I nonni all’estero

Oggi per la rubrica i Rimedi della nonna, lo dedico a tutti i nonni all’estero, di quando emigrarono, e della padronanza della lingua straniera.

I nonni all'estero

La foto è dimostrativa, non è mia nonna, presa sul web da pixabay

I nonni all’estero

Come mi è venuto in mente questo tema? Attualmente frequento un corso di web design, per aggiornarmi, ed oggi al corso di inglese commerciale. Mi sono resa conto della mia fatica ad esprimermi in inglese, a capirlo e soprattutto il mio rifiuto verso questa lingua. Premetto ho studiato per prima francese, quindi molte parole le ho confuse fin dall’inizio.

Una volta i nostri nonni emigravano in altri paesi per trovare fortuna e lavoro, senza conoscere minimamente la lingua del paese dove si recavano.

Oggi mi sono immaginata mia nonna Pietrina alle prese con l’inglese negli anni 40.
Una minuta donnina abruzzese alla conquista dell’inglese.
Immagino nonna, (che vorrei qui, ma è in cielo), di andare a New York, e che sente per la prima volta l’inglese. Quindi seguitemi, immaginate questa dolce nonnina piccola minuta, che esce dal porto, ed in bocca con nonno, una grande strada. Da lontano sente dire di continuo “Street”, ad un certo punto nonno con inglese abruzzese style, chiede il nome della strada ad un amico migrante. E lui gli dice: “Mbertu’ quess è street tal de tali”  (Umberto, questa è via tal de tali) . E nonna dice “Freket! quess è strett? Ma se è larg e gross!”. (“Freket, non si traduce letteralmente, vuol dire avoia!) Ammazza ecc, questa è stretta? Ma se è larga e grande!.
Poi la immagino sempre nella strada che sente la canzone “Only you”, ed in dialetto sembra quasi che dica “Allaiu” Laggiù, (credo che si scriva così, non me ne vogliano gli amici abruzzesi). E nonna pensa “Ma che ci sta laggiù?”. 
Poi man mano nonna inizia ad andare in giro, per fare spesa. Incontra Elvira un’amica di famiglia che era partita con loro. Entra in un negozio e legge Bakery, e non riesce a capire cosa è, poi si guarda attorno, legge “Bread” con i prezzi, e vede il pane, e lì capisce che è il nome del pane. Purtroppo lo pronuncia male, del resto deve imparare. La sua amica la guarda, le viene da ridere, e la porta in un altro negozio. Inizia a prendere in mano gli oggetti e le indica come si chiamano. Ad esempio prende un bicchiere e gli dice “glass”. Lei la guarda e ripete tra se “glass è lu bicchier” ovvero glass è il bicchiere. Poi Elivira le fa vedere un’altro oggetto e lo nomina “Cup”, e nonna pensa, “Ma come è na tazz e si chiam copp!?” E da qui man mano inizia a capire ed imparare.
Credo che nelle nonne ci sono tante forze riunite insieme. Che le donne di allora, erano forti e gentili, del resto il detto abruzzese lo dice ancora! E che si sono fatte forza per imparare una lingua nuova, per riportare il pane a casa. Ho tante bei racconti da proporvi, magari in una prossima uscita, vi racconterò cosa avrebbe potuto fare ipoteticamente mia nonna. Il resto è tutta fantasia. Nonna era una donna forte, che ha perso il marito troppo presto, ha cresciuto 6 figli da sola. Ricordo solo che era una dolce vecchina con lo sguardo burbero, donato da un dolore forte, di aver presto zia Eva troppo presto, e nonno.
Dedico questo racconto a te, nonnina, sarebbe stato bello conoscerti di più.

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