Formaggio di Kefir è il più antico 3600 anni fa. Per la prima volta gli scienziati sono riusciti ad analizzare il DNA estratto da campioni di formaggio ritrovati sui corpi di alcune mummie seppellite in Cina 3.600 anni fa: la scoperta dei resti umani risale agli anni ’30 del Novecento e studio del 2014 aveva già ipotizzato che quelle ritrovati sul collo e il volto delle mummie fossero residui di formaggio. Ora, grazie ai progressi tecnologici nell’analisi del DNA, gli studiosi non solo hanno potuto confermare che si trattasse effettivamente di kefir, ma sono anche riusciti a studiare l’evoluzione di un lattobacillo ancora oggi utilizzato per produrre yogurt e formaggi. I risultati della ricerca sono pubblicati su Cell.
I ricercatori sono riusciti a estrarre il DNA mitocondriale dai campioni ritrovati sui corpi di tre mummie del bacino del Tarim, scoprendo che era appartenuto a vacche e capre il cui latte però non era stato mischiato, come avveniva invece nella produzione di formaggio in Grecia e Medioriente. Dai campioni sono state estratte anche alcune specie fungine e batteriche, tra cui il Lactobacillus kefiranofaciens e il Pichia kudriavzevii, entrambi normalmente presenti al giorno d’oggi nei granuli di kefir.
Sequenziando i geni batterici di questo antichissimo kefir, gli esperti sono riusciti a studiare l’evoluzione dei probiotici negli ultimi 3.600 anni. Oggi esistono due principali gruppi di lattobacilli, uno originario della Russia e l’altro del Tibet. Quello russo è il più utilizzato in tutto il mondo per produrre yogurt e formaggio, ma sorprendentemente il Lactobacillus kefiranofaciens ritrovato nei campioni cinesi è più simile al tipo tibetano: questo metterebbe in discussione la diffusa teoria secondo la quale il kefir sarebbe originario solo delle catene del Caucaso russe.
Un’altra rivelazione dello studio riguarda l’adattamento del L. kefiranofaciens all’uomo: rispetto al ceppo antico, quello moderno infatti scatena più difficilmente una risposta immunitaria nel nostro intestino, perché si è evoluto in migliaia di anni di interazione (scambiando materiale genetico con altri ceppi) per adattarsi agli ospiti umani.
«Questo studio ci ha permesso non solo di osservare l’evoluzione di un batterio negli ultimi 3.000 anni, ma anche, analizzando i latticini, di avere un quadro più chiaro di come gli antichi vivevano e interagivano con il resto del mondo», conclude Qiaomei Fu, autore referente dello studio.
Fonte: focus.it
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