Il banchetto al funeraleil banchetto al funerale

I banchetti ai funerali sono usanza veramente antica, una delle più antiche del mondo, visto che da sempre le persone nascono e muoiono. Scopriamo le diverse tradizioni nel mondo e nella storia …

Il banchetto al funerale

Nell’antica Roma, così come in Grecia e anche tra gli etruschi, il cibo era strettamente correlato ai defunti, ed era quindi un’usanza offrire da mangiare nei riti funebri. Il motivo era non solo dare onore alla fame delle anime, ma anche scacciare la morte. Spesso questi banchetti non avvenivano soltanto durante la commemorazione, ma i parenti dei defunti usavano fare dei veri e proprio pic-nic accanto alla tomba, perché il defunto potesse continuare a vivere come aveva vissuto fino ad allora.

Diversi sono i banchetti che vediamo di solito nei telefilm americani, e che esistono nella realtà in America. Dove il banchetto viene considerato un augurio per il defunto che essendo passato a “miglior vita” starà comunque meglio, e per questa ragione non c’è motivo di essere tristi.

Ancora adesso ci sono in diverse parti d’Italia il cibo commemora i defunti. Il cibo dei morti di solito è costituto da legumi, quindi ceci, fagioli, fave e da tutte le verdure a baccello, questo perché si pensava queste piante, avendo il fusto privo di noduli fossero un collegamento diretto tra la terra e l’oltretomba.

Nel mito di Persefone rapita da Ade il melograno è il cibo che i defunti mangiano negli Inferi e perciò, dopo averlo mangiato, Persefone è condannata a rimanere nell’oltretomba con Ade. Perché il melograno? perché è denso di significati: tagliandolo trasversalmente si può osservare una stella perfetta formata dai suoi semi, simbolo del pentagramma e della conoscenza che esso rappresenta. Nel mito arcaico di Cybele il melograno è il pomo della vita; mentre da recenti studi sembra che sia proprio lui il frutto proibito dell’Eden cristiano. Ancora oggi in Grecia si usa appendere melograni sulla porta di casa per propiziare buona fortuna e allontanare gli spiriti maligni. Inoltre c’è la consuetudine di spaccarli a terra allo scoccare della mezzanotte di capodanno, per gli stessi motivi.

Josuè Carducci scrisse una poesia in onore del figlio Dante, morto probabilmente di tifo, dal titolo “Pianto antico”, in cui il poeta contrappone il piccolo figlio defunto all’albero del melograno.

Si pensa che il pianto del padre sia antico come il dolore che gli uomini di tutti i tempi hanno provato di fronte alla morte e qui emerge dal passato anche la figura del melograno, antico simbolo di fertilità, di rinascita e resurrezione

Soul Cake

 Durante il Medioevo in quasi tutta l’Europa del Nord si preparava una torta chiamata “soul cake” (torta dell’anima), probabilmente un rimasuglio delle focacce dolci che si preparavano anticamente. Questa torta consisteva in un pane dolce con uva sultanina o ribes. Per i bambini era tradizione fare “souling” cioè andare di porta in porta chiedendo un pezzo di torta e per ciascuna fetta si doveva pregare per l’anima di un parente defunto (molto simile al dolcetto scherzetto moderno).

Hungry Ghosts

In oriente esiste una particolare festa che si celebra a fine agosto e si chiama Hungry Ghosts Festival, ovvero: la festa degli spiriti affamati. Per mia grande fortuna ho potuto assistere più volte a questa celebrazione che si tiene anche a Singapore. Per un mese tutti i quartieri allestiscono altari pubblici in ogni angolo della città con centinaia di offerte, tra cui: cibo in quantità, incensi, candele, fiori, amuleti, nastrini, bandierine, ecc… E poi tutta una serie di oggetti di carta come scarpe, vestiti, oggetti di uso quotidiano e soldi finti, destinati ad essere bruciati nei bidoni appositamente costruiti.

Sia i templi buddhisti, sia quelli induisti, offrono gratuitamente enormi quantità di incensi ai fedeli e tutta la festa è pregna del significato di comunione tra vivi e morti. In particolare è il cibo che fa da padrone. Si dice che i morti siano affamati a causa di un antichissima leggenda – che non sto qui a raccontare per motivi di lunghezza – ma più che altro il fulcro è che nella psicologia buddhista un defunto non è del tutto morto e la sua “fame” riguarda gli aspetti terreni di cui sente più la mancanza.

Cadaveri messicani

Sono i Calaveras, scheletri bianchissimi e decorati con mille colori e forme, che caratterizzano la festa dei morti messicana. Un culto a cavallo tra sacro e profano che miscela concetti cristiani e folklore pagano, non poteva che generare questi magnifici esemplari di “morti allegri e vivissimi”. E’ a loro che Tim Burton si è ispirato per i suoi defunti-e-contenti protagonisti del film d’animazione intitolato La Sposa Cadavere.

La tradizione mesoamericana vuole che a fine ottobre, come da noi, si celebri la consueta festa, ma i toni sono decisamente più vivaci e anche il cibo riflette questo stato d’animo. Rispetto alle sfumature tristi e smorzate del nostro culto novembrino, il giorno dei Morti assume dei connotati estremamente esorcizzanti nei confronti della morte. I dolcetti a forma di teschi colorati sfavillano dalle vetrine di ogni negozio insieme a coriandoli e nastrini, e la loro stessa componente di zucchero sembra voler accentuare la serenità con cui tale argomento viene affrontato. Connotato importante è quello del banchetto al cimitero: le famiglie si recano sulle tombe dei propri cari e gli raccontano i fatti salienti dell’anno appena trascorso.

Dolcetto o scherzetto?

In occasione di Halloween è un classico quello di travestirsi e andare di casa in casa a chiedere caramelle col ricatto di uno scherzo. I bambini inglesi e americani lo fanno da tempo, mentre in Italia c’è ancora molta diffidenza. Per guadagnarsi qualche dolce i piccoli monelli cantano filastrocche o raccontano storie da brivido.

Anticamente festeggiare Samhain (la festa europea da cui proviene Halloween) era molto importante e chi si rifiutava era mal visto dalla comunità tanto da essere emarginato. Tale trattamento è forse l’origine di questa usanza moderna. Tuttavia va detto che nel Medioevo i mendicanti usavano chiedere l’elemosina nel giorno di Ognissanti in cambio di preghiere, perciò anche questa potrebbe essere una valida ragione.

In Italia

Moltissimi sono i piatti che si preparano in vista del 1-2 novembre e anche se cambiano da regione a regione, conservano gli stessi significati. In molte regioni come Lombardia, Umbria, Marche e Lazio si preparano dei dolci chiamati Fave dei Morti che sono una palese eredità delle fave che gli antichi bruciavano nei rituali. Poi ci sono le Ossa dei Morti, biscotti tipici della tradizione siciliana, veneta e piemontese, seppur con differenti preparazioni. Degno di nota è il Torrone dei Morti tipicamente partenopeo; mentre il Pan dei Morti è invece tipico lombardo. Infine in Trentino si fanno i Cavalli, dolcetti a forma di cavallo, appunto, le cui origini non sono molto chiare. Forse si legano all’antico culto della dea Epona (da epos = cavallo), protettrice celto-romana dei cavalli e accompagnatrice dei morti nell’Oltretomba.

In Puglia c’è il grano cotto, sempre dal sapore dolce che si ricollega alle antiche tradizioni: il grano era un elemento basilare nel culto dei morti perché legato al concetto di vita – morte – rinascita che si esplicava nell’azione vegetativa e in quella sfamante. Il grano piantato era il morto che veniva sepolto, quando cresceva era la sua reincarnazione. Una volta tagliato si conservava un covone che veniva dato alle fiamme per simboleggiare il “dio sacrificulo” che dona la propria vita divina per sfamare gli uomini; mentre il pane che si faceva con il resto del grano era il “corpo” da mangiare. Vi ricorda nulla?

I vari ingredienti che aromatizzano questo grano dolce rappresentano concetti ben precisi: il grano è il corpo, come abbiamo visto; il vincotto è ovviamente il sangue; il cedro è l’anima; il melograno rappresenta gli occhi; la noce il cervello; mentre il cioccolato è sinonimo di fertilità e di coniugazione sessuale.

Sempre in Puglia c’è la festa “Fuc Accoste” durante la quale si accendono grossi bracieri per cucinare la carne. Gli avanzi vengono poi accantonati agli incroci delle strade per sfamare le anime dei morti che in quella notte passeranno a far visita ai propri parenti in vita.

In Sicilia è ancora viva la tradizione che i morti tornano dai sepolcri per portare dolci e giocattoli ai bambini. Un’usanza decisamente inconsueta nel nostro Bel Paese sempre in fuga da streghe e demoni. Ma in Sicilia, ancora forte della sua radici pagane, la festa diventa un modo per scacciare la paura della morte dai bambini, che in questo modo pensano ai fantasmi dei propri nonni come a spiriti benevoli e giocosi.

Il Calabria c’è la “Pasta i ru prigatoru”, cioè cucina per le anime dei morti che si trovano in purgatorio in attesa di giudizio. E’ una zuppa di ceci con la pasta formato ditaloni, che in Calabria si chiamano “cannarozzi”.

Nel paese dove sono nata ,nel periodo della festa dei morti si fanno “i sette piatti” ,che consiste in sette piatti di pasta con sugo di cane o polpette e si distribuiscono a sette famiglie vicine di casa per le anime dei morti, oppure si preparano tanti piccoli pani o delle focacce da distribuire sempre ai vicini di casa o ad altre persone che credi ne abbiano bisogno, sempre per l’anima dei morti.

In molte zone italiane si usa apparecchiare la tavola con un posto in più riservato ai defunti. E’ un segno di rispetto verso chi non c’è più come a voler dimostrare che non ci si è dimenticati di lui.

Un’altra tradizione, vivificata dalla festa pagana e neopagana di Samhain, è quella di mettere una mela e una candela fuori dalla finestra affinché il morto trovi la via di casa e possa sfamarsi. La mela poi deve essere seppellita.

Fonti: http://www.riflessioni.it/paganesimo/il-cibo-nel-culto-dei-morti.htm

Ringrazio Monica Casalini che ha scritto un bellissimo articolo proprio sull’argomento su questo sito.

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