Che la lievitazione e la fermentazione dell’impasto vengono influenzati dalla temperatura è noto a tutti, sappiamo da sempre che se mettiamo l’impasto al caldo lievita prima, oppure se utilizziamo un liquido caldo per impastare accelleriamo il processo di lievitazione.
Teniamo presente che già la temperatura della farina avrà una certa influenza perchè anche d’inverno nelle case difficilmente la temperatura è al di sotto dei 20°.
Facendo invece il contrario è possibile prolungare i tempi e questo può essere utile sia alla panificazione perchè blocca la lievitazione che a noi perchè possiamo controllarla e adattarla alla nostra tempistica mettendola al freddo.
Nella ristorazione ci sono armadi chiamati abbatitori che in pochi minuti abbattono la temperatura portandola a quella necessaria. In questo caso il nostro abbatitore è il frigorifero di casa. Occorre naturalmente fare attenzione alla temperatura del frigo (se di concezione moderna e quindi ventilato non ci sono problemi) e munirsi di un termometro che è molto utile anche per altri alimenti per tenere sotto controllo la temperatura dove non c’è il display che la segnala. .
Vi chiederete perchè utilizzare il freddo per la panificazione? Perché in questo modo possiamo facilmente adattare la nostra produzione ai ritmi abituali di vita quotidiana. Oltre ad agevolarci con i tempi anche il prodotto sarà migliore.
Al di sotto dei 4 gradi la lievitazione è praticamente quasi ferma. Questo è per noi una vantaggio, perché in tal modo possiamo gestire la lievitazione secondo i nostri tempi. Bisogna però non esagerare poche ore sono sopportate da qualsiasi impasto, mentre se vogliamo aumentare il tempo di refrigerazione, allora occorre mettere in atto una serie di provvedimenti tecnici… Anche i tipi di farine influiscono sulla lievitazione. Purtroppo in Italia non è ancora specificato sul pacco di farina il “w”cioè il grado di forza e il quantitativo di proteine della farina (quì il discorso sarebbe lungo). Per questo limitiamo la permanenza dell’impasto in frigorifero a tempi tra le 12/18 e mai oltre le 24 ore. Che sono i tempi utili a sincronizzare la panificazione alle nostre attività quotidiane.
Prestare inoltre molta attenzione a sigillare molto bene l’impasto, se possibile preferire un recipiente in vetro (tiene di più il freddo), ben coperto e sigillato, la sola pellicola non è sufficente. Per evitare l’essiccamento dell’impasto se non siete sicuri della chiusura del contenitore metterci sopra anche uno strofinaccio bagnato e strizzato.
Altra buona regola è quella di aumentare la fase di lavorazione dell’impasto, per inglobare maggiore aria. Aggiungere il sale quasi a fine lavorazione, perchè non lascia rilassare le fibre. L’aria inglobata servirà al momento del rialzo della temperatura e successiva cottura.
Senza voler entrare troppo in spiegazioni tecniche sappiate che il freddo non blocca le attività enzimatiche all’interno dell’impasto e non blocca completamente neanche la fermentazione generata dai microrganismi lattici ed acetici. Questo fa si che durante le ore di stazionamento in frigo, la “natura continua a lavorare” prolungando la fermentazione, la maturazione dell’impasto e aumentarne anche le caratteristiche organolettiche.
Trascorso il tempo in frigo tirare fuori il contenitore, lasciarlo a temperatura almeno un’ora ma anche due, lavorarlo leggermente con delicatezza e formare quello che l’impasto prevede.
Consiglio: Allego uno schema per prenderne conoscenza sperando nello stesso tempo di non confondervi. In diversi paesi europei come ad esempio la Germania ogni singolo pacco della farina riporta il grado di forza per informare che uso farne….
P.s. Spero di essere stata sufficentemente chiara e buona panificazione.
Grazie per essere passata/o e alla prossima ricetta!
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