Risotto alla Carbonara con Riduzione di Amaro San Filippo

Il Risotto alla Carbonara con Riduzione di Amaro San Filippo è un’interpretazione originale del celebre piatto romano, amato in tutto il mondo. Un primo piatto creativo che unisce due icone della gastronomia italiana: il risotto e la Carbonara.

La proposta di oggi stravolge con delicatezza i canoni della preparazione tradizionale, ma credetemi… ha un sapore inconfondibile, capace di conquistare al primo assaggio!

Questa variante unica si distingue per il suo gusto aromatico e raffinato, che avvolge il palato con eleganza. Immaginate il risotto, già amatissimo nel mondo, reso ancora più cremoso dalla crema di tuorlo e pecorino, arricchito dalla nota croccante del guanciale e completato da una salsina intensa e profumata, ottenuta facendo ridurre l’Amaro San Filippo fino a renderlo denso, saporito, e carico di aromi.

Mi perdonino i puristi della tradizione, e chiedo venia ai romani doc, ma questa è una variazione sul tema che, ne sono certa, soddisferà anche i palati più esigenti. Un’esplosione di gusto che regala una nuova, emozionante esperienza alle vostre papille gustative!

Un piatto dal sapore delicato ma deciso, elegante e innovativo, che può essere impreziosito con ingredienti stagionali, mantenendo però sempre fermi gli elementi imprescindibili: tuorli e guanciale. In autunno, ad esempio, possiamo aggiungere un misto di funghi di bosco, o del solo porcino, il vero re del sottobosco.

Non amate la cipolla? Potete ometterla o sostituirla con lo scalogno, che arricchisce il piatto con una nota umami equilibrata. E se il Pecorino, protagonista della ricetta originale, non incontra i vostri gusti, potete sostituirlo con del buon Parmigiano Reggiano. Due formaggi, due identità: più dolce e armonico il primo, più deciso e sapido il secondo.

La Carbonara, simbolo indiscusso della capitale, è uno dei piatti più rappresentativi della cucina italiana, amato ovunque. Le sue origini sono avvolte nel mistero, come accade spesso con i grandi classici.

Una teoria suggerisce che sia nata a Napoli, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, grazie alla creatività dei soldati americani stanchi dei soliti spaghetti cacio e pepe: aggiungendo uova, panna e pancetta, crearono una prima versione del piatto, poi modificata dai napoletani e diffusa in tutta Italia fino a trovare la sua forma attuale a Roma.

Un’altra ipotesi la colloca in Abruzzo, dove i soldati americani avrebbero preso ispirazione dalla pasta dei “carbonari” locali, arricchendola con guanciale e il loro amato bacon.

Infine, secondo la tradizione romana, la Carbonara sarebbe nata come “schiscetta”: il pranzo dei carbonai. Per affrontare il duro lavoro, aggiungevano guanciale al classico cacio e ova, mentre il pepe aveva anche una funzione conservante.

C’è anche chi attribuisce l’origine di questo piatto all’Ottocento, legandola a una nobildonna del Polesine che, durante le riunioni segrete della Carboneria, era solita deliziare i suoi ospiti con una pasta da lei inventata. Un gesto raffinato che rendeva le pause tra un incontro e l’altro decisamente più piacevoli.

Un piatto apparentemente semplice, ma dal fascino indiscutibile, anche se le sue origini non affondano nei secoli più remoti. Le tante leggende e miti che lo circondano contribuiscono a creare confusione, rendendo difficile stabilire con certezza dove e quando sia nato davvero. Di una cosa però siamo sicuri: chi l’ha ideato aveva un genio culinario fuori dal comune!

Un’altra curiosità riguarda la scelta del formato di pasta. Molti sostengono che la prima versione sia nata con i classici spaghetti, ancora oggi uno dei formati più amati: la loro forma lunga si sposa perfettamente con la crema alla carbonara, legandosi con il pecorino in un abbraccio irresistibile. A Roma, però, c’è un detto che non lascia dubbi: “morte sua” sono i rigatoni! Questo formato corto, con le sue righe sulla superficie, trattiene alla perfezione il condimento, regalando un morso ricco e appagante.

La Carbonara, negli anni, si è evoluta, adattata e personalizzata in tante versioni, anche se non sempre apprezzate dai cultori della tradizione. Uno dei quesiti più frequenti è: “Si può usare la pancetta al posto del guanciale?”
La risposta degli esperti è una sola: no, nella vera Carbonara si usa il guanciale. Più grasso della pancetta, è uno degli ingredienti simbolo della cucina laziale.

Ovviamente ognuno può interpretare la ricetta a modo suo, ma è bene sapere che pancetta e guanciale non sono la stessa cosa:
la pancetta si ricava dalla pancia del maiale, mentre il guanciale proviene dalla guancia e dal collo del suino, che deve avere almeno nove mesi di vita. Anche il gusto è ben diverso: il guanciale ha un sapore più intenso e speziato, con una nota più dolce e sapida rispetto alla pancetta.

E adesso, uno sguardo all’altra protagonista del nostro piatto: il risotto.

Il riso è l’elemento centrale di questa ricetta. Un alimento dalle origini millenarie, appartenente alla famiglia delle Graminacee, ed è la base dell’alimentazione per circa un terzo della popolazione mondiale. Il suo nome scientifico è Oryza sativa, ed è uno dei cereali più coltivati al mondo, incredibilmente versatile e perfetto per una miriade di preparazioni.

Si stima che il riso abbia fatto la sua comparsa sulla Terra circa 7000 anni fa, con i primi reperti ritrovati in Cina orientale e in India. In Occidente arrivò con Alessandro Magno, nel IV secolo a.C., ma le modalità con cui giunse in Italia restano ancora avvolte nel mistero

Secondo alcune fonti, furono gli Arabi a introdurre il riso in Europa, prima in Spagna e poi in Sicilia, intorno all’anno Mille. Da lì, si sarebbe lentamente diffuso verso il Nord Italia.
Altre versioni attribuiscono questo merito agli Aragonesi, che lo portarono a Napoli, mentre secondo alcuni furono i mercanti veneziani a introdurre il riso proveniente dall’Estremo Oriente.

Ci sono anche fonti storiche che risalgono molto più indietro nel tempo: gli antichi Egizi, ad esempio, lo utilizzavano in infusione per creare un brodo medicinale. Anche Greci e Romani lo impiegavano a scopo terapeutico, soprattutto per alleviare disturbi gastrici e infezioni. Si racconta persino che un imperatore romano lo usasse per curare problemi intestinali!

Insomma, la storia del riso ha sempre affascinato studiosi e appassionati, ed è una storia fatta di alti e bassi.
Nel 1400, il riso cominciò ad essere apprezzato in cucina, ma nel secolo successivo venne addirittura demonizzato, ritenuto (a torto) responsabile della diffusione della malaria, che colpiva i contadini nelle risaie.
Si credeva infatti che fosse il riso stesso a causare la malattia, e per questo vennero imposte severe restrizioni: le coltivazioni dovevano trovarsi lontano dai centri abitati e, nei territori conquistati, le risaie venivano distrutte.

Solo nel XIX secolo, grazie ai medici del Novarese, si scoprì la verità: la malaria non era causata dal riso, ma dalle zanzare anofele che si moltiplicavano nelle acque stagnanti.
Da quel momento si comprese quanto fosse fondamentale mantenere in movimento l’acqua nelle risaie, per evitare i ristagni e limitare la proliferazione delle zanzare.

Le ricette a base di riso sono davvero infinite!
Con questo ingrediente versatile si possono preparare moltissimi piatti, utilizzando diverse tecniche di cottura. Tra i primi piatti più amati troviamo ovviamente i risotti, veri e propri capisaldi della cucina italiana, famosi in tutto il mondo per il loro equilibrio tra semplicità, eleganza e quella cremosità irresistibile.

Anche la storia del risotto, come spesso accade per i grandi piatti della tradizione, è avvolta nel mistero.
Le sue radici, però, affondano senza dubbio nel Nord Italia, in particolare in Veneto, Lombardia e Piemonte. È un piatto che ha ispirato chef famosi e personaggi illustri, tra cui il compositore Giuseppe Verdi e sua moglie Giuseppina, ed è persino citato da Carlo Goldoni nella commedia La Locandiera.

Un piatto raffinato e amatissimo, che permette infinite combinazioni e varianti, ma attenzione: anche se sembra semplice, nasconde qualche insidia.
Per ottenere un risotto perfetto, bisogna seguire alcune regole, perché ogni dettaglio può fare la differenza. E no, non è affatto scontato cucinarlo a dovere!

Per ottenere un risotto perfetto, ci sono alcune regole base da seguire con attenzione, così da evitare gli errori più comuni:

Lavare o non lavare il riso?
È una domanda che ci poniamo spesso! Se stiamo cucinando un riso come il Basmati o il Jasmine, lavarlo è fondamentale per eliminare l’amido in eccesso e ottenere chicchi ben separati. Ma se stiamo preparando un risotto, attenzione: lavare i chicchi significherebbe eliminare proprio quell’amido che è essenziale per ottenere la tipica cremosità. Quindi: mai lavare il riso per il risotto!

Scegliere il riso giusto
Le varietà più adatte sono Carnaroli, Arborio e Vialone Nano. Sono quelle che rilasciano la giusta quantità di amido, permettendo al risotto di risultare cremoso e ben legato.

Quanto brodo usare?
Un errore comune è eccedere o, al contrario, metterne troppo poco. Troppo brodo = risotto colloso. Troppo poco = rischio di bruciarlo. La regola ideale? Per ogni due parti di riso, una di brodo. E ricordiamoci di aggiungerlo poco alla volta, così il riso lo assorbe gradualmente.

Burro o olio extravergine d’oliva?
Non c’è una regola fissa. Il burro dona più ricchezza e rotondità, mentre l’olio EVO è una scelta più leggera e salutare, perfettamente in linea con la dieta mediterranea.

Aglio, cipolla o scalogno?
Dipende dal tipo di risotto!
Per i risotti a base di pesce, meglio l’aglio. Nei risotti ai funghi, meglio evitare la cipolla, che coprirebbe i sapori delicati. Qualunque sia la scelta, è fondamentale tritare tutto finemente, così da non trovare pezzi sotto i denti – soprattutto se a tavola ci sono bambini!

Cottura: fiamma dolce o vivace?
Una fiamma troppo alta fa evaporare il brodo in fretta e lascia il riso crudo al centro. L’ideale è una cottura dolce e costante, che permette al chicco di cuocere uniformemente.

Non servire subito!
Uno degli errori più comuni è portare il risotto a tavola appena finito di cuocere. In realtà, bisogna lasciarlo riposare coperto per 5 minuti, in modo che l’umidità si distribuisca e il sapore si armonizzi.

Mescolare o non mescolare?
Ecco un grande dilemma! C’è chi dice mai mescolare, chi invece sostiene di mescolare sempre. La verità, come spesso accade, sta nel mezzo: mescoliamo quanto basta per evitare che il riso si attacchi, ma senza esagerare, lasciando agli ingredienti il tempo di lavorare “in pace” e creare la loro magia.

Tostatura del riso
È un passaggio fondamentale! Serve a mantenere i chicchi compatti durante la cottura. Basta versare il riso nel soffritto (o direttamente nell’olio caldo) e lasciarlo scaldare mescolando, finché non diventa quasi trasparente. Occhio a non farlo attaccare!

La scelta del brodo
Che sia di carne, di pesce o vegetale, il brodo va aggiunto poco alla volta, sempre caldo, così da essere assorbito lentamente. La scelta dipende dal tipo di risotto che stiamo preparando: ogni ingrediente ha il suo compagno ideale.

Uno sguardo veloce al passato è d’obbligo, per ricordare quando il risotto è entrato a far parte del grande libro della gastronomia italiana. Era il XVIII secolo, e in realtà si trattava ancora di un “non risotto”, più simile a un riso in brodo. Le ricette dell’epoca, infatti, prevedevano di cuocerlo semplicemente in acqua, ottenendo una sorta di minestra.

La prima testimonianza di un risotto simile a quello moderno arriva nel 1779, nel ricettario Il cuoco maceratese di Antonio Nebbia. In questa versione il riso viene soffritto nel burro e nel lardo, con cipolla e “cervellata”, una tipica salsiccia milanese, e poi cotto in brodo aromatizzato allo zafferano. Un piccolo assaggio di quella meraviglia che diventerà uno dei piatti più amati della nostra tradizione.

E torniamo ora ai giorni nostri, con una proposta che reinterpreta un grande classico: un risotto alla carbonara con un tocco innovativo grazie all’inclusione dell’Amaro San Filippo.

Un amaro da 30 gradi alcolici, ottenuto per macerazione di ben 23 erbe botaniche selezionate. Un grande classico del dopo pasto italiano, con una base amaricante che dona al piatto un sapore deciso, oltre a stimolare la digestione grazie alla presenza di genziana, anice stellato, issopo e achillea.

La componente speziata è data da anice stellato, cannella, coriandolo e noce moscata, mentre quella agrumatica si esprime con mandarini di Liguria, arancio pernambucco e cedro.

Questo amaro mi ha davvero conquistata: lo trovo un emblema di vera arte. Al primo sorso si avvertono le note calde della cannella, che si fondono con il gusto amaro e profondo della genziana, per poi evolvere elegantemente in sentori di anice stellato, china e arancio pernambucco. Il risultato? Un sapore complesso, ricco, perfettamente equilibrato.

L’Amaro San Filippo nasce come un gesto d’amore di Mario Zanotta verso i suoi genitori, Pietro e Lucia, e affonda le radici nei valori autentici di impegno e tradizione che da sempre hanno contraddistinto la sua famiglia. Un omaggio sincero, che si trasforma in un amaro artigianale dal sapore intenso e avvolgente, realizzato con passione attraverso un processo di infusione lenta che valorizza le proprietà aromatiche delle 23 erbe botaniche selezionate. Un prodotto che racconta una storia di famiglia, fatta di dedizione e cura per ogni dettaglio, dove la tradizione incontra un’anima moderna per dare vita a un’esperienza gustativa davvero unica.

L’Amaro San Filippo è l’essenza della Milano moderna: una città che vive, pulsa, innova. È un simbolo della movida milanese, un omaggio al passato ma con lo sguardo sempre rivolto al futuro. Non è un semplice liquore, ma una rivoluzione dei sapori, un’esperienza multisensoriale che unisce tradizione e innovazione.

Il suo sapore unico e inconfondibile conquista il cuore e il palato, sia degli amanti dei liquori sia di chi lo assaggia per la prima volta. Il suo carattere deciso, la selezione degli ingredienti, la cura artigianale con cui viene prodotto e il suo approccio moderno lo rendono unico e ineguagliabile. Un vero protagonista del dopo pasto italiano.

Un amaro estremamente versatile, che possiamo gustare in mille modi: bevuto liscio, alla temperatura ideale tra 0 e 4 gradi, consente di apprezzarne al meglio tutte le sfumature aromatiche e la complessità dei sapori.

Da perfetto amaro da fine pasto, sa trasformarsi nel complice ideale nella creazione di cocktail, dai più classici a quelli più innovativi, aggiungendo sempre una nota di eleganza e raffinatezza in ogni drink.

E non dimentichiamo la sua straordinaria versatilità anche in cucina: può diventare l’ingrediente segreto per dare un tocco speciale a piatti salati o dessert, capaci di conquistare anche i palati più curiosi e raffinati, trasportandoli in un vero e proprio viaggio di gusto.

Un consiglio? Lasciatevi conquistare da questo capolavoro di artigianalità. Se ancora non lo conoscete, non vi resta che provarlo: vi lascerete incantare da questa nuova frontiera del bere. E la cosa bella è che lo potete ricevere comodamente a casa, con consegne puntuali e pagamenti sicuri.

Una bottiglia di Amaro San Filippo è il regalo perfetto per gli amanti delle bevande artigianali, ma anche per chi desidera scoprire un nuovo tesoro della nostra cultura gastronomica. Non ve ne pentirete, anzi: sono certa che, come è successo a me, ve ne innamorerete al primo assaggio.

E adesso… vediamo cosa ci occorre per realizzare il nostro Risotto alla Carbonara con Riduzione di Amaro San Filippo:

Ingredienti per il brodo vegetale:

  • 1 carota
  • 1 costa di sedano
  • 1 cipolla bianca
  • 1 pomodoro
  • qualche foglia di prezzemolo
  • sale

Ingredienti:

  • 320 grammi di riso Carnaroli o la tipologia preferita adatta
  • 220 grammi di guancia di maiale in una fetta unica
  • 4 tuorli d’uovo
  • 100 grammi di pecorino Romano grattugiato
  • sale
  • un filo di olio extravergine di oliva
  • una noce di burro per mantecare
  • 150 ml di Amaro San Filippo

Risotto alla Carbonara con Riduzione di Amaro San Filippo: Ricetta

Prepariamo il brodo vegetale: in una pentola versiamo 1 litro d’acqua e aggiungiamo le verdure già lavate e mondate. Portiamo a ebollizione, poi saliamo e abbassiamo la fiamma lasciando sobbollire dolcemente.

Tagliamo il guanciale a petali o a striscioline sottili e rosoliamolo in una padella antiaderente finché non diventa croccante e dorato. Una volta pronto, trasferiamolo su un foglio di carta da cucina per eliminare il grasso in eccesso.

In una casseruola scaldiamo un filo di olio extravergine d’oliva, versiamo il riso e facciamolo tostare per qualche minuto, mescolando, finché i chicchi non saranno belli traslucidi. A questo punto iniziamo ad aggiungere il brodo caldo un mestolo alla volta, mescolando e lasciando che venga assorbito prima di aggiungerne altro, fino a portare il riso a cottura al dente.

In una terrina amalgamiamo i tuorli d’uovo con il pecorino grattugiato e del pepe nero macinato.

Nel frattempo, versiamo l’Amaro San Filippo in un pentolino e portiamolo sul fuoco a fiamma bassa: lasciamolo ridurre lentamente finché non raggiunge una consistenza densa e avvolgente.

Quando il riso è cotto, spegniamo la fiamma, aggiungiamo una noce di burro e la crema di uovo e pecorino, poi mantechiamo energicamente fino a ottenere una consistenza cremosa.

Distribuiamo il risotto nei piatti, aggiungiamo il guanciale croccante e completiamo con la nostra riduzione di Amaro San Filippo.

Ed eccolo qui: il nostro Risotto alla Carbonara con Riduzione di Amaro San Filippo, pronto da portare in tavola… un piatto che profuma di tradizione, ma con un tocco inaspettato che conquista al primo assaggio!

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Alla prossima ricetta!

Un abbraccio

Patrizia


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