Il Risotto alla Pescatora con Riso S. Andrea di Baraggia Biellese Vercellese DOP – Azienda Riso Goio è un primo piatto di pesce dal sapore delicato e raffinato, un grande classico della cucina italiana e simbolo della tradizione napoletana. Napoli, città che vive in simbiosi con le ricchezze del Mediterraneo, ha reso questo piatto un’icona, capace di conquistare il palato con una perfetta alchimia di sapori e profumi, evocando il mare e i ricordi estivi.
Ricco e profumato, con colori tenui e un’eleganza innata, è ideale per le occasioni speciali in cui desideriamo stupire con una ricetta tanto gustosa quanto semplice da realizzare. Un must delle feste natalizie, protagonista della Vigilia e dell’ultimo giorno dell’anno, ma anche una delizia perfetta da gustare in estate, quando il mare chiama e i sapori freschi sono ancora più apprezzati. Questo piatto celebra la bontà e la semplicità del mare ed è il risultato della passione dei pescatori, degli amanti della buona cucina e di tutti gli chef che, nel tempo, lo hanno reinterpretato con creatività.
Simbolo della tradizione culinaria italiana, il risotto si rinnova in ogni stagione. Elegante e cremoso, rappresenta l’equilibrio perfetto tra semplicità e raffinatezza, esaltando il gusto autentico del pesce e degli ingredienti di qualità.
Le origini di questo risotto restano avvolte nel mistero: non si conosce con certezza chi lo abbia inventato, ma si ipotizza che il primo Risotto alla Pescatora sia nato a Napoli con l’arrivo del riso, introdotto dagli Aragonesi già nel XIV secolo. Tuttavia, il nome stesso richiama le tradizioni culinarie dei pescatori delle regioni costiere italiane, in particolare Liguria, Sicilia e Campania, dove il pesce era l’alimento principale della dieta quotidiana. Al rientro dalle lunghe giornate in mare, i pescatori portavano a casa un’ampia varietà di crostacei e frutti di mare, utilizzandoli per preparare piatti semplici e nutrienti per la famiglia.
Alcuni attribuiscono a questa ricetta influenze della cucina spagnola e portoghese, associandola alla paella. Tuttavia, le somiglianze si limitano all’uso del riso e dei molluschi, mentre gli ingredienti e le tecniche di cottura differiscono nettamente. La paella spagnola, divenuta emblema della cucina iberica e riconosciuta come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, include ingredienti tipici delle campagne valenciane, come zafferano, fagiolini, pomodori, fagioli, pollo, coniglio e, in alcune varianti, anche lumache. Viene cotta in un’apposita padella, la paellera, con due manici per facilitarne la presa, e il riso utilizzato è il “bomba”, una varietà spagnola dal chicco piccolo e tondeggiante, capace di assorbire bene i sapori e di resistere a lunghe cotture.
Il Risotto alla Pescatora, invece, rimane un’espressione autentica della cucina italiana, un piatto che racchiude il profumo del mare e la passione di chi lo cucina.
Alcuni tendono a confondere il risotto alla pescatora con il risotto allo scoglio. Sebbene ci siano delle somiglianze, esistono anche differenze sostanziali. Il risotto alla pescatora viene preparato principalmente con pesci come orata, spigola e merluzzo, cotti in padella con aglio, olio, peperoncino e vino bianco, a volte con l’aggiunta di pomodoro. In alcune varianti si utilizzano anche i molluschi, ma nel risotto alla pescatora questi sono un elemento imprescindibile.
La preparazione del risotto alla pescatora richiede un po’ di tempo, ma non è particolarmente complessa. Tuttavia, ci sono alcune regole fondamentali da seguire: il pesce deve essere freschissimo e di ottima qualità, pulito con cura, e gli scarti—come gusci e teste di gambero—devono essere utilizzati per preparare una bisque di gamberi o un fumetto di pesce, che diventerà il “consommé di mare perfetto”, capace di legare armoniosamente il riso con gli altri ingredienti.
Come accade per molti piatti della tradizione popolare, esistono numerose varianti del risotto di mare. Alcune ricette prevedono solo pesce fresco, escludendo molluschi e cefalopodi. Non esiste, dunque, un’unica versione autentica: ognuno può scegliere la variante che preferisce, adattandola ai propri gusti e alla disponibilità degli ingredienti.
Possiamo preparare questo risotto con le specie ittiche che più ci piacciono—vongole, cozze, gamberetti, calamari—tenendo sempre conto della stagionalità e della provenienza. Così come per frutta e verdura, anche il pesce ha la sua stagionalità: rispettarla non solo garantisce la migliore qualità e sapore, ma rappresenta anche un vantaggio per l’ambiente e l’economia locale.
Ad esempio, per cozze e vongole, il periodo migliore per gustarle è tra maggio e agosto, quando sono più abbondanti. Per le cozze, esiste una semplice regola per capire quando sono più saporite: i mesi con la “R”, ovvero quelli autunnali e invernali, coincidono con il periodo riproduttivo, durante il quale i mitili risultano meno gustosi.
Le cicale di mare, conosciute anche come cannocchie, si trovano tutto l’anno, ma il momento ideale per gustarle al meglio è l’inverno, fino a marzo, quando sono più carnose e ricche di corallo, quella caratteristica striscia arancione che ne esalta il sapore.
A giugno, la scelta di pesce di stagione è ampia e variegata: cefalo, dentice, nasello, orata, sogliola, sardine, tonno, gamberetti e granchi. Abbiamo a disposizione molte opzioni per preparare un risotto di mare dal sapore autentico e ricco.
Nel mese di gennaio, invece, troviamo pesci come lampuga (o capone), rombo, sgombro, sardine, sogliola, alici, nasello, cannocchia, pesce San Pietro, scorfano, seppie, palamita (nota anche come “tonno dei poveri”), gallinella di mare (o mazzola) e polpo. Anche in questo periodo invernale, il mare offre ingredienti perfetti per un risotto gustoso e raffinato.
Anche se il risotto di mare è un grande classico della cucina mediterranea, amato da tutti, ne esistono diverse varianti regionali in tutta Italia. Secondo alcune interpretazioni, dovrebbe essere preparato esclusivamente con molluschi, crostacei e cefalopodi come seppie, polpi e calamari. Altri invece preferiscono aggiungere salsa di pomodoro o pomodorini, mentre alcuni optano per la versione in bianco, senza pomodoro.
Protagonista assoluto della ricetta è il riso, un cereale fondamentale della dieta mediterranea, che da secoli riveste un ruolo chiave nelle culture dei popoli che lo coltivano.
Il riso, il cui nome scientifico è Oryza sativa, è uno dei cereali più diffusi al mondo. Appartenente alla famiglia delle Graminacee, rappresenta l’alimento base per circa un terzo della popolazione globale. Grazie alle sue numerose varietà, si presta a molteplici preparazioni, ognuna con caratteristiche uniche.
Si ritiene che il riso abbia fatto la sua comparsa sulla Terra circa 7.000 anni fa, con reperti di riso coltivato rinvenuti in Cina orientale e India. In Occidente arrivò con Alessandro Magno nel IV secolo a.C., ma le modalità precise del suo arrivo in Italia rimangono tuttora avvolte nel mistero.
Secondo alcune fonti, furono gli Arabi a introdurre il riso in Europa, prima in Spagna e poi in Sicilia intorno all’anno Mille, da dove si sarebbe successivamente diffuso nel Nord Italia. Altre teorie attribuiscono agli Aragonesi il merito di aver portato il riso a Napoli, mentre alcuni ritengono che furono i mercanti veneziani a introdurlo, importandolo dall’Estremo Oriente.
Il riso è così radicato nella nostra storia da essere protagonista di miti, leggende e rituali.
Tra le storie più affascinanti, spicca una leggenda cinese sull’origine di questo prezioso alimento: durante una terribile carestia, un Genio Buono, commosso dalla sofferenza dei contadini, decise di sacrificare i suoi denti e di gettarli nella palude. A contatto con l’acqua, quei denti si trasformarono in semi, da cui germogliarono rigogliose piante di riso. Da allora, il riso è simbolo di abbondanza e fertilità, un significato che ancora oggi celebriamo lanciando i chicchi di riso agli sposi all’uscita dalla chiesa, come augurio di prosperità e felicità.
Tra i piatti a base di riso più celebri al mondo troviamo il risotto, il cui nome deriva dall’unione del sostantivo “riso”—dal latino classico oryza, a sua volta derivato dal greco e ancor prima dal sanscrito—e dal suffisso “otto”, probabilmente aggiunto con un valore vezzeggiativo.
Il risotto è un primo piatto iconico della cucina italiana, tra i più apprezzati al mondo, la cui origine è avvolta nel mistero. Si ritiene abbia radici nel Nord Italia, in particolare in Veneto, Lombardia e Piemonte, e che abbia ispirato numerosi chef stellati e grandi personaggi della nostra cultura. Giuseppe Verdi e la moglie Giuseppina lo amavano, mentre Carlo Goldoni, nella commedia La Locandiera, ne fa persino cenno, a testimonianza della sua intramontabile fama.
La pratica di cucinare il riso si diffuse in Italia grazie prima ai Greci e poi agli Aragonesi, ma la nascita del risotto, così come lo conosciamo oggi, è avvolta da racconti e leggende. Si presume abbia avuto origine nel XVI secolo come piatto povero, anche se di quel periodo non esistono testimonianze scritte. Addirittura, nel XIV secolo, il riso era considerato portatore di malaria e malvisto. Solo all’inizio del XIX secolo i medici del Novarese scoprirono che la malattia era causata dalle zanzare anofele delle acque stagnanti. Da allora, si iniziò a far scorrere l’acqua nelle risaie, e la storia del risotto—simbolo del nostro patrimonio culinario—prese a diffondersi.
Nel XVIII secolo, il riso veniva cucinato semplicemente bollito in abbondante acqua in un paiolo, ottenendo un risultato più simile a una minestra che a un risotto. Le prime tracce scritte di una ricetta simile al risotto risalgono al 1779, grazie al celebre chef Antonio Nebbia, uno dei gastronomi più importanti dopo Apicio. Nel suo libro Il Cuoco Maceratese, Nebbia descrisse una preparazione in cui il riso veniva soffritto nel burro e poi cotto aggiungendo gradualmente il brodo.
A partire dagli anni ’30 del Novecento, in Lombardia si diffuse il primo vero risotto: il Risotto alla Certosina, preparato dai monaci della Certosa di Pavia. Era un piatto tradizionale del periodo natalizio della provincia di Pavia, ricco di ingredienti locali: riso, piselli, funghi, gamberi, rane e pesce persico. Inizialmente non prevedeva il burro, vietato ai monaci, ma questo ingrediente venne aggiunto solo in seguito.
Contemporaneamente, si iniziò a preparare il Risotto alla Milanese, simile ma non identico al Risotto allo Zafferano. Entrambi hanno come protagonista lo zafferano, ma presentano alcune differenze nella preparazione:
- Nel Risotto allo Zafferano, il riso viene tostato e sfumato con vino bianco, prima di essere cotto con brodo e zafferano.
- Nel Risotto alla Milanese, invece, si evita il vino per non coprire il delicato sapore dello zafferano e si aggiunge il midollo di bue, che dona una nota unica e inconfondibile al piatto.
Negli anni del dopoguerra, il risotto divenne un vero e proprio simbolo della cucina italiana, grazie a chef come Giacomo Bergese, detto Nino, il “Re dei Cuochi”, e al celebre Gualtiero Marchesi. Il risotto conquistò le cucine di tutto il mondo, diventando una delle preparazioni più rappresentative della nostra tradizione gastronomica.
Oggi il risotto è amatissimo anche nel mondo digitale, con oltre un milione e seicentotrentamila contenuti online dedicati a questo piatto.
Dal semplice risotto alla zucca o ai funghi, fino a ricette stellate come quella dello chef Alessandro Martinelli, che propone un risotto con riso Carnaroli, peperoni, menta, caprino e spezie di Cleopatra, o il “risotto ai tre pomodori con fonduta di provola e crema al basilico” dello chef Marcello Romano. Senza dimenticare il celebre “risotto fragole e champagne” di Alessandro Borghese o il raffinato risotto ideato da Cannavacciuolo per il matrimonio di Hunziker e Trussardi, il “Riso all’olio con vongole, timo e salsa al limone”. Questi sono solo alcuni esempi delle infinite declinazioni di questo straordinario piatto.
Se vogliamo portare in tavola un risotto d’eccellenza, il primo passo fondamentale è la scelta della qualità del riso. La cremosità del piatto dipende infatti dalla tipologia di riso utilizzata e dalla quantità di amido che rilascia in cottura. Tra le numerose varietà, una delle più pregiate è il riso Sant’Andrea DOP, appartenente all’unica DOP italiana della Baraggia, in Piemonte. Questo riso prende il nome dalla storica Basilica di Sant’Andrea a Vercelli ed è protagonista di un classico piatto tradizionale piemontese: la Panissa Vercellese, una ricetta semplice ma gustosa in cui i due ingredienti principali sono proprio il riso e i fagioli.
Oggi ho il piacere di presentarvi il Riso S. Andrea di Baraggia Biellese Vercellese DOP dell’Azienda Riso Goio, una realtà a conduzione familiare che affonda le sue radici nel lontano 1929, quando il fondatore Ernesto Goio, classe 1903, avviò l’attività affittando i terreni agricoli dei conti di Rovasenda, in un’area dalle caratteristiche ideali per la coltivazione del riso. Con il passare degli anni, l’azienda è stata tramandata di generazione in generazione, mantenendo intatto l’amore e la passione per questa produzione. Oggi, con Edoardo Goio, siamo alla quarta generazione, e lo sguardo è rivolto al futuro, con un impegno crescente verso un prodotto di altissima qualità, sempre più salutare e a basso impatto ambientale.
Il sogno della famiglia Goio è sempre stato quello di coltivare la terra e vendere ciò che producono, eccellendo nella qualità dei loro risi. Ed è proprio questa eccellenza che ha reso il Riso Goio 1929 il più apprezzato dagli chef stellati, grazie alla sua straordinaria tenuta di cottura, alla capacità di rilasciare amido per una mantecatura perfetta e al suo sapore inconfondibile. Ma non solo: è anche il riso preferito dalle famiglie, per il suo ottimo rapporto qualità-prezzo e per le sue impareggiabili caratteristiche organolettiche.
Questa realtà d’eccellenza è un fiore all’occhiello del Made in Italy, tanto da aver ottenuto la certificazione SQNPI (Sistema Nazionale di Produzione Integrata). Questo marchio garantisce che le modalità di produzione siano conformi agli standard della produzione integrata, un sistema di qualità riconosciuto a livello comunitario che valorizza le produzioni agricole vegetali.
I motivi per scegliere il Riso Goio sono molteplici, ma ce ne sono quattro che lo rendono unico:
- È coltivato nella Baraggia Biellese e Vercellese, l’unica DOP del riso al mondo.
- La coltivazione avviene con rotazione dei terreni, una pratica agricola antica e fondamentale per mantenere e migliorare la fertilità del suolo. Questo metodo permette di limitare l’uso di prodotti chimici, favorendo non solo la salubrità del terreno, ma anche la qualità del raccolto. Coltivare sempre le stesse piante su uno stesso appezzamento potrebbe infatti favorire la proliferazione di erbe infestanti e malattie, compromettendo la produttività. Per questo motivo, l’azienda adotta una rotazione biennale con la soia, prima di procedere alla semina del riso.
- È seminato con il metodo “in asciutta”, noto anche come “semina interrata a file”, che consente alle piantine di crescere più forti e sane.
- L’azienda ha una missione ambiziosa: ridurre i difetti di lavorazione dei chicchi fino a portarli vicini allo 0%, nonostante il disciplinare richieda un valore massimo del 5%.
Affidiamoci a chi il riso lo sa davvero produrre, portando in tavola un’eccellenza capace di esaltare ogni nostro piatto. Scoprite tutta la qualità del Riso Goio e acquistatelo direttamente sullo shop online, per dare vita ai vostri migliori manicaretti con un ingrediente unico e certificato!
Vediamo ora cosa ci occorre per preparare il nostro Risotto alla Pescatora con Riso S. Andrea di Baraggia Biellese Vercellese DOP – Azienda Riso Goio:
Ingredienti per il risotto:
- 320 grammi di Riso S. Andrea di Baraggia Biellese Vercellese DOP – Azienda Riso Goio
- 500 grammi di cozze
- 500 grammi di vongole
- 1 sogliola
- 4 sardine
- 300 grammi di gamberetti
- 500 grammi di calamari
- 1 bicchiere di vino bianco secco
- 1 spicchio di aglio
- sale
- pepe nero macinato al momento
- 1 scalogno
- 10 pomodorini datterino
- prezzemolo
Ingredienti per il fumetto di pesce:
- 2 carote
- una costa di sedano
- 1 piccola cipolla
- prezzemolo
- 2 pomodorini
- scarti del pesce: teste, carapaci
Risotto alla Pescatora con Riso S. Andrea di Baraggia Biellese Vercellese DOP – Azienda Riso Goio: Ricetta
In una casseruola, mettiamo le teste, le lische e i carapaci di pesce insieme alle verdure lavate e mondate (carote, sedano, cipolla e pomodorini). Aggiungiamo un litro d’acqua e lasciamo bollire per circa un’ora e mezza per ottenere un saporito fumetto di pesce.
Nel frattempo, laviamo e lasciamo spurgare le cozze e le vongole in abbondante acqua fredda con sale grosso per circa un’ora. Trascorso il tempo necessario, scoliamo e teniamo da parte.
In una padella capiente, facciamo insaporire uno spicchio d’aglio con un peperoncino e un filo d’olio extravergine d’oliva. Aggiungiamo le cozze e le vongole e lasciamo cuocere finché si aprono. Scartiamo eventuali frutti non aperti, poi trasferiamo cozze e vongole in un piatto e filtriamo il liquido di cottura.
In un’altra casseruola, facciamo imbiondire lo scalogno con un filo d’olio extravergine d’oliva, quindi aggiungiamo il riso e lo tostiamo per qualche minuto. Sfumiamo con un bicchiere di vino bianco secco e proseguiamo la cottura del risotto aggiungendo gradualmente il fumetto di pesce, un mestolo alla volta.
A metà cottura, uniamo i pomodorini datterini, i calamari, le sardine e la sogliola. Verso la fine, aggiungiamo i gamberetti, le cozze e le vongole. Spegniamo la fiamma e mantechiamo con un filo d’olio extravergine d’oliva e prezzemolo tritato.
Il nostro Risotto alla Pescatora con Riso S. Andrea di Baraggia Biellese Vercellese DOP – Azienda Riso Goio è pronto per essere servito!
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Alla prossima ricetta!
Un abbraccio
Patrizia