Gli Gnudi con Ricotta e Spinaci, da accompagnare con Chianti Classico Sangiovese 100% della Fattoria Pomona, sono un primo piatto tipico della cucina toscana, in particolare delle zone di Siena e Grosseto. Ricchi e corposi, rappresentano una ricetta profondamente radicata nella tradizione italiana e, più nello specifico, in quella contadina della Maremma. Morbidi e saporiti, regalano un’esplosione di gusto grazie al perfetto equilibrio tra gli ingredienti.
Preparati con spinaci o, in alternativa, erbe di campo, bietole, ricotta vaccina freschissima, Parmigiano Reggiano o Pecorino Toscano, uova e farina, questi gnocchi sono il ripieno dei tortelli maremmani, ma senza l’involucro di pasta. Una ricetta semplice e geniale, nata dalla tradizione contadina con l’intento di non sprecare nulla. A differenza di altri tipi di gnocchi, è raro trovarli già pronti nei supermercati: la loro delicatezza li rende difficili da conservare, perciò vanno gustati appena fatti.
Oggi, con questo piatto, vi porto in un viaggio virtuale attraverso la meravigliosa Toscana, conosciuta anche come la “Perla d’Italia”. Una terra amata per i suoi paesaggi mozzafiato, che spaziano dalla costa alle colline e alle aree incontaminate, per i suoi tesori storici, le opere d’arte straordinarie e i borghi suggestivi del Chianti e della Maremma grossetana. Un territorio che ha ispirato artisti, pittori e poeti e che continua a incantare i visitatori con la sua cultura e la sua cucina.
I prodotti di questa terra sono numerosi e profondamente legati al territorio: olio extravergine d’oliva, castagne, salumi e molto altro. La loro qualità è riconosciuta a livello europeo, con ben 16 prodotti DOP e 15 IGP che contribuiscono all’eccellenza della gastronomia toscana.
La cucina toscana si fonda su ingredienti semplici, genuini e ricchi di sapore, offerti dalla natura stessa: ortaggi, legumi, funghi e frutti del bosco. Al vertice della piramide alimentare troviamo l’olio extravergine d’oliva, noto come “l’oro giallo”, protagonista assoluto di ogni pietanza.
I prodotti toscani sono spesso accompagnati da carni di animali allevati naturalmente e dal celebre “pane sciocco” o “pane sciapo”, un pane senza sale dalla lunga tradizione. Questa specialità, preparata con lievito madre e farina di grano tenero secondo un’antica ricetta, è riconosciuta come DOP e si abbina perfettamente a taglieri di salumi misti e formaggi. Protagonista di piatti iconici della tradizione, il pane toscano è l’ingrediente base di ricette amate in tutta Italia, come la panzanella, la panata, l’acquacotta, la pappa al pomodoro, la minestra con il cavolo nero e il Pan co’ santi. Questi sapori autentici conquistano i turisti, che, attratti inizialmente dal patrimonio artistico della regione, finiscono per innamorarsi anche della sua straordinaria cucina.
E non c’è grande piatto senza un grande vino. La Toscana, considerata un vero gioiello dell’enologia mondiale, vanta una produzione vitivinicola d’eccellenza, con ben 11 DOCG, 41 DOC e 6 IGT. Ogni vino racconta il territorio da cui proviene, e per esaltare al meglio il nostro piatto della tradizione, la scelta perfetta è il Chianti Classico Sangiovese 100% della Fattoria Pomona.
Ma prima di approfondire questo straordinario vino e l’azienda che lo produce, vale la pena scoprire qualcosa di più sul piatto che andremo a realizzare.
Le prime tracce storiche di questa preparazione risalgono all’epoca romana, con il celebre cuoco Apicio, considerato l’ideatore dei ravioli, che ne anticipa il concetto con la sua “torta di Apicio”. L’origine del nome potrebbe derivare da “rabiola”, che significa piccola rapa, o da “roviglio”, riferendosi a un “groviglio”.
Attorno alla pasta ripiena si sono sviluppati miti e leggende, tanto da diventare musa ispiratrice di racconti, poesie e persino canzoni. Ne troviamo traccia nel Decamerone di Boccaccio, che immagina le delizie del Paese di Cuccagna.
L’ingresso della pasta fresca ripiena nella gastronomia avvenne in epoca medievale: fino ad allora si parlava principalmente delle “lagane” cotte al forno. Alcune fonti fanno risalire la nascita del raviolo al territorio di Gavi, dove sarebbe legato alla famiglia Raviolo, che gli avrebbe dato il nome. In origine, il raviolo gaviese era composto da un sottile strato di pasta ripiena di formaggio di capra ed erbe, cotto e servito in brodo. Oggi, il Raviolo Gaviese ha ottenuto il riconoscimento Denominazione Comunale (De.Co.) ed è tutelato dall’Ordine Obertengo dei Cavalieri del Raviolo, che da ben 40 anni ne promuovono e difendono l’autenticità.
Nel XII secolo comparvero i primi tortellorum, antenati degli attuali tortellini, preparati come piatto destinato ai ceti più agiati durante le festività natalizie. Nel 1182, gli storici hanno rinvenuto una testimonianza scritta in cui un colono del savonese si impegnava a offrire al proprio padrone un pranzo a base di pane, vino, carne e ravioli. Anche nella Cronaca di Fra Salimbene, uno scritto sulla vita religiosa e politica italiana, viene menzionato il raviolo.
Le prime tracce degli gnudi, invece, risalgono alla metà del XVI secolo. Questo piatto, nato nelle cucine contadine, rimase una preparazione semplice e popolare fino alla pubblicazione del celebre libro L’arte di mangiare bene di Pellegrino Artusi. Nella ricetta n. 97 del ricettario si trova infatti una preparazione che, leggendo gli ingredienti — 300 g di ricotta, 50 g di parmigiano grattugiato, 50 g di uova, due bietole cotte, un pizzico di noce moscata, spezie e sale — corrisponde chiaramente ai nostri Gnudi.
Il loro nome deriva dal termine dialettale toscano nudi, un’espressione tipicamente fiorentina che indica il fatto che questi gnocchi altro non sono che il ripieno dei ravioli, ma senza la sfoglia di pasta. Questo piatto povero è diventato nel tempo un simbolo della ricca tradizione gastronomica italiana e assume nomi diversi a seconda della zona: a Siena, ad esempio, sono conosciuti come malfatti, mentre in altre regioni prendono il nome di strozzapreti.
Nella tradizione maremmana, gli gnudi vengono conditi con burro fuso, foglioline di salvia e abbondante Parmigiano Reggiano. Tuttavia, oggi esistono molte varianti: alcuni li servono con un semplice sugo di pomodoro, altri con tartufo e funghi porcini o persino con cavolo nero. Le versioni più innovative — che fanno rabbrividire i puristi della tradizione — prevedono la gratinatura in forno con besciamella oppure la cottura in brodo.
Quando si parla di gnocchi, si pensa subito ai classici di patate, ma esistono numerose varianti che non prevedono questo ingrediente. Un esempio sono gli gnocchi di semolino, conosciuti come gnocchi alla romana, preparati senza patate e senza farina, ma con un impasto a base di semolino, latte, uova e formaggio grattugiato, conditi con burro e salvia e gratinati in forno.
Nella nostra tradizione gastronomica troviamo anche ricette a base di pane raffermo, nate come piatti di recupero. Tra le più celebri ci sono i canederli del Trentino-Alto Adige, che esistono sia in versione salata che dolce. Si preparano con pane raffermo, uova, latte, cipolla, erba cipollina e prezzemolo, e in molte varianti si aggiungono speck a dadini, formaggio o spinaci, per un risultato ricco di sapore e tradizione.
In un viaggio virtuale alla scoperta degli gnocchi nelle diverse regioni d’Italia, in Piemonte troviamo i Dunderet e i Ravioles della Val Varaita. I primi, conosciuti anche come strangoiapreve, sono una tipicità delle Valli Occitane del cuneese: si caratterizzano per un impasto morbido che viene versato in acqua a cucchiaiate e possono essere conditi in svariati modi, dal burro e salvia al pomodoro, fino al gorgonzola. I Ravioles, invece, sono gnocchi preparati con patate e tomini e poi bolliti.
La tradizione piemontese è particolarmente ricca di varianti di gnocchi: tra queste, gli Gnoc de la cua, preparati con pane raffermo, patate, latte, erba del Buon Enrico e farina; i Malfatti, simili ai primi ma con l’aggiunta di formaggio grattugiato nell’impasto; gli Gnoc de pa’, che come suggerisce il nome non prevedono patate; e infine i Capunsei, gnocchi di pane dalla forma affusolata, serviti in brodo o nella versione asciutta con burro e salvia o ragù.
Dagli avanzi della polenta nascono i gnocarei, arricchiti con verdure, mentre la farina di castagne e il riso danno vita ai tradizionali gnòc de schelt e gnòc de rìh.
Spostandoci in Valle d’Aosta, troviamo gli gnocchi alla bava, piccoli gnocchetti di pasta fresca realizzati con un mix di farina di grano saraceno e farina di frumento, conditi con una ricca salsa di formaggi a base di fontina e/o Toma Piemontese.
In Emilia-Romagna, gli Gnocchetti de gries sono preparati senza patate, con un impasto di semolino, e serviti in brodo. Gli Gnocchi de susini sono invece gnocchi di patate dalla forma rotonda, con un cuore dolce di susina. Qui troviamo anche i celebri Pisarei, gnocchetti a base di pane e acqua, protagonisti del piatto tradizionale pisarei e fasò, conditi con fagioli. Non mancano i gnocchetti collescipolani, preparati senza patate ma con farina e pangrattato.
Il Veneto offre un’ampia varietà di gnocchi: accanto ai classici gnocchi di patate conditi con ragù, magari di cortile, troviamo gli gnocchi dolci, tipici di Verona, conditi con burro fuso, zucchero e cannella. Tra le specialità venete ci sono anche gli gnocchi di patate di montagna con un condimento ispirato al Rinascimento, gli gnocchi di ricotta, quelli di tarassaco, di ortica, con broccolo fiolaro, con carletti o alla barbabietola. Un’altra specialità è rappresentata dagli gnocchi alla fioretta, simili agli spätzle ma senza patate, preparati con una ricotta liquida ottenuta dalla prima lavorazione del latte, farina e uova, tipici di Recoaro. Infine, tra le varianti meno conosciute ci sono gli gnocchi di pane con mortadella, noce moscata e prezzemolo, più piccoli dei canederli e diversi da questi perché il pane viene ammollato nel latte, passato al setaccio e la mortadella tritata finemente.
Molte di queste ricette provengono dalla tradizione popolare, radicate in un passato in cui non era concepibile sprecare il cibo: tutto ciò che avanzava veniva reinventato per creare piatti gustosi e nutrienti, sfruttando al meglio ciò che la natura offriva.
I primi gnocchi della storia sembrano risalire al periodo Rinascimentale, quando comparvero nei banchetti lombardi con il nome di Zanzarelli. Erano preparati con mollica di pane, latte e mandorle e potevano assumere diverse colorazioni: verde con l’aggiunta di erbe, arancione con le carote, giallo con la zucca o lo zafferano.
Solo intorno al 1600 gli Zanzarelli cambiarono nome e modalità di preparazione: dalla mollica di pane e mandorle si passò a un impasto a base di farina, acqua e uova, dando vita ai Malfatti. I primi gnocchi di patate fecero invece la loro comparsa in Campania intorno alla metà del XVII secolo.
Questa è una storia affascinante, su cui si potrebbe scrivere ancora molto. Ma ora voglio attirare la vostra attenzione su un altro aspetto importante: quale vino abbinare al nostro piatto? Bianco o rosso? Strutturato o leggero? Un vero dilemma!
Navigare tra le numerose etichette per trovare un vino genuino, prodotto con uve di alta qualità e capace di armonizzarsi perfettamente con la pietanza non è un compito facile.
Personalmente, non ho dubbi sulla scelta per la nostra ricetta! Sono lieta di presentarvi il Chianti Classico Biologico Sangiovese 100% Fattoria Pomona.
Questo vino nasce da uve Sangiovese provenienti dai vigneti Sant’Ilario e Vigna del Termine dell’azienda. La vendemmia, che avviene nella prima metà di ottobre, viene eseguita a mano con un’attenta selezione delle uve migliori. Si presenta con un luminoso colore rosso rubino ed è caratterizzato da aromi avvolgenti, con note speziate dolci di noce moscata, su uno sfondo di cuoio, tabacco e richiami balsamici. Il sapore è fresco, con eleganti sentori di ciliegia. Al palato risulta equilibrato, asciutto e persistente.
Questa etichetta è una scelta perfetta per accompagnare piatti a base di carni rosse e selvaggina, oltre a primi piatti con sughi ricchi. Si abbina splendidamente anche con formaggi stagionati. Un vino di carattere, con una forte identità, emblema del territorio da cui proviene.
In bocca rivela una buona tannicità, con una sensazione asciutta, sapida e vellutata. Viene prodotto dalla Fattoria Pomona, situata in località Pomona, a Castellina in Chianti (SI), nel cuore della magnifica Toscana, terra rinomata per i suoi sapori e profumi, amata e apprezzata in tutto il mondo.
Ciò che mi ha colpito di questa azienda è la sua storia. La titolare, Monica Raspi, è una veterinaria di professione che, spinta dalla passione per il vino e il territorio, nel 2007 decide di cambiare vita e dedicarsi interamente ai vigneti di famiglia. La Fattoria Pomona ha radici antiche: fu fondata nel 1890 dal bisnonno Bandino Bandini e, nel 1982, fu rilevata dai genitori di Monica, Enzo e Inge, che recuperarono due vecchi vigneti e iniziarono la produzione di vino. Nel 2007 arriva la grande svolta: con fermezza e coraggio, Monica prende le redini dell’azienda e, come lei stessa afferma, compie “una delle decisioni più folli e meravigliose che abbia mai preso“.
Nel 2012 l’azienda ottiene la certificazione biologica e i vitigni coltivati sono principalmente Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Trebbiano Toscano. Il lavoro in vigna di Monica è sempre accompagnato dalla presenza di Zoe, la sua inseparabile amica a quattro zampe. Fedele compagna, Zoe è tanto determinata quanto affettuosa: detesta la pioggia, ma ha una passione irrefrenabile per rincorrere le lucertole!
I vini della Fattoria Pomona rappresentano la perfetta armonia tra bontà, genuinità e tradizione, distinguendosi per il loro equilibrio tra metodi antichi e innovazione. Le vigne vengono coltivate con tecniche naturali e sostenibili, senza l’uso di prodotti chimici, né in vigna né in cantina, per garantire un prodotto autentico e di alta qualità.
L’azienda offre anche degustazioni, permettendo ai visitatori di scoprire la cantina e assaporare i suoi vini, per un’esperienza unica e coinvolgente. Ogni sorso racconta la storia di una terra, di una passione tramandata di generazione in generazione e dell’amore della signora Monica per il mondo del vino.
Non perdete l’opportunità di scoprire l’autenticità dei vini artigianali della Fattoria Pomona! È possibile ordinare e ricevere i vini comodamente a casa inviando una mail all’indirizzo info@fattoriapomona.it .
Vediamo ora cosa ci occorre per realizzare i nostri Gnudi con Ricotta e Spinaci da Servire con Chianti Classico Sangiovese 100% Fattoria Pomona:
Ingredienti:
- 350 grammi di spinaci freschi
- 300 grammi di ricotta di pecora
- 1 uovo
- 80 grammi di pecorino
- 3 cucchiai di farina bianca circa
- noce moscata a piacere
- sale
Ingredienti per il condimento:
- burro q.b.
- foglioline di salvia
Da servire con:
- Chianti Classico Sangiovese 100% Fattoria Pomona
Gnudi con Ricotta e Spinaci da Servire con Chianti Classico Sangiovese 100% Fattoria Pomona: Ricetta
Prepariamo gli gnudi iniziando a lavare e mondare gli spinaci. Lessiamoli in poca acqua bollente, poi scoliamoli e strizziamoli molto bene, in modo da eliminare tutta l’acqua di cottura.
Sminuzziamoli finemente con un coltello e trasferiamoli in una ciotola insieme alla ricotta ben sgocciolata, privata del siero di conservazione. Aggiungiamo il Pecorino grattugiato, un pizzico di sale e una macinata di noce moscata, quindi mescoliamo bene fino a ottenere un composto omogeneo.
Uniamo tanta farina quanto basta per ottenere un impasto morbido ma modellabile. Con l’aiuto di due cucchiaini, formiamo gli gnudi a forma di quenelle e disponiamoli su una spianatoia infarinata.
Portiamo a bollore abbondante acqua in una pentola e, con delicatezza, immergiamo gli gnudi aiutandoci con una paletta. Cuociamoli per un paio di minuti, quindi scoliamoli e condiamoli con burro fuso e foglioline di salvia. Completiamo il piatto con chips di Pecorino per un tocco croccante.
Serviamo i nostri Gnudi di Ricotta e Spinaci accompagnati da un calice di Chianti Classico Sangiovese 100% Fattoria Pomona.
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Alla prossima ricetta!
Un abbraccio
Patrizia