quanto espresso da Massimo
Montanari, il più grande storico del cibo italiano, già vent’anni fa. E cioè che
l’evoluzione verso i prodotti tipici tradizionali rappresenta il futuro e non il passato,
quello che ci auspichiamo avvenga e non nostalgia. Questa concezione strategica per il
nostro futuro si concretizza riconsegnando ogni prodotto alla propria storia e al proprio
territorio: questa è l’essenza di ciò che vuol dire naturale per noi e che sta già
accadendo oggi nel mondo. Prova ne sono le tendenze produttive a cui Cheese dedica
parole e spazi espositivi, momenti di approfondimento e degustazioni. Sono i vini senza
lieviti selezionati e i pani a lievitazione naturale, movimenti ormai ben affermati che la
manifestazione accoglie e amplifica. Ma sono anche i formaggi senza fermenti selezionati
e i salumi senza nitriti e nitrati, per i quali Slow Food è stato precursore.
Infatti, da un lato l’industria più meramente legata al profitto spinge verso produzioni
iper-lavorate, dannose per salute e ambiente, che distruggono una biodiversità invisibile
fatta di batteri, enzimi e lieviti, silenziosamente sotto attacco dall’utilizzo sempre più
diffuso di colture selezionate dall’industria; mentre dall’altro le grandi aziende più
accorte e i produttori di piccola scala mostrano sempre più interesse verso le alternative
già oggi praticabili, aprendo la strada a consumi più razionali, sani, equilibrati e
sostenibili.

Tutte le virtù dei formaggi da erba

Andrea Cavallero, già professore di Alpicoltura al dipartimento di Scienze Agrarie
Forestali e Alimentari dell’Università di Torino
Fino a 20 anni fa era normale che gli animali erbivori si cibassero, appunto, di erba,
mentre oggi nutrirli al pascolo è diventata una grande novità o una pratica da sostenere
affinché non vada persa. Ma i benefici che derivano dal promuovere i formaggi da erba
sono reali e le loro ricadute addirittura inaspettate su alcuni ambiti.
Una risposta all’abbandono
L’unicità delle Alpi e dell’Appennino, soprattutto settentrionale, è data da migliaia di
anni di utilizzo da parte dell’uomo e delle sue greggi che hanno ampliato le zone di
vegetazione gradita. Valorizzare gli alpeggi grazie ai formaggi prodotti con latte da
erba può essere una risposta all’abbandono delle montagne. Oggi abbiamo perso il 50%
dei pascoli ma il problema non sono i cambiamenti climatici quanto piuttosto la cattiva
gestione dell’ambiente. Solo nelle Alpi occidentali si trovano oltre 90 varietà di erbe
gradite agli animali, di cui circa 40 sono molto diffuse.
Ambiente
I pascoli ben curati hanno un effetto positivo sull’ambiente da diversi punti di vista.
Innanzitutto trattengono maggiore CO2 rispetto ai boschi perché hanno un sistema
radicale più sviluppato; permettono di conservare il paesaggio; rafforzano la biodiversità
della flora ma anche della fauna; rendono le zone montane fruibili, diversamente dalla
boscaglia selvaggia e abbandonata a sé stessa; riducono il rischio idrogeologico dovuto
a una montagna mal gestita.

Gusto

La ricchezza dei pascoli si trasmette nei formaggi d’alpeggio, espressione del territorio,
della biodiversità di erbe, dei latti e, non da ultimo, del sapere umano.
Ciò che fa bene agli animali fa bene anche a noi
Andrea Pezzana, SC Nutrizione Clinica ASL Città di Torino
Possiamo sintetizzare le ricadute dei formaggi da erba sulla salute dell’individuo in un
concetto molto semplice che, anche grazie al lavoro trentennale di Slow Food
sull’educazione alimentare e del gusto, si sta diffondendo sempre di più, e cioè che ciò
che è buono per gli animali lo è anche per la salute di chi si nutre del cibo che da essi
deriva. Ecco perché è così importante sapere come sono state allevate vacche, pecore e
capre. Purtroppo il formaggio è proprio uno degli alimenti per cui emerge l’estrema
fragilità del sistema di etichettatura, in quanto la legge prevede solo tre ingredienti –
latte, caglio e sale – quando in realtà le differenze si giocano a livello di micro nutrienti.
Nel caso dei formaggi, per godere appieno di vantaggi nutrizionali e organolettici, la
qualità fa davvero la differenza. Infatti, la composizione del latte è influenzata da ciò
che l’animale ha mangiato e da come ha vissuto: se gli animali sono nutriti principalmente
a erba e fieno o, in assenza dei primi due, con granaglie intere germinabili, ritroveremo
un migliore bilanciamento tra acidi grassi polinsaturi omega 3 e omega 6 nei formaggi
prodotti con il latte di quegli animali. Non dimentichiamo infatti che oltre alla quantità
dei grassi – il formaggio è comunque un alimento per cui è consigliabile un consumo
programmato e non quotidiano – è fondamentale anche in questo ambito la qualità di
quelli assunti. Vale quindi la pena concedersi un formaggio da erba ma consumato con
una frequenza minore. Solo così si può contribuire a riavvicinare il rapporto tra omega
3 e 6 e migliorare la capacità dell’organismo di difendersi da infiammazioni croniche e
attacchi derivanti dall’ambiente circostante.

La rinascita della montagna

Ludovico Roccatello, responsabile Comunità Slow Food e sviluppo della rete
La montagna è il luogo in cui l’uomo è posto in una condizione estrema di interazione
con la natura, il luogo paradigmatico in cui si può ricostruire un dialogo positivo con
l’ambiente. Paradossalmente il problema principale del ritorno alla montagna è l’accesso
alla terra, dovuto a tre ragioni principali: la frammentazione fondiaria che ha ridotto
sempre di più le dimensioni degli appezzamenti e non consente un lavoro agricolo agile
e redditizio come in passato; l’inselvatichimento di boschi e pascoli dovuto all’abbandono
che non rende questi ambienti ecologicamente stabili; e infine i cosiddetti “pascoli di
carta”, cioè la cattiva interpretazione del sistema europeo di contributi all’agricoltura
che fa sì che sia più conveniente per i Comuni, principali proprietari degli alpeggi,
affittare a chi può pagare un prezzo più alto, anche se il pascolo effettivamente non
viene utilizzato, e rende quasi impossibile per i pastori riuscire ad assicurarsi il terreno
a un prezzo per loro equo e sostenibile.
Ma quali sono le possibili risposte? A Cheese ne parliamo nello spazio organizzato dalla
Regione Piemonte che tra collina e montagna ospita oltre il 70% di quelle che con un
termine evocativo possono essere definite Terre Alte. In queste vallate, un’agricoltura
viva e sostenibile che produca reddito e speranza, un turismo capace di rispetto e
autentica conoscenza, stanno indicando una via per tanti giovani agricoltori, allevatori,
fornai, cuochi e albergatori che con grande intelligenza, creatività e apertura mentale,
ma con i piedi ben piantati nella terra, propongono un futuro nuovo per la montagna.

fonte slowfood.it

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Pubblicato da peperonciniedintorni

Calogero Rifici nato a Mirto (ME) nel lontano 13 aprile 1958, sono Perito Meccanico e studio cucina, fotografia, elettronica, informatica, ec, ec. Nel 1982 mi sono trasferito a Firenze, per lavorare nel primo impianto di smistamento d’Italia, nel 1984 mi sono sposato con Marina e ci siamo trasferiti a Livorno, sul mare, perché ci nasce sul mare difficilmente ci rinuncia. Per circa 6 anni ho insegnato Office automation in una scuola superiore, ho tenuto diversi corsi di informatica in diverse aziende. Per tanti Anni ho lavorato come specialista infrastrutture per una grande azienda di servizi, mi occupo di sicurezza. Dal gennaio 2019 sono libero professionista, nel campo enogastronomico Dal 2002 sono membro dell’accademia del peperoncino, dal 2008 sono Sommelier Fisar delegazione Livorno. Da 2013 ho un blog, www.peperonciniedintorni.it dove pubblico notizie enogastronomiche e ricette. Quando nelle ricette uso ingredienti particolari, prima spiego gli ingredienti che uso e poi illustro le ricette. Le mie ricette sono o tradizionali o di mia creazione, cerco di valorizzare i prodotti che uso. Faccio parte della delegazione Slow Food di Livorno, e cerchiamo di far conoscere la natura, specialmente ai bambini.

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