I Casunziei all’Ampezzana con semi di papavero, da servire con un calice di Mat’55 Pian delle Vette, sono un’idea perfetta per chi cerca un primo piatto di pasta fresca ripiena dal gusto autentico. Una specialità delle Dolomiti Bellunesi, in particolare di Cortina d’Ampezzo, conosciuta come la “Regina delle Dolomiti”.
Una ricetta semplice, vegetariana ed economica, che ci fa viaggiare con i sensi nella splendida regione del Veneto. Tra le regioni italiane, il Veneto si distingue per la straordinaria varietà di sapori e per l’utilizzo di ingredienti locali frutto di tradizioni agricole radicate. La cucina veneta affonda le sue radici in ricette antiche e genuine, spesso nate da contesti poveri, contadini o montani, e tramandate da generazioni all’interno delle famiglie.
Il territorio, con le sue sette province, offre una ricchezza gastronomica incredibile, legata alla sua variegata conformazione geografica: si passa dalle montagne al mare, dalle colline alla pianura, e ogni città custodisce i propri piatti tipici, autentici e identitari.
Prima di addentrarci nelle caratteristiche dei Casunziei, facciamo un salto a Cortina d’Ampezzo. Circondata da alcune delle montagne più belle del mondo, è una meta turistica ambita da chi ama l’avventura e la natura. In estate regala panorami mozzafiato, con le vette che all’alba e al tramonto si tingono di colori straordinari. In inverno, invece, è il paradiso degli sciatori. Non a caso viene chiamata “Regina delle Dolomiti”, perché le sue montagne la abbracciano come una vera corona regale.
Oltre alla bellezza paesaggistica e alle famose piste da sci, Cortina conquista anche per la sua tradizione gastronomica ricca e variegata, che fonde influenze ladine, asburgiche, ampezzane e venete. Un esempio? Le patate all’Ampezzana: un piatto rustico preparato con patate a pasta bianca tagliate sottili, cipolle rosse e abbondante speck croccante. Gustosissime da sole o perfette come contorno.
Altro piatto imperdibile sono i canederli, nati come ricetta di recupero per non sprecare il pane raffermo. Il pane viene tagliato a cubetti, ammorbidito nel latte e poi trasformato in gnocchi compatti ma morbidi, arricchiti con speck o pancetta affumicata e, talvolta, con un cuore filante di formaggio. Le varianti sono tantissime: con ortica, cavolo nero, verza, spinaci o erba cipollina. Tradizionalmente si servono con burro fuso e salvia, o con burro, fontina e timo.
Un piatto perfetto da gustare nelle baite di montagna, magari dopo una giornata sugli sci o una passeggiata nella neve, accanto a una stube calda e accogliente.
E poi ci sono gli Spätzle, piccoli gnocchetti dalla forma allungata e irregolare, un grande classico della cucina dolomitica. Il nome, che in tedesco significa “passerotto”, si riferisce alla loro forma. Esistono nella versione bianca classica oppure verde, se arricchiti con spinaci.
Gnocchi a base di farina di grano tenero, uova e acqua, dalla consistenza rustica e il sapore delicato. Possono essere serviti come contorno a piatti ricchi di carne oppure come primo piatto, semplicemente conditi con burro fuso e ricotta salata, oppure con panna o gorgonzola. Esiste anche una versione in brodo, ispirata alla tradizione tedesca, altrettanto gustosa e appagante.
Un’altra protagonista della tavola dolomitica è la minestra d’orzo perlato, conosciuta anche come “zuppa d’orzo alla trentina” o “zuppa d’orzo delle Dolomiti”. In tedesco è chiamata “Gerstensuppe” ed è preparata con orzo, un cereale antichissimo, abbinato a verdure come carote, sedano, cipolle e patate, e arricchito con speck. Una zuppa tradizionale e saporita, nata dalla cucina contadina, che ancora oggi trova spazio nei menù delle baite di montagna.
La Gulaschsuppe, invece, è un piatto unico dal carattere deciso, un vero comfort food. Teneri pezzi di manzo incontrano patate e un mix di spezie aromatiche — paprika dolce, maggiorana, alloro e prezzemolo fresco — per un risultato corposo e avvolgente, da gustare con pane croccante.
Impossibile non citare la polenta, un grande classico della tradizione veneta. Qui si distingue la polenta bianca, ottenuta dalla macinazione del mais “Bianco Perla”, una varietà antica che si riconosce per il suo colore chiaro, tra il crema e il bianco perlato. A differenza della polenta gialla, quella bianca è priva di carotenoidi, responsabili del colore dorato, ma viene preparata con lo stesso metodo tradizionale.
In passato — e ancora oggi in alcune realtà rurali — si cucina nei classici paioli di rame, che garantiscono una cottura uniforme. In alternativa, si possono usare pentole alte e strette in alluminio. Per renderla più cremosa, viene preparata in anticipo, poi arricchita con latte o panna e frullata per ottenere una consistenza vellutata.
Un altro piatto tipico è il Pastin, simbolo gastronomico della provincia di Belluno. Si tratta di un salume a base di carne di bovino e suino tritata finemente, condita con un mix di spezie che include sale, pepe, chiodi di garofano, vino e aglio. Ogni famiglia custodisce gelosamente la propria ricetta segreta. Il pastin può essere gustato crudo, come salume, oppure cotto alla griglia, ed è tutelato come prodotto tradizionale della provincia di Belluno.
Infine, la Puccia, da non confondere con quella salentina: la Puccia delle Dolomiti è il tipico pane di montagna, dalla forma irregolare, realizzato con farina di segale. Ottima al naturale, come accompagnamento a primi o secondi piatti, è deliziosa anche farcita con speck e formaggio di montagna.
Tra i dessert classici della tradizione troviamo il gelato con lamponi caldi oppure la torta di grano saraceno, conosciuta anche come “Schwarzplententorte”: un dolce rustico e senza glutine, in cui la classica farina bianca 00 viene sostituita con farina di grano saraceno. Una ricetta tipica del Tirolo, farcita con confettura di ribes, soffice e profumata, perfetta in ogni momento della giornata.
Lo Strudel di mele è forse il più iconico tra i dolci della zona: un rotolo di pasta sottile ripieno di mele, uvetta, pinoli e un tocco di cannella. Simbolo indiscusso del Trentino Alto Adige, è amato da grandi e piccini in tutto il mondo.
Caratteristica fondamentale di un buon strudel è la sfoglia, che deve essere sottilissima, quasi trasparente, e l’uso di mele dalla polpa soda e zuccherina. Nelle baite di montagna viene servito caldo, accompagnato da una crema alla vaniglia. Non mancano però varianti golose con ciliegie o lamponi cotti in padella con un po’ di zucchero, oppure con una pallina di gelato.
Le Fartàies sono un grande classico della pasticceria ampezzana: frittelle dolci, simili a un groviglio di pastella fritta, croccanti fuori e spolverizzate con abbondante zucchero a velo. Vengono spesso servite con marmellata ai frutti di bosco, per un abbinamento davvero irresistibile.
Il Kaiserschmarrn, conosciuto anche come la frittata dell’Imperatore, è un dolce irrinunciabile nelle baite, nei ristoranti locali e nelle case della zona. Si serve caldo, accompagnato da confettura di mirtilli rossi o ribes, ed è un vero comfort food alpino.
Molto — e davvero molto — ci sarebbe ancora da raccontare sui piatti tipici della zona, ma ora è il momento di accendere i riflettori sulla preparazione di oggi: i Casunziei all’Ampezzana con Semi di Papavero.
Un piatto simbolo della cucina dei Monti Pallidi, una sorta di ravioli a mezzaluna, ripieni di barbabietola, patate e formaggio, serviti con un condimento ricco e profumato a base di burro fuso, grana e una generosa spolverata di semi di papavero.
Anticamente venivano preparati in occasione delle grandi feste, come il Santo Natale, con un ripieno che varia in base alla stagione e alla disponibilità dell’orto.
- In inverno, il ripieno è a base di barbabietole, patate e semi di papavero.
- In primavera ed estate, si usano spinaci selvatici, erbette e ricotta.
- In autunno, fanno da protagonisti zucca o radicchio.
Esistono anche altre varianti locali, come nel Comelico, dove si prepara con patate lesse e mentuccia selvatica, oppure con un ripieno più saporito a base di crauti, cipolla e pancetta.
In tutta la regione, sia la barbabietola che i semi di papavero sono ingredienti molto usati nella cucina tradizionale, diventati di uso comune durante la dominazione asburgica nell’Ampezzano.
Il ripieno dei nostri Casunziei è a base di rape rosse, conosciute in Italia anche come barbabietola rossa, ma anche come “bietola da orto”, “bietola rossa” o “rapa rossa”. Il loro nome scientifico è Beta Vulgaris, e appartengono alla famiglia delle Chenopodiaceae, la stessa della bietola e dello spinacio.
Attenzione però a non confonderla con la barbabietola bianca, utilizzata per la produzione dello zucchero. La barbabietola rossa è una radice commestibile, protagonista della cucina invernale, le cui prime coltivazioni risalgono all’area del Mediterraneo, in particolare nella zona nord dell’Europa.
In Italia viene coltivata dalla fine del XVII secolo, soprattutto nelle province di Ferrara, Ravenna, Mantova e in tutta la Pianura Padana. In Veneto, in particolare, è molto apprezzata la barbabietola di Chioggia, nota anche come “erbetta del Doge”: una varietà tipica della primavera e dell’autunno, riconoscibile per la sua polpa bianca attraversata da anelli rossi concentrici davvero particolari.
E poi ci sono i semi di papavero, minuscoli semi neri dalla storia antichissima. Già noti ai Sumeri, furono i Romani a diffonderne l’uso, inizialmente come rimedi naturali, soprattutto per il sistema nervoso. Non a caso erano associati alla dea Cerere, protettrice dei raccolti e “madre della terra”, spesso raffigurata con ghirlande di papaveri, fiori che crescono rigogliosi nei campi di grano.
Oggi sappiamo che i semi di papavero sono ricchi di sali minerali come ferro, rame, calcio, zinco e manganese, oltre a contenere fitosteroli — utili per abbassare il colesterolo LDL — e vitamine del gruppo B ed E.
Il loro uso in cucina è ormai diffusissimo: vengono impiegati in tantissimi prodotti da forno come pane, focacce, biscotti e dolci, ma anche per arricchire yogurt o macedonie, regalando un tocco originale e croccante. Non mancano nemmeno nelle ricette salate, dove valorizzano zuppe, paste, secondi piatti di pesce o carne, in particolare le carni bianche, e persino infusi aromatici.
E in una terra così ricca di prodotti straordinari e di piatti legati alla tradizione, non può certo mancare una produzione vinicola d’eccellenza.
Il Veneto, infatti, è la prima regione d’Italia per quantità di vino prodotto: circa 8 milioni di ettolitri all’anno, di cui ben 3,2 milioni a denominazione controllata.
Sono 53 i vini certificati, tra DOCG, DOC e IGT:
- 14 DOCG,
- 29 DOC,
- e 10 IGT.
Vini che non solo rappresentano l’identità locale, ma che hanno saputo farsi conoscere e apprezzare anche all’estero, diventando ambasciatori della qualità italiana nel mondo.
Per noi Veneti — come del resto per tante altre regioni italiane — il vino non è solo una bevanda, è parte della nostra cultura, è tradizione, è convivialità!
Ma cosa si cela dietro una bottiglia di vino?
È simbolo di convivialità, di legame sociale, un ingrediente immancabile delle feste, un collante tra generazioni. Rappresenta passione e amore per la terra; le viti sono da sempre simbolo di abbondanza, prosperità, fertilità e saggezza. E questo lo sapevano bene anche gli antichi Romani, tanto che da loro ci arriva un detto ancora oggi attuale: “In vino veritas”, ovvero “Nel vino c’è la verità”.
Nel Veneto si contano ben oltre 27.000 aziende vitivinicole, circa il 12% del totale nazionale. In questo panorama ricco e affascinante, oggi ho il piacere di farvi conoscere il Mat’55 di Pian delle Vette, un vino nato da una piccola realtà vinicola che ha molto da raccontare.
Alla guida della cantina Pian delle Vette troviamo tre amici: Walter, Egidio e Alessandro, tre personalità diverse ma unite dalla stessa visione. La loro passione per la vite, per il vino di qualità e per la propria terra, ha dato vita a una cantina che rappresenta l’essenza autentica del territorio dolomitico. Pian delle Vette si trova a 600 m s.l.m., nel cuore del Parco delle Dolomiti, un luogo dove la natura parla forte e chiaro.
Ogni bottiglia è una storia liquida: racconta di boschi, fiori, tradizioni, di un popolo fiero e tenace, gente di montagna che custodisce con amore la propria identità. In ogni sorso dei loro vini si può percepire l’anima del Made in Italy, la vera arte vinicola italiana.
I loro vini, ricchi di profumi intensi e carattere deciso, diventano capolavori grazie alla lunga permanenza sui lieviti, ai metodi classici, e agli affinamenti in barrique. Producono spumanti metodo classico, bianchi e rossi, tutti pluripremiati a livello nazionale e internazionale.
Il protagonista di oggi è proprio lui: Mat’55 di Pian delle Vette, uno spumante metodo classico ottenuto da uve Pinot Noir e Chardonnay, con una sorprendente sosta sui lieviti di ben 84 mesi.
L’annata 2015 ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti, tra cui il Tastevin dell’AIS (Associazione Italiana Sommelier) e un posto nella Guida Vini d’Italia 2020 del Gambero Rosso.
Il Mat’55 si presenta con un intenso giallo limone, brillante e luminoso, con un perlage fine e persistente che ne sottolinea l’eleganza.
Il bouquet è complesso, affascinante: note di alga marina, fiori di acacia, lime, mentuccia, e una leggera sfumatura di nocciola.
Al palato è secco, fresco, con un’acidità vivace e un finale pulito, nitido, memorabile.
Ideale per accompagnare piatti saporiti: pesci dal gusto deciso, zuppe, lasagne e fritture. Ma sa sorprendere anche in abbinamento con formaggi freschi come burrata e mozzarella.
E allora amici, se volete rendere speciali le prossime festività pasquali, o semplicemente regalare un tocco unico a un momento di convivialità con le persone care, visitare il loro shop online è un’ottima idea!
E ora… mani in pasta! Vediamo cosa ci occorre per preparare i nostri Casunziei all’Ampezzana con Semi di Papavero, da servire in perfetto abbinamento con il Mat’55 Pian delle Vette:
Ingredienti per la pasta:
- 500 grammi di farina
- 5 uova
Ingredienti per il ripieno:
- 400 grammi di rape rosse
- 250 grammi di patate
- 1 uovo
- 1 noce di burro
- 3 cucchiai di formaggio grattugiato
- 1 cucchiaio di pangrattato
- sale
- pepe
Ingredienti per il condimento:
- burro
- semi di papavero
- formaggio Grana Padano
Casunziei all’Ampezzana con Semi di Papavero da Servire con Mat’55 Pian delle Vette: Ricetta
Iniziamo con il preparare l’impasto dei nostri Casunziei: versiamo la farina sul piano di lavoro, formiamo un cratere al centro e aggiungiamo le uova con un pizzico di sale. Impastiamo fino a ottenere un composto omogeneo e liscio, che copriremo con una ciotola rovesciata per lasciarlo riposare.
Nel frattempo, laviamo e mondiamo le barbabietole. Una volta cotte, passiamole al setaccio. Lessiamo anche le patate in abbondante acqua, poi sbucciamole e setacciamole come fatto con le barbabietole.
Uniamo barbabietole e patate, mescolando con cura. In un pentolino, facciamo rosolare il pangrattato nel burro, poi aggiungiamo il composto di patate e barbabietole. Togliamo dal fuoco, uniamo l’uovo, il formaggio grattugiato, sale e pepe, e amalgamiamo bene il tutto. Lasciamo raffreddare.
Riprendiamo l’impasto e stendiamolo sottile. Con un coppapasta ricaviamo dei dischi, mettiamo al centro un po’ di ripieno, ripieghiamo a mezzaluna e sigilliamo bene i bordi.
Cuociamo i Casunziei in abbondante acqua bollente salata; appena vengono a galla, scoliamoli con delicatezza e condiamoli con burro fuso, Grana Padano grattugiato e semi di papavero.
I nostri Casunziei all’Ampezzana con Semi di Papavero sono pronti… Serviamoli con un calice di Mat’55 Pian delle Vette e prepariamoci a un’esplosione di sapori!
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Alla prossima ricetta!
Un abbraccio
Patrizia