Risotto Gamberoni e Gin Artigianale Tigin il primo Gin del Parco del Ticino

Il Risotto Gamberoni e Gin Artigianale Tigin, il primo Gin nato nel Parco del Ticino, è un piatto dal sapore davvero raffinato e pieno di personalità. Partiamo da una base classica, vellutata e irresistibile: il risotto in bianco, una tela candida su cui costruire un abbinamento originale e sorprendente. Qui entra in gioco il gin artigianale Tigin, ottenuto dalla macerazione separata di 12 botaniche direttamente dalla Valle del Ticino, che regala al piatto fragranze fresche e un carattere unico.

Gli ingredienti sono pochi ma scelti con cura: la polpa dolce e burrosa dei gamberoni si sposa perfettamente con le note aromatiche di questo gin che, pur avendo un’anima inglese, si presenta con un corpo tutto italiano, schietto e sincero. A completare il piatto, la scorza di limone e qualche fogliolina di menta, che aggiungono una ventata di freschezza, perfetta per evocare l’estate e il piacere di stare a tavola con gli amici.

Questa ricetta è un piccolo viaggio nei sapori, semplice ma capace di stupire. Un’alchimia di gusto e profumi indimenticabili che trasporta chi la assaggia sulle rive del mare, richiamando le belle giornate estive.

Il risotto, simbolo della tradizione italiana, si reinventa ogni stagione. Elegante e cremoso, offre un perfetto equilibrio tra semplicità e raffinatezza: un piatto di classe, ideale per quelle occasioni speciali in cui vogliamo preparare qualcosa di gustoso ma facile da realizzare.

Con il cambio di stagione, cambiano anche le nostre abitudini a tavola, arricchendosi di nuovi sapori, ma rimane sempre forte il piacere di condividere un buon pasto. Il legame degli italiani con i primi piatti — sia pasta che riso — è profondo e fonte continua di ispirazione. È il momento giusto per esaltare i sapori delicati dell’estate, senza dimenticare di dare un tocco fresco anche ai sapori più decisi dell’autunno e dell’inverno che stiamo lasciando alle spalle.

Tra i primi piatti, il risotto è un vero classico della cucina italiana. La prima ricetta risale ai tempi degli Aragonesi, anche se la sua origine precisa rimane ancora un po’ avvolta nel mistero.

Le certezze sul risotto sono poche, ma una cosa è sicura: è un piatto tipico del Nord Italia, amato e reinterpretato in tantissime varianti in tutto il paese.

Sono tante le ricette sfiziose, create da chef stellati e non solo, che celebrano questo piatto. Addirittura personaggi famosi come il compositore Giuseppe Verdi e sua moglie Giuseppina lo amavano tanto da avere una loro versione. La loro ricetta è stata tramandata da Pellegrino Artusi, e persino il grande poeta Giovanni Pascoli gli dedicò una poesia.

Una particolarità del nostro risotto è la cottura del riso: invece che con il brodo, usiamo acqua calda per mantenere il sapore neutro e lasciare spazio alle note aromatiche del gin Tigin. Un altro tocco speciale è la mantecatura: solitamente si segue la tecnica del “risotto all’onda”, che consiste, a fine cottura e a fuoco spento, nel mescolare energicamente il riso con burro e Parmigiano Reggiano, facendo un movimento avanti e indietro con la pentola.

Noi invece, a cottura ultimata, preleveremo un paio di cucchiai di risotto, li frulleremo nel mixer con un filo d’olio e una lacrima di Tigin, fino a ottenere una vellutata che passeremo al setaccio e aggiungeremo al risotto, per una cremosità unica.

Fare un buon risotto è più semplice di quello che sembra, ma ci sono alcune regole da seguire. Prima di tutto, la scelta del riso è fondamentale: le varietà migliori sono il Vialone Nano, l’Arborio, il Carnaroli e il Baldo.

Altro passaggio importante è la tostatura del riso, che sigilla i chicchi ed evita che si sfaldino in cottura, prevenendo un risotto troppo colloso. Per capire se è tostato al punto giusto, il colore deve diventare traslucido e il chicco deve risultare leggermente meno morbido. A questo punto si può sfumare, di solito con vino bianco secco, ma ci sono ricette che prevedono anche cognac, marsala o liquori come gin e whisky, per abbassare la temperatura del riso.

Infine, per cucinare al meglio il risotto, è importante usare una pentola in alluminio o acciaio inox con fondo pesante. Deve essere abbastanza contenuta come dimensioni, perché una pentola troppo larga fa evaporare troppo in fretta il brodo, rischiando di compromettere la cottura.

A seconda della ricetta, il brodo può essere di carne, pesce o verdura, ma deve sempre essere salato al punto giusto. I grandi chef lo ripetono spesso: mai salare direttamente il risotto, perché la sapidità perfetta arriva proprio dal brodo.

Dopo la tostatura e quando il vino sarà evaporato, si comincia a versare il brodo poco alla volta, aggiungendo un mestolo solo quando quello precedente è stato assorbito. La cottura dura dai 14 ai 16 minuti; è fondamentale che il riso resti al dente, con chicchi morbidi ma ben separati. A qualche minuto dalla fine, si passa alla mantecatura con burro e formaggio — tranne nei risotti di pesce, dove si evita.

Per mescolare, il consiglio è usare un mestolo di legno con un foro al centro, perfetto per mescolare senza rompere i chicchi. In ogni caso, va fatto con delicatezza e pazienza.

Lasciamo da parte la storia affascinante del risotto per concentrarci sugli ingredienti principali del nostro piatto: gamberi, limone e menta.

Il gambero è un ingrediente gustoso e versatile, protagonista di molte ricette. Dal colore rosso-arancione, misura poco più di dieci centimetri e ha una caratteristica coda a pinna. Vive nell’Oceano Pacifico e nell’Oceano Indiano. È una fonte eccellente di proteine e vitamine, con poche calorie, ideale per chi vuole seguire una dieta sana. Inoltre, è ricco di selenio, un minerale prezioso che aiuta a prevenire i tumori, rafforza il sistema immunitario e contrasta i radicali liberi.

A seconda della specie e delle dimensioni, i crostacei cambiano nome: i più piccoli sono i gamberetti, rossi-arancioni e lunghi fino a dieci centimetri; poi ci sono le mazzancolle, più grandi (tra i 10 e i 15 cm), con la coda a ventaglio; infine i gamberoni, i più grandi, che possono arrivare fino a trenta centimetri.

Rispetto alle mazzancolle e agli scampi, i gamberi sono i protagonisti più comuni nelle ricette di tutti i giorni. Si prestano a tantissimi piatti dal sapore ricco: fritti, grigliati, nei sughi o nei risotti, ma anche come antipasto, pensiamo al celebre cocktail di gamberi, amatissimo soprattutto negli anni ’80.

Un agrume che merita di essere conosciuto più da vicino è il limone: un frutto che non manca mai sulle nostre tavole e che rappresenta un ingrediente irrinunciabile nella cucina italiana. Dal sapore aspro e dalle proprietà benefiche e rinfrescanti quasi uniche, il limone è ricco di oli essenziali e acido citrico, ma anche di preziosi sali minerali, tanto da essere considerato un vero e proprio “elisir di lunga vita”. Un frutto terapeutico e un grande tesoro da tenere sempre a portata di mano in cucina.

Molti consigliano di bere ogni giorno mezzo bicchiere di acqua e limone dopo i pasti principali, per aiutare a ristabilire il giusto pH nell’organismo. E non solo: assumerlo a digiuno la mattina è un rimedio utile anche per contrastare la cellulite.

Tra le tante virtù del limone, ci sono la capacità di combattere i dolori reumatici, le infiammazioni delle vie respiratorie e la sua azione vermifuga. Come altri agrumi, è una fonte importante di vitamine C, A, B1, B2, B3, retinolo, selenio e flavonoidi, tutti elementi fondamentali per una corretta alimentazione. La sua ricchezza in vitamina C lo rende un alleato prezioso nelle preparazioni antiinfluenzali e nelle tisane d’inverno. Inoltre, grazie al potassio, calcio e magnesio, aiuta a ridurre la quantità di glucosio nel sangue e contribuisce ad abbassare la pressione arteriosa.

Nel nostro risotto, il limone entra in gioco solo alla fine: useremo la scorza a termine cottura per regalare un tocco finale davvero sorprendente. È fondamentale utilizzare limoni non trattati e, per evitare un sapore amaro, lavarli bene prima dell’uso, facendo attenzione a non utilizzare la parte bianca, la pellicina interna, che è troppo amara e va evitata.

Accanto al limone troviamo la menta, che nella nostra ricetta resta una variabile da dosare a piacere: il suo sapore leggermente piperino regala un aroma riconoscibile e una nota fresca che completa alla perfezione il piatto.

Ora accendiamo i riflettori sul vero grande protagonista della nostra preparazione: il TIGIN. Tra i distillati più amati e conosciuti al mondo, il gin si ottiene generalmente dalla distillazione di un fermentato ricavato da cereali e frutta, nel quale si fa macerare una miscela di botaniche – spezie, piante, bacche e radici – che gli conferiscono un profumo unico e riconoscibile. A distinguere il gin è soprattutto la presenza delle bacche di ginepro, essenziali nella macerazione e fermentazione.

Oggi il gin è una star indiscussa, ma non è sempre stato così. In passato, infatti, ha attraversato periodi “oscuri”: era considerato un simbolo di depravazione, tanto da essere soprannominato “torcibudella”, sinonimo di vizio e sregolatezza.

In realtà, il gin è nato per scopi ben diversi: la sua prima produzione risale alla Scuola Medica Salernitana di Salerno, dove i monaci cercavano di creare un farmaco capace di trasmettere le proprietà benefiche del ginepro. Questo rimedio naturale era utilizzato contro disturbi come problemi digestivi, infezioni urinarie e malattie respiratorie, senza pensare minimamente a una bevanda alcolica per il divertimento.

La ricetta originale venne poi modificata da un medico olandese che cercava un rimedio per curare i soldati nelle Indie Orientali. Da lì, la storia del gin si spostò in Inghilterra, dove il distillato trovò terreno fertile. Nel 1690, infatti, il re Guglielmo III d’Orange vietò l’importazione dei distillati stranieri come il cognac, favorendo così la produzione di gin con le eccedenze di cereali locali.

Il consumo di gin esplose, arrivando persino a essere parte del salario degli operai. Questo però causò un problema serio: l’alcolismo nella popolazione più povera, con conseguenti rischi per la sicurezza e l’ordine pubblico. Per arginare la situazione, il governo introdusse il famoso Gin Act, una legge che imponeva tasse elevate e costose licenze per produttori e venditori.

Il risultato? Un drastico calo delle distillerie illegali e un miglioramento della qualità del gin disponibile sul mercato, anche se la reputazione del distillato ne uscì parecchio scalfita.

Col tempo, la produzione di gin si è evoluta molto, con tecniche di distillazione più raffinate e ingredienti sempre più selezionati. Le prime versioni erano spesso grezze e forti, ma grazie a nuovi alambicchi di rame e regolamentazioni più severe, il gin ha iniziato a diventare un distillato elegante e complesso. I distillatori hanno cominciato a sperimentare con botaniche diverse dal ginepro, come semi di coriandolo, radice di angelica e scorze di agrumi, arricchendo così il profilo aromatico di questo distillato così speciale.

Con l’arrivo dell’età moderna, il Gin ha cominciato a trasformarsi da semplice medicina a vera e propria bevanda da consumo quotidiano. È diventato parte integrante della cultura britannica e coloniale, consumato anche nelle colonie soprattutto per le sue proprietà antisettiche e come base per molti cocktail.

Durante il Proibizionismo negli Stati Uniti, tra gli anni ’20 e ’30, il gin è diventato uno degli alcolici più facili da reperire, spesso prodotto illegalmente in casa, dando vita al famigerato “bathtub gin”. Questo periodo ha contribuito a diffondere il gin anche oltre l’Atlantico, cementandone la popolarità.

Nei secoli, il gin si è trasformato molto. Il tipo più famoso resta il London Dry Gin, dal sapore secco e con il ginepro protagonista. Ma negli ultimi anni è nata una nuova categoria, il New Western Gin o Contemporary Gin, dove il ginepro lascia spazio a botaniche più insolite come lavanda, cetriolo, agrumi e spezie esotiche, regalando sapori più complessi e sorprendenti.

Molto ci sarebbe ancora da raccontare sulla storia affascinante di questo distillato, ma ora voglio presentarvi un gin davvero speciale, l’elemento chiave della mixologia contemporanea… di chi parlo?

Del Tigin, un gin rurale fatto con botaniche coltivate nella splendida Valle del Ticino. Una ricetta unica, nata da artigianalità e passione, fatta con erbe di prima qualità, pensato e creato per essere condiviso con gli amici. Oggi l’azienda ci offre l’opportunità di conoscere e apprezzare questo distillato dalla forte anima naturale.

Tra le botaniche principali troviamo lippia, isoppo, fior di sambuco, miele, cetriolo, zenzero e… una botanica segreta. Un distillato nato dalla passione di tre amici che hanno voluto rendere omaggio alla loro terra e all’amore per la Valle del Ticino, un luogo di straordinaria bellezza naturale, dove il fiume e la valle creano un paesaggio unico e suggestivo.

Affascinante in ogni stagione: in autunno è un’esplosione di colori, in estate la frescura della boscaglia regala sollievo dal caldo, e in inverno la neve trasforma tutto in un’incantevole cartolina.

La lavorazione del Tigin è curata nei minimi dettagli: ogni erba botanica viene macerata separatamente, un processo che preserva ogni singola caratteristica organolettica. A questa cura si unisce una buona dose di creatività, passione e amore, che danno vita a un prodotto capace di distinguersi, con un carattere unico e inconfondibile.

Un gin tosto, audace, dal sapore deciso, con un gradazione alcolica di 42,5%. Come vuole la tradizione inglese, non subisce invecchiamento, ma mantiene tutta la sua anima italiana.

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Non solo avrete il privilegio di degustare un distillato dal gusto straordinario, ma vivrete anche un vero e proprio viaggio nel cuore della tradizione della Valle del Ticino.
Una bottiglia di Tigin è il regalo perfetto per chi ama le bevande artigianali e per chi è sempre alla ricerca di nuovi tesori da scoprire nella nostra cultura gastronomica.

Non ve ne pentirete! Sono sicura che, proprio come è successo a me, vi innamorerete di questa bontà autentica, dal carattere deciso, dal cuore fortemente inglese ma con un’anima italianissima.

E ora vediamo insieme cosa ci occorre per preparare il nostro Risotto Gamberoni e Gin Artigianale Tigin… il primo risotto con il Gin del Parco del Ticino!

Ingredienti:

  • 320 grammi di riso Vialone nano
  • 8 gamberoni
  • 1 spicchio di aglio
  • 1/2 bicchiere di Tigin
  • sale
  • olio evo
  • 1 limone non trattato biologico
  • foglioline di menta fresca

Risotto Gamberoni e Gin Artigianale Tigin il primo Gin del Parco del Ticino: Ricetta

Iniziamo col pulire i gamberoni: eliminiamo il carapace, la testa e il filo nero (l’intestino) che si trova lungo il dorso.

In una padella capiente, facciamo dorare uno spicchio d’aglio con un filo d’olio extravergine e una noce di burro. Aggiungiamo i gamberoni e lasciamoli cuocere giusto un paio di minuti: devono appena scottarsi. Poi li togliamo dal fuoco e li teniamo in caldo.

In una casseruola, tostiamo il riso a secco, sfumiamo con un goccio di Gin Tigin e un filo di olio evo, e procediamo come per un risotto classico: aggiungiamo acqua calda poca alla volta, solo quando serve.

Quando mancano pochi minuti al termine della cottura, saliamo leggermente. Preleviamo qualche cucchiaiata di risotto, la mettiamo nel bicchiere del mixer insieme a 40 ml di olio evo, un cucchiaio di Tigin, e frulliamo fino ad ottenere una cremina vellutata. La passiamo al setaccio e la uniamo al risotto, che nel frattempo avremo spento, insieme a qualche fogliolina di menta tritata.

Copriamo con un coperchio e lasciamo riposare un paio di minuti.

Distribuiamo il risotto nei piatti, adagiamo sopra i nostri gamberoni, aggiungiamo una grattugiata di pepe nero fresco e una di scorza di limone non trattato.

Il nostro Risotto Gamberoni e Gin Artigianale Tigin è pronto per essere servito… e gustato fino all’ultimo chicco!

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Alla prossima ricetta!

Un abbraccio,

Patrizia


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