Additivi Alimentari, questi sconosciuti. La Dietista Floriana Farinella fa chiarezza sull’uso e requisiti di queste sostanze usate a scopo alimentare.
DEFINIZIONE – GENERALITA’
Dal punto di vista legislativo, sono considerati additivi alimentari quelle <<sostanze, normalmente non consumate come alimento in quanto tale e non utilizzate come ingredienti tipici degli alimenti, aggiunte intenzionalmente ai prodotti alimentari per un fine tecnologico nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o immagazzinaggio>>. Il primo decreto emanato in Italia in merito alla disciplina degli additivi è stato il DM 31/3/1965, tale decreto ha subìto nel tempo numerosi aggiornamenti fino alle modifiche sostanziali apportate dal DM 209/96 che attua le direttive comunitarie, tendenti a uniformare le divergenti legislazioni degli Stati membri, al fine di consentire la libera circolazione delle merci nei Paesi dell’Unione Europea.
Uso degli Additivi
Gli additivi vengono usati per:
- preservare le qualità nutritive dell’alimento;
- aumentare la conservabilità, la stabilità degli alimenti o migliorarne le proprietà organolettiche;
- aiutare la produzione e tutti gli altri trattamenti tecnologici;
- apportare ingredienti necessari negli alimenti dietetici destinati a gruppi particolari di consumatori.
A tale proposito, la normativa stessa specifica chiaramente che gli additivi alimentari debbono essere utilizzati secondo le norme di <<buona fabbricazione>> e a una dose non superiore a quella necessaria, ma <<quanto basta>> per raggiungere lo scopo prefissato e in modo da non trarre in inganno il consumatore, anche nei casi in cui non sia stabilita una dose massima per il loro impiego. Pochi sono gli alimenti a cui non è consentito addizionare alcun additivo (olio vergine di oliva, latte fresco pastorizzato, yogurt al naturale, zucchero, miele, paste alimentari secche).
REQUISITI LEGALI E CLASSIFICAZIONE
Gli additivi alimentari possono essere approvati soltanto:
- qualora se ne dimostri la necessità tecnologica e l’obiettivo perseguito non possa essere conseguito con altri mezzi;
- nel caso in cui non presentino pericolo per la salute del consumatore (in base ai dati scientifici a disposizione);
- laddove non inducano il consumatore in errore.
Tenuto in debito conto del fatto che tutte le sostanze, anche le più comuni e sicure, possono essere tossiche se usate in eccesso, di ciascun additivo viene valutata l’eventuale tossicità acuta, quella a breve (15-20 giorni) e a medio termine (30-90 giorni) e quella cronica. L’eventuale tossicità degli additivi riveste notevole importanza se si pensa all’uso che i bambini fanno dei prodotti additivati (caramelle, gelati, budini, prodotti dolciari, snack) e al fatto che il latte materno rappresenta un veicolo di tali sostanze, assorbite dalla madre, al neonato.
Inoltre, è necessario stabilire la dose giornaliera ammessa o DGA e da questa ricavare il limite teorico tossicologico, che rappresenta la quantità massima di additivo che un certo alimento può contenere. E’ molto importante verificare che gli additivi non interagiscano tra loro o con i componenti dell’alimento, formando composti pericolosi per la salute del consumatore. A tal proposito, un esempio classico è fornito dai nitriti che, reagendo con le amine secondarie nell’alimento, danno origine alle nitrosammine sostanze cancerogene.
Quando le analisi e le prove tossicologiche hanno eliminato ogni possibile dubbio sull’innocuità del prodotto, esso può essere incluso nella lista positiva. Questa, che viene costantemente aggiornata, contiene l’elenco degli additivi ammessi e gli alimenti a cui possono essere addizionati con le dosi massime utilizzabili per ogni prodotto, calcolate in base alla DGA e a uno studio statistico che tiene conto della quantità di quell’alimento consumata giornalmente dall’individuo. Gli additivi, con poche eccezioni (per esempio gas d’imballaggio), sono considerati <<ingredienti>> a tutti gli effetti per cui la loro aggiunta deve sempre risultare in etichetta; per ciascuno deve essere riportato il nome della categoria (per esempio, antimicrobici, addensanti) e il nome specifico (per esempio, acido benzoico, agar), che può venire sostituito dal numero CE. Gli aromatizzanti sono regolamentati a parte.
La problematica degli additivi può essere esaminata sotto di versi aspetti:
- Aspetto igienico;
- Aspetto tecnologico;
- Aspetto nutrizionale;
- Aspetto legale;
- Aspetto analitico;
- Aspetto tossicologico;
- Aspetto psicologico ed educativo.
Categorie Additivi Alimentari
Gli additivi alimentari ammessi dal DM 209/96 appartengono alle seguenti categorie:
- acidificanti: aumentano l’acidità di un prodotto alimentare e/o conferiscono a esso un sapore aspro;
- addensanti: aumentano la viscosità di un prodotto alimentare;
- agenti di carica: contribuiscono ad aumentare il volume di un prodotto senza apportare modifiche significative al suo valore energetico;
- agenti di resistenza: rendono o mantengono saldi o croccanti i tessuti dei frutti o degli ortaggi o interagiscono con agenti gelificanti per produrre o consolidare un gel;
- agenti di rivestimento (inclusi gli agenti lubrificanti): quando vengono applicati sulla superficie esterna di un prodotto, gli conferiscono un aspetto brillante o forniscono un rivestimento protettivo;
- agenti di trattamento delle farine (esclusi gli emulsionanti): vengono aggiunti alla farina o agli impasti per migliorarne la qualità di cottura;
agenti lievitanti: liberano gas aumentando il volume di un impasto o di una pastella; - amidi modificati (non è necessario indicare il nome specifico o il numero CE): si ottengono da amidi alimentari mediante uno o più trattamenti chimici, possono aver subìto un trattamento fisico o enzimatico, essere fluidificati per trattamento acido o alcalino e sbiancati;
- antiagglomeranti: riducono la tendenza di particelle individuali ad aderire l’una all’altra;
- antiossidanti: prolungano il periodo di conservazione degli alimenti proteggendoli dal deterioramento provocato dall’ossidazione, come l’irrancidimento dei grassi e le variazioni di colore;
- antischiumogeni: impediscono o riducono la formazione di schiume;
- coloranti: conferiscono un colore a un alimento o ne restituiscono la colorazione originaria;
- conservanti: prolungano il periodo di conservazione dei prodotti alimentari proteggendoli dal deterioramento provocato dai microrganismi;
- correttori di acidità: modificano o controllano l’acidità o l’alcalinità di un prodotto alimentare;
- edulcoranti: conferiscono un sapore dolce agli alimenti o servono per la loro edulcorazione estemporanea;
- emulsionanti: rendono possibile la formazione o il mantenimento di una miscela omogenea di due o più fasi immiscibili, come olio e acqua, in un prodotto alimentare;
- enzimi (possono non venire menzionati nelle etichette): si tratta di enzimi utilizzati come additivi (per esempio per intenerire le carni) e non vanno confusi con quelli aventi funzione di coadiuvanti tecnologici;
- esaltatori di sapidità: esaltano il sapore e/o la fragranza di un alimento;
- gas di imballaggio (per questi ultimi non è richiesta l’indicazione tra li ingredienti, in quanto non considerati tali): gas diversi dall’aria introdotti in un contenitore prima, durante o dopo l’inserimento del prodotto alimentare;
- gas propulsori o propellenti: gas diversi dall’aria che espellono un prodotto alimentare da un contenitore;
- gelificanti: danno consistenza a un prodotto alimentare tramite la formazione di un gel;
- sali di fusione: disperdono le proteine contenute nel formaggio realizzando in tal modo una distribuzione omogenea dei grassi e degli altri componenti;
- sequestranti (possono non venir menzionati nell’etichetta): formano complessi chimici con ioni metallici);
- stabilizzanti: rendono possibili il mantenimento dello stato fisico-chimico di un prodotto alimentare, inclusa la sua colorazione;
- umidificanti: impediscono l’essiccazione degli alimenti o promuovono la dissoluzione di una polvere in acqua.
Floriana Farinella
Dietista
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